Silenzio

Se ne stava lì, seduta sul cornicione della finestra con il vento fresco della notte primaverile ad accarezzarle il viso. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe amato il silenzio ma era l’unica cosa capace di consolarla in quel momento.

Mentre si accendeva l’ennesima sigaretta si chiedeva a che età sia giusto provare un dolore così intenso. A che età si è pronti ad affrontare la morte? Non c’era risposta che la soddisfacesse. Non riusciva ad accettare di soffrire così. 

-La cena è pronta.

Urlò sua madre dall’altra stanza

-Non ho fame.

Sua madre tirò un lungo sospiro. Lei sapeva che sua madre non si meritava di soffrire assieme a lei ma il cibo  proprio non la attirava. Erano passati tre giorni e tutto quello che era riuscita a mangiare era una brioche che sua mamma le aveva portato la mattina. 

Non voleva affrontare tutto questo, non così, non adesso. La sua vita cominciava a sistemarsi ad andare per il verso giusto. Aveva cambiato scuola, aveva trovato dei veri amici e aveva trovato l’amore… Era sempre stata dell’idea che tutto quello che ci succede fosse parte del destino e che la vita ti propone sfide che sei in grado di affrontare. Ma non si sentiva in grado di affrontare questo. 

Se avesse creduto in Dio probabilmente si sarebbe detta che lui stava bene, che era giusto così, che almeno aveva trovato la pace. Ma la fede non era tra le sue qualità. Non riusciva a smettere di pensare a lui tra le sue braccia mentre la vita lo abbandonava. Era un immagine che sarebbe rimasta impressa nella sua mente per sempre: i suoi capelli tra le mani, il suo viso sereno così familiare e sconosciuto allo stesso tempo.

Quella sera, quella maledetta festa. Lei non voleva che lui festeggiasse perché si sentiva che qualcosa non andava, ma d’altronde era il compleanno di lui ed era stato irremovibile. Se solo si fosse accorta che lui era sparito da troppo tempo. Se solo si fosse accorta dello scambio di droga tra lui e il suo amico.

“La droga dà, la droga toglie” era una frase che mai come in quel momento le era sembrata vera. Lui non meritava quella fine. Non si meritava una morte così anonima. Un articolo di giornale: “Ragazzo di vent’anni muore per overdose di cocaina”. Era così arrabbiata. Nessuno lo avrebbe ricordato per il ragazzo dolce, altruista e buono che era ma solo per un tossico al quale era sfuggita la situazione di mano.

Ogni volta che chiudeva gli occhi riviveva la sua morte. Era andata a cercarlo quando lo vide steso a terra sulla soglia del bagno con il suo amico che lo chiamava scuotendolo. Lei si precipitò affianco a lui poggiando la sua testa sulle gambe. Ricordava che qualcuno avesse chiamato un ambulanza, ricordava che la musica era stata fermata e una serie di bisbigli aveva riempito la stanza. Ma più di tutto ricordava esattamente il momento in cui capì che lui se n’era andato: sentì il suo ultimo respiro e grazie alla mano appoggiata sul suo petto sentì il suo ultimo battito. Poi il vuoto, il buio e il silenzio riempirono la sua vita.

Non era andata al funerale. Lo trovava inutile e solo l’dea di sentire il padre di lui parlare di quanto fosse un bravo figlio la faceva vomitare. Se lui era morto era solo colpa di suo padre. 

Si ricordava perfettamente il giorno che lui glielo aveva detto. Lui le aveva raccontato delle violenze, delle botte e di come fosse sempre ubriaco. Di come quella sera era entrato nella sua camera bloccandolo sul letto… Non aveva mai denunciato quello che gli aveva fatto perché avrebbe significato finire in qualche comunità, solo. Non c’era nessuno che avrebbe potuto prendersi cura di lui. Negli anni suo padre si era ripulito e lo aveva perdonato… o almeno era quello che ripeteva a se stesso.

Lanciò la sigarette fuori della finestra e la guardò cadere nel vento finché non si schiantò al suolo in un’esplosione di scintille. Si sfiorò il viso e si rese conto che stava piangendo. Credeva di non avere più lacrime per piangere. Come avrebbe potuto continuare a vivere? Come poteva sorridere ancora dopo che il mondo le aveva mostrato la sua parte peggiore? Come poteva illudersi che un giorno sarebbe tornata a vedere il buono nelle persone?

L’ultima cosa che ricordava era l’urlo disperato di sua madre poi silenzio…

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