Sottomarino 17

Serie: L'Urlo Muto delle Ombre


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Alberto va in vacanza al mare sempre nello stesso posto, con la sua famiglia. Conosce un luogo che tutti gli altri sembrano ignorare...

È mattina presto. Alberto cammina sulla battigia cercando le conchiglie. Dietro di lui una scia parallela alle impronte degli pneumatici della ruspa, che anche oggi è passata a pulire la spiaggia. Alla sua sinistra, il mare. A destra, una striscia di pini marittimi che si estende senza fine. Il posto dove vuole arrivare è proprio sul limitare della pineta. Ci va al mattino perché non vuole essere visto.

Un uomo anziano giunge dalla direzione opposta. I piedi sono scalzi, e indossa già il costume da bagno. Alberto lo saluta – è stato abituato così – e l’altro ricambia. Prima di sorpassare il ragazzino, esita. Alberto se ne accorge. I due si fermano, l’uno davanti all’altro.

“Ciao” dice l’uomo, guardandolo da più in alto. “Io… non è che hai visto, da qualche parte qui in giro, il mio walkman?”

Alberto aggrotta la fronte.

“Scusa, volevo dire…” l’uomo si gratta una tempia, “uno di quegli affari per ascoltare la musica con le cuffiette” dice mimando il gesto di infilarsi gli auricolari nelle orecchie.

“Ah, un i-pod.”

“Bravo!” Alberto gli vede i denti perché sta sorridendo.

“Però, no” dice Alberto dispiaciuto. “Non l’ho visto.”

“Non fa niente…” dice l’altro senza pensarci troppo. “Però, se lo trovi, sono al Sottomarino. Ombrellone 17.”

Alberto fa cenno di sì con il capo, e i due si salutano. L’uomo continua a passeggiare con la sua andatura un po’ traballante. Marco riprende a camminare, ma non cerca più le conchiglie. Ora fissa un punto al confine con la pineta, circa duecento metri più avanti, dove si alza una duna di sabbia. Si volta e, una volta sicuro che l’altro si sia allontanato a sufficienza, inizia a correre.

La duna è cosparsa di arbusti rinsecchiti, ma Alberto sa che deve prestare più attenzione ai gusci dei ricci di mare. È a piedi scalzi, e il ricordo di quando ne calpestò uno, due anni prima, è ancora vivido. La sabbia è solo tiepida – per ora – e non è difficile rallentare per schivarli.

Oltre la duna sembra un mondo a parte. La passerella che costeggia la pineta ha una deviazione, in quel punto, quindi dei passanti arriva il vocio, ma non gli sguardi. Alberto pensa sempre che quel luogo sia stato creato per non essere visto. Solo il fragore delle onde e l’odore di salsedine fanno intendere che poco più in là c’è il mare.

Si inginocchia e scava con le mani. Non ci mette molto a sfiorare il primo oggetto. Alberto è preso dall’eccitazione, ma rinviene solo una maschera da snorkeling. La guarda, ricoperta di sabbia e con la visiera crepata. Un ragazzino in spiaggia ne aveva smarrita una identica. Lo stesso bambino che lo aveva preso in giro perché non sapeva fare le capriole nell’acqua… Alberto getta la maschera tra gli arbusti.

Continua a frugare, e si imbatte in un altro oggetto, più piccolo e compatto del precedente. Cerca di estrarlo, e le sue dita si impigliano in un filo. Le labbra si flettono in un sorriso. Con cautela – gli sta simpatico, quel vecchietto – dissotterra l’oggetto: un i-pod. Contempla il lettore incrostato di sabbia, e si chiede se possa ancora funzionare. Probabilmente no. Preme il pulsante di accensione; lo schermo rimane nero. Per un istante pensa di gettarlo, come ha fatto con la maschera, poi pensa che a quel signore farebbe comunque piacere riaverlo.

Riflette, e realizza che le cose ritrovate in quel posto sono sempre danneggiati. Che senso ha ritrovare oggetti smarriti, se non possono più funzionare? Forse c’è qualcuno recupera gli oggetti, li rompe e li seppellisce lì? Talvolta, quanto si trova dietro la duna Alberto non si sente bene, come se stesse per succedere qualcosa di brutto. Oggi è una di quelle volte. Vuole andarsene.

Corre fino al bagno Sottomarino. Suo padre lo aspetta al limitare degli ombrelloni con la spiaggia libera.

“Finita la passeggiatina da pensionato?” gli chiede suo padre.

Effettivamente, al mattino sulla battigia Alberto incontra solo persone dai capelli bianchi. Aggrotta la fronte e fa una pernacchia al padre.

Lui ride e gli ruba il naso.

“Ridammelo!” 

“Solo se vieni a prendere un succo con me al bar.”

Alberto dimentica la battuta e accetta l’offerta.

“Prima però devo fare una cosa.”

Suo padre non fa in tempo a chiedere spiegazioni, che Alberto è già partito sollevando nuvolette di sabbia.

L’uomo anziano è seduto sulla sdraio, all’ombrellone 17, la pelle già imbiancata dalla crema solare. 

“Signore…”

L’uomo si volta. Sorride riconoscendo il ragazzino incontrato poco prima, poi lo sguardo cade sull’i-pod.

“L’hai trovato!”

“Sì… anche se credo che sia rotto.”

L’uomo esita guardando il lettore, poi sorridendo si rivolge ad Alberto: “Grazie lo stesso”. 

“A che gusto lo prendi il succo

“Pesca” risponde Alberto.

Suo padre lo fa sedere sullo sgabello di fronte al bancone. Alberto beve il succo, che è buonissimo. Come potrebbe non essere buono il succo di pesca? si chiede. Poi pensa alla duna, e realizza che tutte le volte che ha riportato un oggetto trovato là alle persone che l’avevano smarrito, queste hanno assunto un’espressione delusa. Si chiede se la duna sia un posto cattivo.

Al bancone arrivano due signore sulla sessantina. Una, la più bassa – e un po’ sovrappeso, pensa Alberto – ha gli occhi lucidi e alterna due parole a un singhiozzo. L’altra, più alta e magra, la tiene per mano. È lei a parlare al barista.

“Mi scusi…” sembra cercare le parole. “La mia amica ha smarrito il suo barboncino.”

“Oh, mi dispiace” dice il barista. “Me lo sa descrivere?”

Ma la signora bassa riesce solo a gemere, e tira su col naso.

“È grande così” dice la signora alta al suo posto, distanziando le mani di un po’. “E ha il pelo nero.”

Il barista assicura che verrà trasmesso un annuncio. Le due se ne vanno. La donna bassa ora ha il volto rigato dalle lacrime. L’altra la tiene per mano.

Alberto abbassa lo sguardo sul suo bicchiere. Sa che il cagnolino si trova dietro la duna, sepolto sotto la sabbia. Non andrà a cercarlo. Non andrà mai più dietro la duna.

Pensa un’ultima volta alla signora bassa, e si dice che, a volte, è meglio dimenticare. 

Serie: L'Urlo Muto delle Ombre


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Discussioni

  1. Mi ha colpito tantissimo il modo in cui ingenuità e consapevolezza si mescolano dentro questo bambino. Ha con sè un mondo e gli strumenti per percepirlo. Sentiamo un vuoto, un mistero, la paura dietro quella duna. Il modo in cui seleziona l’oggetto da restituire, perchè l’anziano gli piace, e gli occhialini che invece decide di buttare fanno parte di una zona d’ombra, gli scherzi col papà, le divagazioni sul succo alla pesca invece lo riportano nel territorio dove tutti i bambini dovrebbero stare.

  2. Mi da piacere leggerti. La tua sintesi di chiarezza e dolcezza è balsamica. Comunque devo ringraziarti per quel post che parla delle opere di King firmate Bachman. La lunga marcia è un libro che ho lasciato intonso per anni, ma tu mi hai dato il “la” per affrontarlo. Leggere King prestando attenzione ai dialoghi e alla punteggiatura è una lezione senza fine. Grazie Nicola.

  3. Un luogo inquietante, senza essere la classica casa diroccata. Un semplice duna che in qualche modo “attira” gli oggetti smarriti. Il ragazzo con un rapporto privilegiato con quel posto.
    Davvero un’ottima idea, come anche il finale “sospeso”.