
Stefano
Serie: La carezza della cometa
- Episodio 1: Stefano
- Episodio 2: Ornella – A
- Episodio 3: Ornella – B
STAGIONE 1
Stefano stava leggendo il giornale in soggiorno quando sentì un tonfo provenire dalla cucina. Capì subito che Anna era caduta e si affrettò a soccorrerla ma, in ginocchio accanto a lei, cercandone il battito, non poté fare altro che permettere ai propri occhi di gonfiarsi di lacrime: lei se ne era andata, questa volta per sempre. Restò a guardarla qualche minuto incapace di ogni azione, poi riacquistò un po’ di lucidità e le chiuse gli occhi, le accarezzò i capelli e le sussurrò piano il suo amore: “Ti amo Anna”.
Sapevano entrambi che prima o poi sarebbe successo. Anna alternava mesi di relativo benessere ad altri in cui era costretta a letto dalla chemioterapia. In due anni il suo corpo si era rinsecchito e i suoi occhi avevano perso il brio di un tempo ma la dolcezza del suo cuore non era mai cambiata e, pur ammalata, aveva sempre avuto per lui più premure di quante concedesse a se stessa.
Erano assieme da sempre, le piaceva già ai tempi del liceo, quando lei, un paio d’anni più giovane, arrivava a scuola con quelle inconsuete trecce bionde, quelle lentiggini nordiche e quell’aria spavalda che assomigliava all’incoscienza. Si erano sposati non appena lui aveva superato l’esame per accedere alla graduatoria come medico di base. Lei si era laureata in lettere moderne e già da qualche anno insegnava, con passione, ai ragazzini delle scuole medie. Erano innamorati allora come lo erano adesso anche se piegati entrambi da quell’ospite sgradito che aveva invaso Anna. Non erano arrivati i figli che desideravano, ma non ne avevano fatto un dramma. Dopo aver tentato tutte le vie praticabili si erano rassegnati riversando l’affetto sui nipoti, figli di Elisa, la sorella di Anna.
Stefano prese il cellulare e chiamò la cognata ma non ebbe risposta. Provò con Marco, il cognato e poi con i nipoti ma nessuno rispondeva e questo lo inquietò.
Chiamò sia l’ambulatorio che il cellulare di Alfonso, suo amico e collega che avevano scelto come medico di famiglia dopo che per Stefano era arrivato il tempo di andare in pensione. Anche qui nessuna risposta. Pensando a qualche guasto alle linee telefoniche decise di andare a casa dei cognati, poco distante dalla loro. Qualcuno avrebbe trovato. Capì la gravità di quanto stava accadendo non appena uscito dalla palazzina: sul vialetto interno del residence dove abitavano giacevano corpi di persone che fino al giorno prima salutava, con cui si fermava a chiacchierare, occhi che sorridevano e a cui lui sorrideva. Cosa mai stava succedendo? Esaminò i visi delle tre persone a terra e la sua esperienza di medico lo convinse di una morte improvvisa, non dolorosa. Nessuna smorfia, nessun orrore negli occhi. Anche Anna allora… L’orrore, ora, lo provava lui. Un brivido gli procurò un tremito alle mani ed ebbe il timore di essere sopraffatto da un infarto. Respirò piano cercando di ritrovare la calma e, sovrastato dall’orrore di ciò che vedeva, si mise in cerca di aiuto. Sulla trafficata strada principale la situazione si presentò per quella catastrofe che era: nessuno in piedi, nessuno in movimento, qualche macchina uscita di lato e molte altre in una coda che sembrava infinita. Nessun clacson, nessun altro rumore. Era ormai trascorsa almeno mezz’ora da quando aveva sentito Anna cadere. Se fosse stata un’emergenza locale avrebbe sentito sirene di ambulanze, elicotteri volare e invece solo il silenzio riempiva le orecchie. Arrivò alla casa dei cognati, suonò il campanello e, come presumeva, nessuno aprì. Uscendo non poteva sapere nulla di quella che ormai riteneva una catastrofe e non aveva pensato di portarsi le chiavi di riserva che Elisa lasciava sempre da loro per accudire le piante o per ogni evenienza si verificasse quando erano assenti. Tornò a casa recuperò le chiavi e rifece il tragitto. Pochi minuti dopo aprì il cancelletto e salì. Li trovò in cucina. Entrambi erano accasciati sulle sedie, le tazzine del caffè pronte sul tavolo, il viso che sembrava ancora sorridente, vuoi per una battuta, vuoi per uno scherzo. La tristezza gli invase ogni cellula, annebbiò la sua logica. Nel suo lavoro di medico aveva avuto spesso a che fare con la morte ma, a parte qualche rara eccezione, erano morti che avevano una spiegazione: la vecchiaia, la malattia, la trascuratezza. Ma questa morte diffusa era incomprensibile e lo gettava nello sgomento.
Portò con fatica i corpi di Elisa e Marco sul loro letto, tolse un lenzuolo dall’armadio e li coprì. Pur pensando che i figli non avrebbero mai avuto occasione di vederli gli sembrava la cosa giusta. Li salutò con un pensiero affettuoso e con gli occhi umidi, si chiuse la porta alle spalle e ritornò tristemente verso casa. Camminava velocemente pensando a una soluzione rapida: coricarsi vicino ad Anna e iniettarsi una dose di morfina e addormentarsi accanto a lei, per sempre. Che senso aveva vivere se tutte le persone che amava erano morte? Sarebbe stata la cosa migliore, definitiva, ma avrebbe tradito la promessa pretesa da Anna quando aveva accennato che senza di lei non sarebbe vissuto. “Niente fughe vigliacche, Stefano, offenderesti le scelte che abbiamo sempre condiviso. La vita è sacra, hai sempre detto, e questo vale anche per la tua. Se veramente mi ami promettimi che non farai quella sciocchezza!” E lui aveva promesso. Arrivato a casa accese il televisore più per conferma che per speranza e, come immaginava, nessuna rete trasmetteva servizi in diretta. Nessuna notizia, nessuna voce.
Ebbe un capogiro, uno sbalzo di pressione. andò in camera a cercare le sue medicine ma aveva il dubbio fossero finite: negli ultimi tempi non era stato molto metodico, difatti trovò solo la scatola vuota. “Almeno il Ramipril prendilo!” gli aveva detto Alfonso. “Non puoi concederti il lusso di stare male o di andartene prima di Anna, saresti un cane a farle questo” Non aveva sorriso, il suo amico, rimproverandolo. Si sedette sulla poltrona, le ultime ore erano state pesanti, insopportabili e sentiva una stanchezza che lo schiacciava. Doveva andare in farmacia ma non trovava ne la forza ne la voglia di alzarsi. Nel vortice di pensieri che affollavano la sua mente se ne affacciò uno abbastanza razionale: non sarebbe rimasto li in città. Era la casa del dolore. Sarebbe salito in montagna, nella casa delle vacanze, lì dove avevano trascorso sempre giorni felici, dove avevano deciso che sarebbero invecchiati, progetto purtroppo prima rinviato e poi accantonato per la malattia che aveva sconvolto la loro vita. Passò il pomeriggio preparando un borsone con ciò che avrebbe portato con se. Ogni tanto si perdeva fissando qualche fotografia che portava agli occhi tempi lontani, foto in cui erano giovani e sereni. Si stava facendo del male ma non riusciva a smettere e malediceva di essere ancora vivo e solo. Venne sera, si scaldò un po’ di latte e mangiò qualche biscotto ma non aveva fame e un nodo opprimente gli serrava lo stomaco. Tornò sulla poltrona e lasciò scorrere i pensieri sforzandosi di indirizzarli su ricordi piacevoli cercando di ingannare quel tristissimo presente. Continuò quell’esercizio fino a che la stanchezza vinse e lo fece addormentare. Sognò di se stesso e Anna alla ricerca di funghi nel bosco dietro la loro casa sul monte. Lei lo prendeva in giro perché non li vedeva neanche quando li aveva sotto i piedi e lui fingeva per sentirla ridere ancora. Gli sembrò di piangere nel sogno. Si svegliò quando i raggi di sole irruppero dalla grande finestra scaldandogli il viso. Ci mise qualche minuto a ricordare il giorno prima e qualche altro per capire come muoversi, cosa fare. ”Devo trovare la forza per fare una buca in giardino per seppellire Anna o trovare un modo per portarla al monte, per averla sempre vicina. Devo andare in farmacia a prendere qualche farmaco che mi dia un po’ di forza e le pillole per la pressione.” Riaccese il televisore più per abitudine che per la speranza di avere notizie e il silenzio di tutti i canali fu una risposta eloquente. Si fece un caffè e si sforzò di mangiare delle fette biscottate con poca marmellata. Si sentiva molto fiacco ma senza nessuna voglia di cibarsi, si chiese se anche questa mancanza di appetito non fosse una sorta di lento suicidio e sentì, chiaro nella mente, il rimprovero della moglie. Indugiò ancora sulle fotografie selezionate il giorno prima, le guardò lentamente una ad una rivivendo gran parte della loro vita poi le avvolse con un foglio di giornale e le ripose nella sacca che aveva preparato. Si alzò. “Vado in farmacia Anna, torno presto”. Non si accorse neanche di averlo detto ad alta voce. Uscì di casa e tornò sulla strada principale, la farmacia distava solo qualche centinaio di metri e stava ormai arrivandoci quando senti il rumore di un’automobile che si fermò davanti alle vetrine, una ragazza scese e corse verso l’ingresso.
“Ehi ragazza!” gridò.
Serie: La carezza della cometa
- Episodio 1: Stefano
- Episodio 2: Ornella – A
- Episodio 3: Ornella – B
Ciao Giuseppe! Ho iniziato a leggerti da questa serie – bella fin dal titolo – e poi ho scoperto che è già finita nell’incubatore letterario! Complimenti! Vorrà dire che il resto lo leggerò in cartaceo 😉. Passo alla serie successiva!
Molto, molto bello. Ho letto le prime righe con una goccia di pioggia imprigionata in un occhio, avendo vissuto quell’esperienza. Da amante del distopico, fantastico, irrazionale, il cambio di scena e prospettiva ha fatto asciugare la lacrima e brillare entrambi gli occhi. Sinceramente, ero arrivata a pensare che Stefano in realtà fosse l’unica ad essere deceduto ma l’arrivo della ragazza ha cambiato le carte in tavola. Forse…
Ciao Micol, è un piacere essere riuscito ad emozionarti e mi auguro di riuscire a farlo ancora. Come te amo il genere distopico e il postapocalittico lascia spazi immensi di costruzione narrativa. La mia visione è molto umana, priva di mutanti (anche se qualche piccola mutazione si troverà più avanti) e con meno “effetti speciali”. A presto!
Ciao Francesco, trovo molto interessante questo inizio di serie. Ammetto di avere un debole (forte) per questo genere, soprattutto in filmografia. Virus, alieni, rumore assassino, chi più ne ha, ne metta. Bello. Mi pare anche scritto bene, in maniera discorsiva e senza intoppi. Credeva di essere rimasto solo, ma alla fine un compagno di viaggio va concesso e magari anche più di uno. Seguirò volentieri la serie.
Ciao Cristiana, grazie! Mi auguro di riuscire a mantenere il tuo interesse. Come te ho molto interesse per i film di scifi postapocalittica così ci provo a dire la mia. Senza velleità ma con una prospettiva diversa. A presto.
l’inizio è attraente, voglio vedere cosa ci riserva il dopo.
Ciao Francesca, speriamo mi riesca di tenere alto l’interesse. Io ci provo!
Cioa ❣️
Allora ammetto che ho dovuto rileggere 2 volte per capire, ma faccio mea culpa … avevo settato il cervello per prepararmi a un analisi psicologica della perdita e poi boom non me l’aspettavo, ma il bello delle storie è proprio questo. È un incipit molto efficace che spinge a voler sapere di più complimenti aspetto io prossimo episodio ❣️
Mi fa piacere abbia catturato la tua attenzione. Ti ringrazio. Devo comprendere un po’ l’uso del sito perché sono stato superficiale e frettoloso. Appena possibile pubblicherò un altro capitolo. L’inizio è quasi una presentazione dei personaggi che poi daranno vita a una storia che, spero, possa piacere. A presto!
Scusa, in testata appari come Giuseppe ma qui come Francesco, ho fatto confusione
Ciao Francesco, il tuo racconto mi ha stuzzicato, mi è piaciuto lo stile asciutto ed ho apprezzato il coraggio di imbastire una trama ricca di trappole come questa. Spero di leggere presto il prossimo episodio.
Ti ringrazio per l’apprezzamento! Ho fatto un po’ di confusione nel creare l’account e quindi mi ritrovo con un paio di nomi, nulla di grave, spero. Devo informarmi su quanto e con che frequenza posso aggiungere testo… ho agito impulsivamente senza prima informarmi bene. Vedrò di migliorare.