Su e Gi

La spia rossa del serbatoio segnava la riserva di carburante sempre più bassa. Il distributore di benzina era ancora lontano.

Le urgenze erano due: rifornire la macchina e correre alla toilette. Susi stringeva le gambe e, di tanto, in tanto, minacciava la sua amica. Se non si fosse decisa a premere il pedale dell’acceleratore, imbranata com’era, gliel’avrebbe fatta sulle foderine nuove fiammanti del sedile. Gi’, come la chiamava Susi, aveva speso una cifra assurda per comprare quei copri sedili rosa shocking in alcantara. Avevano dovuto ritardare la partenza del loro viaggio di quattro giorni, in quella ricerca disperata, dopo che Gi li aveva visti sui sedili di un’altra Porsche simile alla sua e aveva deciso di non poterne fare a meno. Avevano girato e rigirato, inutilmente, tutte le rivendite di accessori per auto, finché le avevano suggerito di richiederle online, direttamente dalla fabbrica, made in Taiwan. Quando Gi’ si metteva in testa qualcosa era più tosta del pane duro tostato.

Il sogno di Ginetta era quello di imbarcarsi con la Porsche e di raggiungere Nizza col traghetto, da Porto Torres, attraversare poi la Provenza e puntare, con la macchina, dritte verso il centro, tappa, dopo tappa, fino al cuore pulsante di Parigi. A Susetta sarebbe bastato molto meno: arrivare a Cannes e trattenersi lì, fino all’inizio del festival del cinema. Vedere gli attori in carne e ossa – i loro idoli – adorati, per lo più, solo dal piccolo schermo del televisore, così vicini da poterli finalmete sfiorare. Avevano fatto e rifatto i conti delle spese essenziali e messi insieme i loro piccoli risparmi: mancava sempre il doppio del loro modesto capitale.

Alla fine si erano  rassegnate a trascorrere una vacanza al mare, a Castelsardo, una località decisamete più vicina, raggiungibile in poche ore di macchina, senza varcare il mare. Avevano prenotato una camera con due letti i un B&B. Avrebbero fatto una ricca colazione, saltato il pranzo, e qualche panino o pizza, per cena.

Si sarebbero fermate a trenta chilometri di distanza dal punto in cui avrebbero voluto imbarcarsi per arrivare a Nizza.

L’entusiasmo era al settimo cielo, nonostante tutto, quando Schu – come la chiamava Gi – aveva preso per prima il volante della Porsche ed era partita a razzo, premendo a tavoletta sul pedale dell’acceleratore.

Dopo alcune decine di chilometri si erano date il cambio alla guida. Durante quel percorso, in un tratto di strada poco trafficata, all’improvviso c’era stata una salita ripida. Dalla sommità avevano notato, a qualche centinaia di metri verso il basso, la sagoma di un animale, disteso in mezzo alla loro corsia di marcia.

Un attimo dopo aver detto «Accelera Gi o mi piscio addosso», Susi aveva urlato alla sua amica «Frena, frena, c’è un cane in mezzo alla strada; forse non è morto, magari è solo ferito».

Gi si era tolta gli occhiali scuri, da sole, per vederci meglio, mentre rallentava e scrutava in lontananza. L’animale sembrava immobile, già stecchito.

Dopo un centinaio di metri avevano accostato sul bordo strada, di lato a un fitto bosco di lecci. Avevano proseguito a piedi, per non dover bloccare la Porsche in mezzo alla strada.

Susi, durante quell’andatura veloce, aveva sentito che trattenere ancora diventava a ogni passo più difficile; quindi si era precipitata in mezzo agli alberi e si era calata i pantaloni corti, prima che cambiassero tonalità di colore, con un’ondata di calore e odore. Gi’ aveva proseguito verso il cane. Sembrava un incrocio tra un pastore tedesco e un pastore belga, che non dava segni di vita e non presentava alcuna ferita. Sull’asfalto non vi era alcuna traccia di sangue. «Prendiamolo per le zampe e portiamolo sul ciglio della strada», aveva detto Gi’, quando la sua amica l’aveva raggiunta.

Subito dopo, scrutando in ogni parte, se vi fosse qualche macchina in arrivo, avevano notato, molto più avanti, nella stessa direzione di marcia, un oggetto scuro che sembrava una borsa. Dopo aver mollato velocemente il cane, si erano affrettate ad arrivare in quel punto dove speravano di trovare un bel malloppo consistente, per poter trascorrere vacanze più agiate di quelle che avevano dovuto programmare, in un modesto B&B , da trenta euro a notte, col bagno fuori dalla camera. Mentre correvano per anticipare il passaggio di qualche vettura che avrebbe potuto spazzare via la borsa, molto più avanti, disteso in mezzo alla corsia, avevano visto un altro corpo: sembrava quello di una ragazza. La borsa, ispezionata al volo, era completamente vuota: niente soldi, niente documenti, niente di niente.

Il corpo disteso prono sull’asfalto, aveva il capo avvolto da una capigliatura bionda che sembrava una parrucca. Sulle mani indossava un paio di guanti rossi di pelle che facevano pendant con il giubbotto. Susi e Gi’ non osavano toccarla: avevano paura di muoverla per non arrecarle danni maggiori. Susi, la più ardita, aveva poggiato il palmo della mano sulla parte retro sternale della schiena. Aveva palpato un corpo rigido, molto duro. Più che tonico sembrava finto. Di umano non aveva nulla: era soltanto un manichino calzato e vestito. A quel punto l’avevano rivoltato. La testa era rimasta scoperta, mettendo a nudo una calotta cranica di plastica lucida.

Susi e Gi’ non sapevano cosa pensare. La situazione sembrava tragicomica; forse avrebbero dovuto chiamare la polizia. I loro cellulari erano rimasti in macchina. Avevano spostato il manichino sul bordo della strada ed erano tornate indietro per andare verso la Porsche, camminando a passo svelto, per affrettarsi a chiamare qualcuno che potesse fare un sopralluogo. La distanza dal punto in cui avevano fermato l’auto – rispetto a prima – sembrava maggiore. Non riuscivano a vedere la vettura neppure in lontananza. Superato il boschetto di lecci, con tutte le piazzole di sosta, avevano capito che la Porsche era sparita. Soltanto allora si erano rese conto che erano vittime di un piano strategico, architettato da qualcuno appositamente per rubare la Porsche 911 bianca, con cui viaggiavano, appena restaurata. 

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Discussioni

  1. Le tue Thelma e Louise mi hanno tenuta incollata allo schermo fino alla fine. Mi è piaciuto moltissimo il contrasto fra i sogni dorati ed il B&B con il bagno fuori: accade a tutti noi di viaggiare con la fantasia (male non fa, anzi). Mi ha spiazzata e divertita il finale, anche se sono dispiaciuta per Susi e Ginetta. Come Cristiana, attendo di sapere come se la caveranno 😀

    1. Ciao Micol, scusa se ti rispondo con qualche giorno di ritardo. Sto cercando di elaborare il seguito. Troppi pensieri di ogni genere in questo periodo soffocano l’ ispirazione per fantasticare sulle storie delle mie modeste narrazioni. Grazie per il sostegno, sempre necessario; in questo periodo piu` che mai. 😊

  2. Ciao Maria Luisa, finalmente un tuo racconto! E che sorpresa quando mi sono ritrovata le protagoniste del tuo precedente. Due personaggi “freschi” e vivaci, che hai saputo rendere e delineare molto bene dando al lettore i giusti indizi. Mi piace moltissimo che, in un certo senso, siano un po’ sprovvedute, a mio parere una delle caratteristiche più ricche di fascino che appartengono al genere femminile. Alla fine, mi sono chiesta “E adesso?”. Quindi, mi unisco a tutti e aspetto. Un abbraccio

    1. Grazie Cristiana, per l’ attenzione e per l’ incoraggiamento. Tra un impegno famigliare e l’ altro, se il computer non mi molla del tutto, cerchero` di trovare il tempo, la concentrazione e qualche altra idea bizzarra per tenere vive e pimpanti le due amiche sprovvedute e un po’ ingenue. E’ uno spasso per me, quando le immagino in situazioni un po’ surreali e spero di far sorridere ancora una volta anche te, insieme ad altri lettori che mi confortate con i vostri benevoli commenti.

  3. “E` stato per seguire il tuo suggerimento che ho provato a immaginare questo secondo racconto”
    ❤️ Che onore ! ❤️

  4. Ciao Maria Luisa, voto anch’io per un proseguimento, bello questo capitolo 2 di una deliziosa Thelma e Louise tutta italiana, piena di spunti ironici. Per favore, per favore….continua !

    1. Grazie Nyam. E` stato per seguire il tuo suggerimento che ho provato a immaginare questo secondo racconto che ha come protagoniste due “Sardine” sventurate, piu` che avventurose, alla Thelma e Louise.
      E` un periodo un po’ complicato, ma ci provero` ancora, se mi concederete il tempo e il vostro sostegno necessario.

    1. Ciao Francesco, ti confesso che pensare ad una serie un po’ mi stressa; pero` mi piacerebbe continuare a scrivere di queste due che un po’ somigliano a Thelma e Louise e un po’ mi ci posso identificare anch’ io, se non altro, almeno nel nome di una delle due. Vorrei continuare la storia in modo da raccontare ogni volta, una situazione un po’ diversa, che possa reggere anche senza una premessa, senza aver letto gli episodi precedenti e con un finale piu` o meno aperto.
      Grazie per il supporto.

    1. Ciao Carlo, grazie di esserci, ancora una volta, a leggere e commentare con il tuo solito garbo e acume. In effetti questo episodio, che ho tardato a pubblicare per problemi tecnici del mio PC, e` il seguito del racconto precedente, ma vorrei che si leggesse anche senza essere incluso in una serie; quindi con un inizio e un finale apparentemente conclusivo.
      PS. Nell’ attesa di poter leggere i tuoi inperdibili racconti, spero tu stia bene e stia facendo tante altre cose belle e importanti.