
Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: La casa in valle
- Episodio 2: Solo una leggera inquietudine
- Episodio 3: Trasformazioni
- Episodio 4: Non si viaggia mai col fumo in tasca
- Episodio 5: Tasselli al loro posto
- Episodio 6: Il desiderio di sognare
- Episodio 7: Lettera dall’aldilÃ
- Episodio 8: Bel pippone ti sei tirato
- Episodio 9: Gita nell’aldilÃ
- Episodio 10: Sbucciare le patate per guadagnarsi il pasto
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
- Episodio 6: Rimpianti, domande e speranze
- Episodio 7: Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare
- Episodio 8: Ceres? Come la birra?
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Nel tornare dal paese mi fermai da Piero. Ero pervaso da una sorta di esaltazione positiva e sentivo il bisogno di condividerla con quei nuovi amici che, pur conoscendomi solo da un paio di settimane, mi avevano accolto alla loro tavola facendomi sentire in famiglia. Anche questo inusuale desiderio di aprirmi manifestava la metamorfosi in corso: mai avevo rivelato i miei sentimenti a nessuno, nemmeno a mia madre e nemmeno a Marta, ma ora ritenevo fosse il momento giusto per farlo, per raccontare del passato di cui non andavo fiero e di quell’aria di rinnovamento primaverile che stavo respirando. Certo sarebbe stato inopportuno confidare che mi capitava di chiacchierare con persone morte o che, ogni tanto, intervallavo le escursioni consigliate da Piero con gite in un mondo al quale, pena passare per pazzo, non potevo nemmeno accennare.
Entrai in cucina dal retro. Marisa stava mescolando un appetitoso risotto e, come mi vide, cominciò a canticchiare ‘aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più…’ poi, con un cenno del capo, guidò il mio sguardo al tavolo che era già apparecchiato per tre persone.
«Benedetto il tuo intuito Marisa! Ho fatto tardi e mi sarei accontentato di spartirmi il piatto con tuo marito», le strizzai l’occhio.
«Oh, furbo! Hai finito di provarci con mia moglie?» gridò Piero dalla sala ristorante, «Altro che dividere il piatto con te, ora arrivo e ti caccio a pedate!» Entrò in cucina mimando col pugno un diretto al naso poi mi guardò fisso negli occhi: «Hai la faccia luminosa di uno che ha combinato qualcosa di buono, avrai mica cominciato a scrivere?»
«In effetti ho messo giù qualche pagina»
«Bene! Allora ti perdono di non esserti fermato stamattina, quando sei sceso in paese, ma la prossima volta passa a chiedere se può servirci qualcosa. Nei menù stampati ieri sera avevo inserito il risotto allo zafferano, ma quando ci siamo messi a cucinare lo zafferano non c’era e ho dovuto ristampare i menù. Invece, se ti fossi fermato a bere il caffè con me, avrei potuto chiederti il favore di portarmelo così da avere tutti gli ingredienti per preparare ciò che era programmato. Capito l’impiccio?» mi guardò con un ghigno da finto risentito, «Ora dovrai adattarti a mangiare uno splendido risotto con i funghi e tu solo saprai che l’ho fatto oggi, mentre i clienti abituali penseranno che è quello avanzato ieri anche se, dopo il primo boccone, dovranno ricredersi.» Poi, sorridendo, chiuse la ramanzina: «Va bene dai, non lo sapevi che si usa così, ma ora lo sai e farai in modo che non capiti più.»
Incassai la lezione e, con faccia di bronzo, replicai: «Ho frainteso o mi hai appena invitato a pranzo?»
«Dai, renditi utile, infido molestatore di donne altrui, versa tre bicchieri di Altemasi mentre finisco di preparare i tavoli e poi brindiamo alla tua ritrovata ispirazione, la bottiglia sai dov’è»
«Dovrei dirvi alcune cose su di me, se vi va di ascoltarle. Ho bisogno di parlarne e di ricevere pareri e consigli.»
«Finalmente ti confessi? Sono impaziente di sapere, non cominciare senza di me!»
Mentre mangiavamo raccontai senza alcuna reticenza, anzi, calcando la mano, di quei periodi della mia vita dei quali non andavo fiero. Cercai di descrivere, senza retorica, il mio recente cambiamento e quanto, ora, fossi addolorato per quel mio passato tanto superficiale e crudele. Spiegai che, se con mia madre non avevo possibilità di rimediare, dovevo invece tentare di riallacciare i rapporti con Marta, perché finalmente avevo compreso quanto mi amava e il fatto che fosse al centro del mio pensare significava che, anche per me, lei rappresentava il sentimento più vicino all’amore che avessi mai provato. Accennai alla poesia che le avevo inviato e, sollecitato da Marisa, la recitai a bassa voce e con lo stesso tono che avrei usato con Marta. Quando terminai Marisa rimase assorta, forse commossa, con gli occhi che luccicavano.
«Certo che eri un bel faccia di merda!» fu l’espressione colorita con cui Piero ruppe il silenzio. «Comunque, secondo me, era meglio se ti presentavi di persona con un bel mazzo di rose.»
«Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare» replicò Marisa, con insolita durezza e con uno sguardo infuocato riservato al marito, «e se una donna non è un’oca non basta certo un mazzo di fiori a far dimenticare i torti che ha subito.» esclamò con voce via, via più acuta, quasi fosse al confine col pianto. Piero, muto, non toglieva gli occhi dal piatto e io, pur incuriosito dalla reazione di sua moglie, tentai di allentare l’evidente tensione chiedendo informazioni per una breve escursione pomeridiana.
«Nel pomeriggio vorrei fare un giretto, corto e non impervio, avete qualche bel posto da ―»
«Hai fatto bene a inviarle quella poesia,» mi interruppe Marisa, incurante del mio tentativo di cambiare discorso «è molto bella, si avverte la tua sensibilità e una sospesa speranza. Se leggerà tra le righe non potrà che riconoscere la tua volontà di cambiare. Questo non cancella quanto hai fatto, non lo dimenticherà mai, ma se ti ama ti darà un segno.» Poi si alzò e uscì in giardino lasciandoci soli, entrambi scossi dal peso delle sue parole e delle nostre colpe.
«Un giorno dovrai raccontarmi qualcosa anche tu, credo.»
Lui mi guardò, era la prima volta che lo vedevo così serio: «Si, ti racconterò, è una storia lunga e lontana, ma ancora dolorosa e ogni tanto torna a galla. Ora però, è meglio che tu vada: dovrò tirar fuori il meglio di me per far tornare il buon umore a Marisa. Accidenti a te e al tuo romanticismo!»
Me ne tornai a casa dispiaciuto per avere, mio malgrado, turbato i miei amici. Calzai gli scarponi e mi avviai su una stradina sterrata che partiva poco distante e che saliva, senza eccessiva pendenza, sul fianco della montagna e che presumevo portasse a una malga che si scorgeva in alto, nel verde dei pascoli.
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
- Episodio 3: Modulo Umano Standard
- Episodio 4: L’intrusione
- Episodio 5: Capire il passato per vivere il futuro
- Episodio 6: Rimpianti, domande e speranze
- Episodio 7: Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare
- Episodio 8: Ceres? Come la birra?
Adesso sono curiosa: cosa avrà fatto Piero a Marisa? La cosa si fa interessante!
Credo che una poesia scritta da un uomo, con emozione o sentimento, per una donna (pur amando i fiori e le rose in particolare), dovrebbe rappresentare un omaggio molto speciale. Difficile non gradire, non provare emozione, non sentirsi lusingate e restare insensibili a un gesto così irresistibile, nonostante ció che é stato.
L’episodio mette in evidenza, ancora una volta, il valore dell’amicizia sincera e schietta. Scritto in modo credibile, con buona cura della forma. Non puó che piacermi.
L’amicizia vera sà manifesta quando senza pudore si condividono le cose più intime, con l’aspettativa di un reciproco conforto morale
Bello il modo in cui i dialoghi fanno emergere emozioni nascoste, lasciando intuire che ognuno porta con sé un dolore da raccontare.