UN ALTRO GIORNO NEL SOLITO MONDO POST-APOCALITTICO
Serie: RACCONTI DA MONDI GIA' FINITI
- Episodio 1: UN ALTRO GIORNO NEL SOLITO MONDO POST-APOCALITTICO
STAGIONE 1
Il sole stava tramontando, come faceva ogni giorno, come aveva fatto per miliardi di anni. Ma nessuno se ne sarebbe accorto, come ormai accadeva da anni. Queste nubi oscuravano quel sole, su questa landa oscura e calda. La terra stava dormendo, così interpretavo quelle giornate. D’altronde non c’è niente di più simile alla morte del sonno. Una coperta di gas serra avvolgeva la terra arida. La natura sonnecchiava. E quella cappa afosa irradiava calore, giorno dopo giorno, in un mondo di grigio tenebra. Eventi catastrofici rimodellavano continuamente il suolo, costringendo i poveri cartografi a riscrivere ogni volta le mappe. Tsunami, uragani, piogge acide, tempeste, terremoti, frane si susseguivano ogni giorno. Fenomeni atmosferici che avrebbero occupato le pagine dei giornali di un lontano passato per settimane, oggi avevano lo stesso impatto che aveva una giornata di pioggia sugli uomini di quel secolo. In tutto ciò un bambino stava tornando a casa. “torna prima del tramonto e copriti bene con la tuta stagna!” Gli aveva detto la madre prima di uscire. Aveva giocato con gli amici pure quel giorno tra quell’aria irrespirabile, aveva sudato, cosa non conveniente in un mondo in cui l’acqua aveva lo stesso valore dell’oro con l’afa che ti rapinava della tua umidità come un infido parassita, e con i fiumi, i mari e i laghi, avvelenati dai rifiuti dell’uomo. Intanto un vecchio prendeva l’ascensore che l’avrebbe portato nel sottosuolo, dove gli esseri umani continuavano a sopravvivere, uscendo solo per rifornirsi di materie prime e per studiare i mutamenti del pianeta. E lì incontro un giovane che anche lui aspettava l’ascensore. I viaggi sul rudimentale elevatore duravano 5 minuti. 5 minuti di silenzi imbarazzanti e di conversazioni di circostanza. “Nuvoloso anche oggi, eh?”
“domani dovrebbe piovere”
“non bisogna mai fidarsi del meteo”
“tanto non possono sbagliare più, oramai, o piove o è nuvoloso…”
“…ma il sole non lo vedremo più” un sorriso, ma gli occhi erano nostalgici.
“e per di più fa caldo, terribilmente caldo”
“fa caldo come in estate e il cielo è come in inverno, il peggio delle due stagioni in quella che ora è un’unica stagione!”
“E’ proprio vero che non esistono più le mezze stagioni, vero?” Scoppiarono a ridere entrambi e si guardarono… Un suono squillante, e poi…
“Siamo arrivati!”
“eh già.” Uscirono sorridendo e pensando:” potrei non incontrare più quello sconosciuto, è così facile morire al giorno d’oggi.”
“Hai mangiato abbastanza a pranzo, figlio mio?” disse una nonna al proprio nipote.
“Si, nonna. Con voce annoiata. Un intero piatto di alghe e poi le polpette di formica mi hanno riempito!”
“eppure ti vedo così sciupato!”
“E’ normale nonna, siamo in un mondo post-apocalittico, cosa ti aspetti?”
“Ai miei tempi si mangiava meglio!”
“Ai tuoi tempi si viveva! Oggi si sopravvive, e questo è ciò che ci possiamo permettere per sopravvivere!”
“Se non ci foste stati voi, i miei nipoti, a cui badare, mi sarei già lasciata morire! Ho vissuto abbastanza!”
“Lo so nonna, lo dici sempre. Eppure sei qui, sei viva! E continui a vivere! Con i tuoi acciacchi sì, ma continui a vivere perché senti che c’è qualcuno che ha bisogno di te. E così facciamo tutti. Continuiamo a vivere, nonostante tutto!”
Così si viveva in quel mondo. Ogni giorno passava uguale al precedente, o così lo percepivano quegli uomini. Esattamente come lo percepiamo noi nelle nostre comodità di oggi. Troppo spesso si è sottovalutata la capacità dell’uomo di adattarsi ad un nuovo ambiente e ancora di più quella di rendere banale quotidianità ogni situazione. Quell’era un mondo che rispecchiava perfettamente gli attributi di inferno, e chiamarlo in questo modo non è affatto sbagliato. Eppure in quell’inferno vivevano delle persone, sopportando le più atroci difficoltà, ma vivevano. Non solo vivevano, loro ridevano! In un mondo senza sole, loro ridevano! Scherzavano! Si prendevano in giro! Si divertivano! Quello era il loro mondo, quello in cui avevano sempre vissuto. Nonostante tutto lo vedevano come la loro casa. Il posto in cui tornare ogni sera, in cui riposare, in cui lasciarsi stringere dalle tenere braccia materne o dalle forti braccia paterne, il posto in cui ridere delle fatiche quotidiane. Se c’è una morale che bisogna insegnare, se c’è una frase da tenere bene a mente, se c’è qualcosa che l’uomo ha imparato senza saperlo è che dovunque ci si trovi, finché c’è vita, ogni inferno può essere trasformato in un paradiso. E’ questo che fa l’uomo da quando è stato cacciato dall’Eden. Fuga dopo fuga, esilio dopo esilio, diaspora dopo diaspora, fa di tutto per trasformare una terra arida in una fertile dimora per sé e per i propri figli! A volte, per fare ciò, la bagna con l’acqua del corpo o con quella dei suoi amati figli, la bagna con lacrime o con sudore o con il sangue suo o dei nemici che arrivano per sfrattarlo o delle persone che passano lì per caso. A volte ci caga sopra o ci piscia, ma finché non vedrà spuntare un germoglio su quella terra calpestata da violenza, sofferenza, gioia o amore, lui non smetterà e riderà delle sue sfortune e delle sue botte di culo. Ma come fa l’uomo ad andare avanti contro tutto e tutti? Io credo di avere la risposta. Non è l’amore, non è la gentilezza, non è la forza bruta o l’intelligenza. E’ l’ironia! L’ironia salverà il mondo! Quando un uomo ride dei propri dolori, delle proprie sventure, della propria esistenza! Si rende conto di essere solo un attore di questa pazza rappresentazione teatrale o un personaggio di un insulso racconto di fantascienza. Non viviamo in una tragedia, ma in una commedia e quando alla fine si ride, si scopre questa verità, anche se la fine coincide con la morte. E’ questa forza che è in grado di rendere ogni inferno un paradiso. Sì, la distanza che separa il cielo dal sottosuolo è la stessa che separa una risata da un pianto.
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questo manifesto mi è piaciuto, ma se fossi un samurai lo taglierei a metà con la mia katana