Un incontro inaspettato
Serie: Romantica Milano
- Episodio 1: Un incontro inaspettato
STAGIONE 1
Gli ospiti iniziavano ad arrivare riempendo la piccola sala relax dell’ufficio, allestita per l’occasione. Nella parte anteriore della saletta erano posizionati alcuni divani e una piccola postazione per lo speaker dell’evento. Dietro i divani, alcune file di sedie riempivano lo spazio fino alla cucina.
Andrea giocava al cellulare, semisdraiata su uno dei divani più vicino alla postazione. Ogni tanto i suoi freddi occhi azzurri si spostavano verso la porta a vetri, attratti dalle ombre di qualche ospite che si avvicinava per prendere posto o dall’andirivieni della guardia privata che controllava l’evento. Era annoiata e aveva una gran voglia di bere un bel boccale di birra fresca. La giornata in ufficio era stata pesante e sperava davvero che la serata non si sarebbe rivelata dello stesso tono. Purtroppo per lei, gli ospiti arrivati fin ora sembrano ben lungi dal fare conversazione. Tutti si chiudevano a riccio sui loro cellulari, accomodandosi su sedie scelte accuratamente lontano da lei. Andrea sbuffò impercettibilmente mentre i suoi occhi furono attratti ancora una volta dal movimento della guardia che passava fuori la porta.
All’improvviso una piccola calca di colleghi si affrettò a prendere posto nella saletta. Finalmente è arrivato lo speaker, pensò tirandosi a sedere. Dalla porta fece capolino un ragazzo in jeans e maglietta. Non poteva avere che qualche anno più di lei, con un volto gioviale e tratti est europei. Aveva un corpo muscoloso e i bicipiti scolpiti, messi in risalto dalla stretta t-shirt, le fecero subito girare la testa. Non male per essere un nerd, pensò ironicamente sistemandosi discretamente le pieghe della camicetta. Che pensiero stupido, si disse poi rimproverandosi. Non era certo il primo bel ragazzo appassionato di tecnologia che incontrava. In effetti gliene veniva giusto un altro in mente… .
Lo speaker iniziò a parlare e lei fu grata di scrollarsi dalla mente quel pensiero e di concentrarsi sull’uomo che aveva davanti. Si presentò come Vlad, tech leader di un’azienda di Praga e parlava inglese con un leggero accento slavo, decisamente intrigante. Aveva la pelle chiara, tendente al bianco pallido e un bel volto simmetrico e un po’ infantile, con la mascella definita ma senza un filo di barba. Gli occhi, di un azzurro lattiginoso, erano piccoli e furbi. Il naso, leggermente aquilino, donava tuttavia una nota di particolarità a quel viso altrimenti troppo angelico. I capelli castani erano nascosti da un curioso cappello da baseball rosso fuoco. Si mostrò affabile e a suo agio durante tutta la conferenza, rendendola piacevole e interessante. Non era affatto facile incontrare bravi oratori, si disse, soprattutto così belli.
Alla fine di un’interminabile serie di noiose domande, finalmente Vlad annunciò la chiusura della conferenza. Andrea sospirò di sollievo. Era previsto un rinfresco in un bar vicino l’ufficio, finalmente quella maledetta giornata era finita e poteva godersi la tiepida serata primaverile. Percepiva già la leggera brezza della sera sulla pelle e la rigenerante sensazione del liquido fresco che le riempiva la gola. Si affrettò verso le scale, seguendo il piccolo corteo di persone verso il locale a qualche metro di distanza. Si fermò a chiacchierare un momento con dei colleghi e, quando fece per prendere posto al lungo tavolo apparecchiato, si rese conto che l’unica sedia libera rimasta era accanto a Vlad. Che interessante coincidenza, si disse prendendo posto con un sorriso a trentadue denti, ricambiato subito dal ragazzo che non sembrò affatto scontento.
Le birre iniziarono ad arrivare e le tensioni si sciolsero. Andrea riuscì a scolarsi due bicchieri di birra mentre il resto del gruppo continuava a fare noiose domande tecniche a Vlad. Non aveva affatto voglia di parlare di lavoro, quindi si tenne sulle sue, annuendo distrattamente ogni tanto per non sembrare scortese, o troppo interessata alla birra. Inaspettatamente, approfittando di un momento di silenzio, Vlad si girò verso di lei e in tono confidenziale le disse:
“Ho parlato un sacco, dimmi qualcosa di te. Di cosa ti occupi?”
Andrea fu sorpresa da quell’interesse, ma sorrise sperando che il calore sul suo volto fosse dovuto all’ebrezza e non all’imbarazzo. Non avrebbe dovuto essere imbarazzata pensò, era una persona spigliata, abituata a parlare con tutti e non era certo la prima volta che lo faceva con un ragazzo interessante. Bevve un altro sorso di birra per schiarirsi i pensieri poi gli rispose, propinandogli la solita solfa da colloquio di lavoro, ma spostando poi abilmente la conversazione su argomenti più leggeri: il cibo, la birra, Praga, Milano… . Ordinarono un altro giro e lui provò ad insegnarle il brindisi ceco. Risero come matti quando lei storpiò completamente la pronuncia. Vlad la prese in giro, chiamandola “party girl”, quando lei finì il boccale prima di lui. Non le piaceva che la gente pensasse fosse un’alcolizzata, pensò piccata, men che meno qualcuno che le piaceva. Ai tempi dell’università ne aveva fatto un vanto, ma ora era diverso, soprattutto lì era pieno di colleghi di lavoro. La verità era che stava mangiando chili di noccioline e quella dannata birra scendeva come acqua frizzante. Ma arrivò presto la sua rivincita.
“Quando mi hanno contattato per parlare all’evento non riuscivo ad immaginare che una conferenza così specialistica si sarebbe potuta tenere a Milano. ”
Le disse ad un certo punto, con noncuranza.
“Pensavo a Londra, a Berlino, Amsterdam… non sapevo neanche dove…”
si bloccò, rendendosi finalmente conto del passo falso, annaspando per trovare un modo educato per concludere la frase.
“Non sapevi neanche dove fosse Milano, vero?”
Terminò Andrea, ridendo beffarda mentre notava il suo volto pallido assumere un leggero colore rossastro.
Vlad si riprese, increspando le labbra in un sorriso colpevole e con la mano le diede un buffo sulla spalla. Touché, pensò Andrea sorridendo. Non le piaceva che degli estranei la toccassero, ma quello di Vlad era stato un tocco quasi intimo e non le diede fastidio. Sembrava si conoscessero da tempo.
Andrea si girò appena per bere un altro sorso di birra, poi alzò gli occhi e, come se si fosse risvegliata da un sogno, all’improvviso realizzò che aveva monopolizzato la conversazione con Vlad e il gruppo intorno a loro non esisteva più. Molti attorno al tavolo erano andati via e Andrea si disse che forse era il momento che se ne andasse anche lei, prima di dare adito a spiacevoli pettegolezzi. Tuttavia, Vlad le piaceva. Si stava divertendo e in un’altra occasione sarebbe rimasta lì a parlare con lui ancora per ore. Sentiva il suo corpo fremere quando lui la guardava e si era ritrovata diverse volte imbambolata a fissare le sue labbra sottili mentre le parlava. Scrollò un attimo la testa, confusa. Aveva bevuto troppo, si disse. Bere alcolici aveva l’effetto di eccitarla e più di una volta le era capitato di finire a fare cose idiote in quello stato. Non poteva, non doveva fare quei pensieri. Decise di andare in bagno a rinfrescarsi e poi andare via, combattendo con testardaggine quelle emozioni incoerenti che la stavano travolgendo.
Tornata al tavolo, Andrea nascose l’aria affranta dietro un cordiale sorriso e annunciò che sarebbe andata a casa. Prese le sue cose e si girò verso Vlad con l’intento di salutarlo con una professionale stretta di mano, ma lui la spiazzò alzandosi e stampandole un bacio sulla guancia. Il suo corpo si immobilizzò quando lui le fu vicino e una sensazione di calore divampò dal basso ventre, incendiandola fino alla punta dei capelli quando le labbra di lui si posarono sulla sua guancia.
“E’ il nostro modo di salutare”
le disse Vlad con un sorriso sardonico e una scrollata di spalle. Però non hai salutato così le altre persone che sono andate via, pensò Andrea, ma non disse nulla. Era evidente anche ai ciechi l’effetto che aveva avuto su di lei quel bacio. Non potevano non essersene accorti tutti, maledizione. Non si prese neanche il tempo di riflettere su quello che avrebbe dovuto fare, o meglio non fare, e di getto rispose:
“Beh in Italia se ne danno due”
Sorrise maliziosa e, alzandosi sulle punte dei piedi, si avvicinò a lui sfiorandogli entrambe le guance con le sue. Fu il turno di Vlad di restare spiazzato, nonostante quello di Andrea fosse stato un approccio infinitamente più morigerato. Prima che lei se ne andasse, Vlad le regalò uno sticker della sua azienda. Andrea lo prese e, con un’aria interrogativa e un po’ imbarazzata, si avviò verso la metro facendo attenzione a non inciampare, dato che non sentiva più la forza nelle gambe.
Quando finalmente prese posto sul treno, Andrea sospirò e riprese in mano lo sticker, sorridendo come un’ebete ubriaca al ricordo delle labbra di Vlad che le sfioravano la guancia. Ne poteva sentire ancora il tocco, come un erotico tatuaggio stampato sulla pelle. Per fortuna era riuscita a mantenere il controllo e ad andare via prima di fare qualcosa di stupido, ma nessuno le vietava di sognare, si disse rigirandosi con aria assorta lo sticker tra le mani. Poi si bloccò quando si rese conto che sul retro era scritto qualcosa, un numero di telefono. Quasi scoppiò in una risata isterica, trattenendosi a stento quando gli altri passeggeri le lanciarono occhiate interrogative.
Dovrei richiamarlo?
Si chiese per tutto il resto della serata, fino a quando non si addormentò in un sonno agitato da sogni decisamente eccitanti.
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