
Un Incontro Inatteso
Franco non va mai al cinema, non gli piace.
Preferisce passeggiare e guardarsi intorno, senza soffermarsi troppo sui dettagli di ciò che vede. Che siano persone, oggetti o qualsiasi cosa possa incontrare nel suo cammino.
Eā spesso annoiato da ciò che vede, sente o percepisce. Come se il mondo che lo circonda fosse sempre inadeguato. Non allāaltezza.
Si sofferma davanti alla locandina.
Eā in programmazione un titolo intriganteā¦āFilosofia DellāUomo Qualunqueā. Il regista non ĆØ famoso, il film non ĆØ da botteghino e Franco non ha idea di chi lo abbia prodotto. Ma quel titoloā¦
E cosƬ acquista il biglietto, senza troppa fatica. Alla cassa non cāĆØ quasi nessuno. Lāaddetto alla biglietteria ĆØ piuttosto svogliatoā¦e Franco si rende conto di essere guardato con la stessa superficialitĆ con la quale lui osserva il mondo circostante.
Giunge nella sala, poche persone sparse qua e lĆ , qualche piccolo imbarazzo nella scelta del posto e poi si accomoda.
I messaggi pubblicitari scorrono sul grande schermo, a ricordare ai pochi presenti quanto sia importante mantenere viva e vegeta lāanima del commercio. Alcuni di questi sono esilaranti, altri di dubbio gusto, altri ancora cercano di far leva sui sentimenti, sulle emozioni di chi sta guardando. Magari per convincere lo spettatore ad acquistare unāauto, un vestito o una crema per il viso.
Una pausaā¦una musica in sottofondoā¦qualche trailer di future proiezioni.
Poi di nuovo una piccola catena di spot.
Franco ĆØ in attesa che cominci il film. Eā curioso perchĆØ, in fondo, lui non si considera un uomo qualunque e probabilmente la penseranno cosƬ anche coloro che, come lui, sono presenti in quel cinema.
Ed ecco la colonna sonora. Una musica coinvolgente, accattivante. Energia allo stato puroā¦e il titolo, che compare sul grande schermo a caratteri cubitali : Filosofia DellāUomo Qualunque. Titolo e sottofondo musicale vanno a braccetto per lunghi e interminabili minuti. Il regista si ĆØ sbizzarrito a modificare il colore che fa da sfondo al titolo. Passa dal rosa al rosso, dal blu al verde, dal giallo al bianco.
Poi nuovamente lo schermo scuro e un silenzio al limite del surrealeā¦
Franco si guarda intorno, fa fatica a comprendere quella che sembra una lunga pausa nella proiezione. Pensa a un guastoā¦ma si accorge che le persone presenti nel cinema continuano a sorridere. Alcuni ridono di gusto, altri sembrano piangereā¦forse per le risateā¦forse no. Altri ancora restano impassibili come luiā¦rapiti letteralmente dallo schermo gigante di fronte a loro.
Non comprende e si domanda cosa ci sia di divertente in uno schermo scuro. āE quei colori ?āā¦aggiunge quasi sussurrando.
Poi, allāimprovviso, ecco che musica e colori riprendono. Più forti e intensi di prima. Franco non vede più il titolo sullo schermo, solo una varietĆ quasi sconosciuta di colori e una musica cosƬ intensa da fargli vibrare letteralmente ogni punto del proprio corpo. Nonostante lāintensitĆ , non ha la percezione di qualcosa di spiacevole o di disturbanteā¦e resta impassibile.
PerchĆØ non comprende.
Ma al tempo stesso non decide di uscire dal cinema lasciando gli altri a quellāassurdo e incomprensibile spettacoloā¦che di cinematografico sembra aver poco a che fare.
La musica si attenua lentamente e i colori da vivaci tendono sempre più verso una scala variegata di grigioā¦senza scomparire completamente. Rimane un sottofondo di musica che arriva da lontano e di colori assolutamente anonimi.
Franco inizia a ridereā¦imitando gli altriā¦che sembrano divertirsi come non mai. Ma la sua risata ĆØ quasi di scherno verso chi ha prodotto quellāassurdo spettacolo e nei confronti di chi, in quel cinema, sembra divertirsi immerso nel nulla.
Poi una voce attira la sua attenzioneā¦āFrancoā¦voltatiā¦sono quiā. Lāuomo si volta e vede seduto di fianco a sĆØ, nella penombra, un personaggio singolare. Porta un cappello a cilindro. Gli indica subito lo schermo per poi puntare il dito verso gli altri spettatori.
āSai chi sono io ?āā¦gli domandaā¦āe, soprattutto, sai chi sono loro ?āā¦mantenendo il dito puntato e immobile.
Franco ironizza e con sarcasmo affermaā¦āsarai qualche mattoide che frequenta spesso i cinema, magari alla ricerca di qualcuno da molestareā.
Una luce illumina il volto dellāuomo con il cappello a cilindroā¦il suo sguardo ĆØ sereno. La battuta sarcastica di Franco non lo ha turbato più di tanto.
āDunque non sai chi sono ?āā¦la risposta di Franco ĆØ immediataā¦āe perchĆØ dovrei saperlo ?āā¦replica.
āPerchĆØ, prima o poi, nella vita bisogna vedere la propria realtĆ ā.
A quel punto lāuomo con il cappello tende la mano a Franco, che lo osserva incuriositoā¦āpiacere amico mio, sono Arnaldo e desidero che tu apra gli occhiā. Poi si alza e invita Franco a fare lo stesso. Ora sono entrambi in piediā¦āsai perchĆØ loro si divertono ?ā. Lāuomo tanto sicuro di sĆØ che ĆØ entrato nel cinema, sembra circondato da tanti punti interrogativi ed affermaā¦āe secondo te si stanno divertendo ? A me sembrano impazziti !ā.
āQuesto ĆØ quello che pensi tuā, risponde Arnaldo. āMa loro vedono ciò che tu non puoi vedere perchĆØ sei accecato dal tuo ego. Loro si stanno godendo uno spettacolo unico che a te ĆØ preclusoā. Franco continua a non capireā¦āforse sto impazzendo”, esclama stizzito.
āNo, non stai impazzendoā, risponde Arnaldoā¦āhai solo lāunica occasione di sentirti, per una volta, davvero un uomo qualunqueā¦divertirti con poco, insieme agli altriā¦eā¦ā, ora Arnaldo fa una piccola pausa mentre lo sguardo diventa più severo per poi aggiungereā¦āā¦e senza giudizio. PerchĆØ non ti competeā.
Arnaldo si allontana da Francoā¦āora il mio tempo ĆØ finito. A te la scelta. Ma ricorda, amico mio, con il giudizio e la supponenza lo spettacolo della tua vita sarĆ qualche volta colorato, spesso oscuro, in molti casi grigio e con una musica che non potrai mai comprendere pienamenteā.
Lāuomo con il cappello a cilindro esce rapidamente. Franco lo insegue di corsa. Esce dal cinema e fa in tempo a vedere una carovana un poā strampalata che si allontana e una scritta āTeatro Alphaā.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Ciao Rossano, questo ĆØ il tuo secondo librick che leggo (almeno nell’ultimo periodo) e inizio a vedere chiaramente quello che dalle mie parti viene chiamato “marchio di fabbrica”. Magari cambierai di rotta con una virata a sorpresa, ma per ora apprezzo la forma in cui sfumi la realtĆ facendola divenire astratta pur dando molto a cui pensare. Mi torna alla mente una serie che guardavo da bambina, ” Ai confini con la realtĆ ”, che mi ha trasmesso il gusto per l’ignoto e le chiavi di lettura particolari.
Ciao Micol. Hai colto nel segno. Sono un grande estimatore della serie “Ai Confini Della RealtĆ ”. Trasmessa prima in bianco e nero negli anni sessanta negli Stati Uniti (forse in Italia più tardi) e ripresa a colori negli anni ottanta. Ha, secondo me, stabilito uno standard unico nel suo genere : quello delle trame brevi, surreali ma con un messaggio di fondo (a volte comprensibile, altre meno).