
Un nuovo amico
Serie: Il platano bianco
- Episodio 1: Il platano bianco
- Episodio 2: Un nuovo amico
- Episodio 3: L’albero
- Episodio 4: Scelte
STAGIONE 1
Giunsero ai piedi del paesello poche decine di minuti più tardi. I loro stati d’animo, dalla vista di quella collina, si erano un po’ alleggeriti. D’altra parte, il solo pensiero di quell’anormale albero bianco, aumentava il senso d’inquietudine che per l’ultimo tratto di percorso si era alternato a brevi momenti in cui la fiducia aveva la meglio sul resto delle emozioni.
Più camminavano, maggiore era la percezione di grandezza pervenuta ai loro occhi e più robusto era il velo di mistero che avvolgeva il colle, anche grazie all’ausilio dell’oscurità portata dalla notte.
― Siamo arrivati ― disse Mattia una volta che i due furono di fronte ad un grande cancello grigio, dove confluivano due file di mura alte e massicce.
― Benvenuti ― recitò una voce maschile dall’interno ― vi aspettavamo!
I due fratelli si lanciarono un’occhiata sospettosa, finché il cancello si aprì, rivelando il volto dell’individuo che aveva proferito parola un attimo prima. Ebbero modo di osservarlo e di scorgerne i tratti del viso: aveva il mento a punta, folte sopracciglia scure e dei capelli ricci, anch’essi scuri. Al collo portava una piccola campanella dorata, verso cui i due in un primo momento non avevano prestato attenzione. Erano sicuri di non averlo mai visto prima di allora, ma nonostante ciò quel volto, agli occhi di Cristiano, aveva un qualcosa di familiare.
― Prego, entrate pure ― continuò con fare tranquillo e ospitale.
― Come sapevate del nostro arrivo? ― chiese Cristiano, che dall’espressione lasciava trapelare un pizzico di diffidenza.
― Siete stati intercettati dai nostri sorveglianti. Sapete, non c’è tanto movimento qui in giro. Su, venite, sarete stanchi e affamati.
In effetti erano esausti e il solo pensiero di cibo e riposo mise in moto i loro piedi, mentre alle loro spalle il cancello si chiuse bruscamente. Ai lati della strada, che proseguiva in una ripida salita, c’erano un mucchio di modeste casette color cenere, con i tetti illuminati dalla luce proveniente dai vari lampioni sparsi in giro. Una cosa strana, ma allo stesso tempo originale, era che le abitazioni, l’una dall’altra, non differenziavano in nulla, risultando tutte spaventosamente identiche. Sembrava un insieme di modellini posti uno accanto all’altro; di conseguenza si aveva l’impressione di avere lo sguardo posato sempre sulla stessa casa
Passo dopo passo, udivano le porte aprirsi al loro passaggio, e capirono di avere addosso una miriade di occhiate che passavano in rassegna le loro sagome, dagli abiti sudici ai volti consumati dalla stanchezza. Qualcun altro sbirciava curiosamente dalle finestre, tentando di mostrare un po’ di discrezione in più rispetto ai propri concittadini.
― Non fateci caso, sono soltanto curiosi. Non capita tutti i giorni di vedere facce nuove ― cercò di rassicurarli, voltando la testa e continuando a mantenere la sua andatura svelta ma allo stesso tempo delicata.
Cristiano notò, con la coda degli occhi, un uomo fermo sulla soglia della sua abitazione; come tutti gli altri, aveva lo sguardo fisso su di loro. Aveva dei capelli bianchi, corti, e una fiacca barbetta grigia. Al suo fianco c’era una graziosa bambina dai lunghi capelli biondi. Con un braccio sulle palle la stringeva a sé e a Cristiano venne naturale pensare che si trattasse di sua figlia, anche se non sembrava. Quando il suo sguardo incrociò quello della bambina, lei alzò un mano in segno di saluto, accompagnando quest’ultimo con un sorriso genuino. Cristiano ricambiò inarcando timidamente le labbra, mentre l’uomo accanto alla bambina fece lo stesso. Una volta usciti dal suo campo visivo, reindirizzò lo sguardo in avanti, posandolo sulle possenti spalle dell’individuo che li stava guidando verso una destinazione a loro sconosciuta.
― Dove stiamo andando? ― chiese.
― Siamo quasi arrivati ― fu l’immediata risposta dell’uomo.
A causa della debolezza, le gambe dei due ragazzi quasi cedevano e i loro stomaci emettevano brontolii divenuti impossibili da ignorare.
― Ecco, qui a destra ― annunciò l’uomo, infilandosi in una porta poco più in là.
Dopo un po’ di tentennamento, Cristiano bisbigliò qualcosa e si accinse ad entrare, non prima di aver rivolto gli occhi verso il fratello, in cerca del suo sguardo. Ma Mattia era immobile, pietrificato, annichilito da qualcosa capace di stregarlo fin nel profondo. Non c’era bisogno che facesse altro per indurre Cristiano a volgere la testa in quella direzione. Se n’erano quasi dimenticati, dell’albero. Adesso la sua imponenza sovrastava la loro vista, nonostante rimanesse ancora una cinquantina di metri a separarli. Era addirittura più grande di quanto avessero immaginato. Ne rimasero ipnotizzati per qualche altro secondo, senza proferir parola o muovere un singolo muscolo; lasciarono che i loro spiriti si facessero cullare dalla potenza di quell’immagine, nello stesso modo in cui fa un neonato quando viene a contatto per la prima volta con il seno materno.
― Entrate! Non siate timidi! ― urlò una voce dall’interno, spezzando di colpo quella specie di sacrilegio di cui erano rimasti vittima.
Non fu semplice seguire il consiglio di quella voce e allo stesso tempo distogliere lo sguardo dal “sole bianco” (come piaceva definirlo a Cristiano nella sua testa), ma con un po’ di fatica riuscirono nell’intento. Entrarono nella casa e subito un intenso aroma di cibo gli inebriò i sensi. Dopo aver seguito un breve corridoio, giunsero in un ampio soggiorno, in cui al centro era sistemata una grossa tavola colma di pietanze invitanti, pronte per essere consumate. La stanza era priva di finestre ma ben illuminata da un appariscente lampadario che scendeva da un soffitto totalmente bianco, come tutte le altre pareti. L’uomo che li aveva condotti in un paradiso del genere se ne stava tranquillo in un angolo della stanza, con le mani incrociate.
― Prego, accomodatevi pure ― disse, facendo segno ai due ospiti di sedersi sulle uniche due sedie accostate al tavolo.
Mattia non ci pensò due volte e con la prontezza di un rapace si avventò su una coscia di pollo, estratta dal tegame posto al centro della tavola che ne conteneva tante altre, ognuna più stuzzicante di quella vista l’attimo prima. Nel frattempo Cristiano era rimasto in piedi, con aria titubante, alternando le occhiate lanciate in giro per la casa a quelle rivolte nei confronti dell’uomo. Nutriva nei suoi riguardi, e in quelli di tutti gli abitanti del paese, dei forti sospetti, placati in parte dalle misere condizioni con le quali avevano raggiunto quel luogo, che non gli avevano mai fatto distogliere l’attenzione dai pasti caldi e dalla brocca d’acqua fresca della quale il fratello aveva già fatto uso. Mille erano le domande che vagavano nella sua mente, e altrettante erano le ipotesi che aveva formulato, alcune delle quali meritevoli di un certo tipo di salvaguardia da parte del suo istinto. Congetture che presto accantonò in un remoto angolo della sua testa, e con calma si sedette al tavolo di fronte al fratello, che aveva appena fatto cadere nel piatto un osso rosicchiato fino all’ultimo pezzetto di carne e si apprestava ad afferrarne un altro.
― Di sopra c’è il bagno, una camera da letto e degli abiti puliti ― fece sapere l’uomo, che dopo una breve pausa continuò ― Ah, domattina la Guida vorrà conoscervi.
― La Guida? ― Cristiano scandì per bene la seconda parola.
― Sì, la Guida. Se non fosse per lui, questo posto non esisterebbe nemmeno ― rispose, avviandosi verso l’uscita.
¬Mattia annuì debolmente per far intendere di star seguendo il discorso, mentre continuava a tenere la testa china nel piatto davanti a sé. Cristiano accompagnò l’uomo con lo sguardo, e una volta che la sua figura si fu dileguata, tornò interessato al suo ricco banchetto.
― Che ne pensi? ― chiese al fratello.
― Beh, sono stati gentili ad ospitarci. Chissà dove ci troveremmo a quest’ora se non avessero aperto quel cancello. ― mormorò in risposta Mattia.
― Dico solo che non ci conoscono e ci stanno trattando come se fossimo qui da anni. Non ti sembra strano?
Mattia alzò in contemporanea spalle e sopracciglia, e diede l’ennesimo energico morso al suo gustoso pasto.
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