Un racconto

Sulla porta dell’aula della classe II H c’era un avviso. Qualcuno avevo scritto con il gesso bianco sul legno della porta “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”, prendendo in prestito la celebre frase dell’Inferno di Dante Alighieri. Mai quella frase fu più azzeccata per descrivere lo stato d’animo di un ragazzo, fisso lì davanti alla porta. Alessio guardava impietrito, con una mano alzata ma riluttante a bussare mentre con l’altra teneva una cartellina azzurra.

«Vuoi stare così ancora per molto o ti vuoi decidere ad entrare?»

Alessio si girò spaventato.

«Sono qua nebò» un piccolo diavoletto era apparso sulla sua spalla.

«Lascialo stare, lo vedi che è spaventato?» disse un angioletto comparendo nell’altra spalla in mezzo ad una nuvola bianca.

«Chi diavolo siete?» chiese il ragazzo.

«Hannah Montata Panna e Santana, chi vuoi che siamo?» disse il diavoletto.

Alessio si allontanò dalla porta.

«Avanti tesoro, perché sei così spaventato? È un bel racconto quello che hai scritto, vedrai che piacerà» disse l’angioletto.

«Non mi preoccupa questo…è che…questo racconto parla di me e lei» disse Alessio sconsolato.

«Te l’avevo detto, una ragazza di mezzo, e conoscendoti sarà una gran stronza.»

«Linguaggio prego!»

Alessio scosse la testa.

«Lei è perfetta…potrebbe avere chiunque, perché dovrebbe stare con un ragazzino come me?»

Il diavoletto roteò gli occhi.

«Senti zio, per prima cosa la perfezione non esiste e secondo…»

«Oh che dolce, parlami di questa ragazza tesoro» disse l’angioletto andando a svolazzare davanti agli occhi di Alessio.

Il ragazzo si appoggiò al davanzale della finestra e guardò fuori. Il cielo azzurro era decorato con piccoli cumuli di paffute nuvole tinte di rosa e arancione dal tramonto.

«Lei è bellissima. Ha gli occhi azzurri come il mare di costa Rei.»

«O novello Foscolo, dacci un taglio che mi si stanno cariando i denti.»

«Sei un bruto! Un bruto e un barbaro!» disse l’angioletto indignato. «Non vedi come quest’anima candida e pura cerca di far uscire le sue emozioni?»

«Ma cosa stai dicendo?» disse il diavoletto esplodendo in una fragorosa risata.

«Anima candida e pura?! Ma lo vedi che ha quattordici anni? Cosa pensi che faccia tutto quel tempo in bagno? Che legga poesie?»

Il ragazzo arrossì violentemente e si allontanò.

«Alessio fermo! Non ascoltare quel…piccolo porco.»

Il diavoletto trasformò il suo viso in una testa di maiale e grugnì forte.

«Quanto è fastidioso…» disse l’angioletto. «Senti, Alessio, è normale avere certi pensieri, ma tu non sei solo questo, sei molto di più, provi dei sentimenti per questa ragazza no?»

Alessio sospirò sconsolato.

«Io la amo» sussurrò guardandosi le scarpe.

L’angioletto lo guardò commosso.

«Ma cosa vuoi che ne sappia un ragazzino dell’amore!» disse il diavoletto seccato.

«L’amore non ha età!» gli disse arrabbiato Alessio.

Di nuovo si guardò le scarpe sconsolato.

«I-io non so cosa sia l’amore, va bene, ma chi lo sa? Chi può in tutta sincerità affermare di conoscere l’amore?»

Il diavoletto aprì bocca ma l’angioletto gliela richiuse lanciandogli contro un cumulo di nube.

«Io so solo che sto bene quando sto con lei. Tutti i pensieri tristi passano appena vedo il suo sorriso. Quando vedo i suoi occhi…mi sembra di essere in grado di far tutto, essere forte come Ercole e…non so volare sulla Luna! Ecco quando sto con lei mi sembra di volare»

Il diavoletto si mise un dito in bocca e finse di vomitare.

«Mi piace come gioca con le ciocche di capelli mentre è concentrata, adoro guardarla quando legge i miei racconti e provare ad indovinare a che punto è, quando ride divertita o è seria e attenta. Adoro la sua chioma di capelli scuri e ricci che nelle giornate umide diventano indomabili come…come il cavallino rampante della Ferrari o Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, perché lei è esattamente così: libera fiera e selvaggia…nel senso buono del termine»

Il diavoletto fece comparire una lametta e si tagliò le vene.

«Adoro parlare con lei, come mi guarda quando mi faccio prendere dalla passione e attacco con dei monologhi di Storia. Adoro il lunedì mattina perché finalmente la rivedo, allungo la strada per scuola e la aspetto a quell’incrocio. La vedo già da lontano che mi saluta con la mano e quel suo sorriso così speciale e devo trattenermi dal correrle incontro»

«Sei un cane che vuole farle le feste?» disse spazientito il diavoletto con le braccia incrociate.

L’angioletto divenne rosso dalla rabbia e si trasformò in un mostro di ghiaccio. Urlò al diavoletto che si spaventò così tanto da sparire in una nuvola di vapore.

L’angioletto tornò normale.

«Continua caro» disse dolcemente.

Alessio lo guardò un attimo spaesato, poi riprese il filo del discorso.

«Io non so se questo sia amore, ma sicuramente se non lo è ci va vicino. Lei…lei mi fa sentire vivo, voglio dire, so che esisto quando sono con lei. Da quando l’ho conosciuta, tutto è diverso, il sapore del cibo è diverso, la musica ha un altro suono…persino gli allenamenti in piscina sono più leggeri! Tutto è più…semplice…non so da quando c’è lei tutto mi sembra possibile, mi sembra di essere in un cartone della Disney. E lo so che non devo idealizzarla…ma…come faccio? Ehi ma mi stai bagnando!»

L’angioletto aveva dei fiumi che uscivano dagli occhi talmente era commosso.

«Ci penso io» disse ricomparendo il diavoletto e ficcò dei tappi negli occhi dell’angioletto.

Alessio guardò la porta della II H. Strinse la cartella contenente il suo racconto e si diresse convinto. Uno due tre passi e si girò improvvisamente per riguadagnare l’uscita.

L’angioletto si tolse i tappi e subito gli si oppose, ma Alessio lo fece sparire con un movimento del braccio.

«Frari fai bene, in fondo lei è troppo per te.»

Alessio si fermò indeciso se ascoltare il diavoletto.

«Ascolta te lo dico da bro, è fuori dalla tua portata. Guardati! Non sei alto, hai un naso a patata da poter sfamare una tribù di cannibali per un mese, un taglio di capelli alla soldato Jane e ti vesti come un disegno di un bambino dell’asilo: a cazz’e cani.»

Alessio si guardò la polo a righe grigie blu e verdi, i pantaloni di velluto verde scuro talmente sbiaditi da sembrare le foglie secche d’autunno dopo una settimana di pioggia.

Il battito del cuore accelerò improvvisamente e il respiro si fece più affannato. Aveva caldo e voleva uscire da lì. Subito.

«Ma non ti credere che lei sia questa dea scesa in terra solo perché ti fa mettere sull’attenti il piccolo Franz eh.»

Alessio lo squadrò con odio.

«È una ragazza frari, ha dei difetti, prova ad elencarmene qualcuno.»

Alessio fu colto alla sprovvista e balbettò qualcosa, ma almeno il battito del cuore e il respiro tornarono regolari.

«Sei un caso disperato nebò…iniziò io: è rumorosa.»

Alessio lo guardò perplesso.

«Frari non dirmi che non ti sei accorto come respira, sembra una teiera.»

Alessio ci pensò su e sorrise. Ogni tanto aveva il respiro pesante, era vero.

«Si mangia le unghie…le ha sempre tutte rovinate» aggiunse il ragazzo.

«Per non parlare della pellicina! Si tira sempre la pellicina attorno alle unghie, minca nebò sembra Jack lo Squartatore.»

«È vero!» disse ridendo Alessio.

«È un po’ troppo autoritaria.» osservò il ragazzo.

«Un po’? Frari ci sono certe giornate che levati Hitler o Stalin, da prendere a schiaffi a due a due finchè non diventano dispari.»

Alessio sorrise.

«A schiaffi magari no…è che è perfettina. Ci tiene che vada tutto bene e che ognuno dia il massimo, non è poi un difetto a pensarci bene.»

«Eja frari…ma è il giornalino della scuola…chi se lo fila?»

«Le cose o si fanno bene o non si fanno.»

Il diavoletto gli svolazzò sopra la spalla e si appoggiò alla sua testa.

«Allora anche questo racconto. Ormai lo hai fatto, finisci il lavoro e faglielo leggere.»

Alessio guardò la cartellina azzurra e sospirò.

«Andiamo tesoro, provaci, dalle una possibilità, magari ti sorprenderà» disse l’angioletto comparendo nell’altra spalla.

Alessio si avvicinò lentamente alla porta scortato da quei due strambi amici. Si fermò di nuovo davanti, pronto a bussare.

«Scusate ma voi due…cioè adesso vi ho tipo adottato?» si fermò a guardarli.

«Zio ancora non hai capito che siamo dentro la tua testa?» disse il diavoletto spazientito

L’angioletto annuì con un sorriso compassionevole.

Alessio ci pensò su e poi fissò attentamente il diavoletto.

«Oh ma cosa…bruttu fill’e…» e il diavoletto sparì con un puff.

«Ben fatto tesoro, non abbiamo bisogno di lui» disse l’angioletto soddisfatto.

Alessio guardò sornione l’angioletto.

«Oh no…no no…ingrato!» e anche l’angioletto sparì tra sbuffi di nubi.

Finalmente solo, Alessio tornò a fissare la scritta dantesca sulla porta.

Il battito del cuore accelerò ma stavolta i piedi restarono ben saldi al suolo.

Nella sua testa partì una musica. Riconobbe le note di “Highway to Hell”. Sorrise e mosse la testa a ritmo con la canzone. Alzò il braccio per bussare ma si fermò a metà strada.

Strinse la cartella azzurra.

«Al diavolo» mormorò.

Senza bussare, aprì la porta.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Mi piace quando un racconto mi riporta indietro nel tempo. Penso ci sia qualcosa di magico nel primo amore, difficilissimo descrivere le sensazioni ma ci sei riuscito in pieno. Pensieri contrastanti, caldo, freddo, paura e estasi. Sensazioni uniche

  2. “Qualcuno avevo scritto con il gesso bianco sul legno della porta “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”,”
    una cosa del genere è successa anche a me, ma la dicitura era meno simpatica 😂

  3. Sembra il copione per un divertente cartone con l’angioletto e il diavoletto che compaiono e scompaiono “puff” all’improvviso. Calarsi in un adolescente è un’impresa impegnativa ma tu ci sei riuscito.

  4. A Costa Rei ci sono stata ieri. Il mare era bellissimo come sempre. A Il miraggio tutto molto squisito. Molto buono anche il tuo racconto, direi, tra il dolce e l’ amarognolo, in un crescendo di bonaria e simpatica derisione degli amori adolescenziali. Ho sentito aria di casa nelle varie espressioni tipiche del linguaggio giovanile… “parigino”.😉