Un ragazzo normale

Serie: Odi te stesso?


Un uomo. Un uomo imbranato, pigro, incapace ed estremamente insoddisfatto verso se stesso. Furente verso chi ha fatto carriera o semplicemente verso chi è felice. Jonathan - così si chiama - se la prende con tutti, ma soprattutto con Christine, la sua ragazza. Da anni la loro convivenza è lo specchi

Jonathan era un ragazzo di ventisette anni. Un ragazzo normale, avrebbero detto parenti e conoscenti. Aveva concluso le scuole superiori “con un calcio in culo”, come si suol dire, e iniziato invano l’università. Dopo qualche mese di studio goffo, decise di mollare, mettendosi svogliatamente alla ricerca di un lavoro; fece il magazziniere, il commesso, il cameriere in un fast-food. Arrivò infine a fare l’operaio edile; un lavoro molto duro e pagato modestamente.

Una rabbia furiosa, ardeva come la benzina dentro Jonathan. Tutto questo accadeva dentro di lui, nella sua testa. Teneva dentro una grande angoscia per il futuro, ed era insoddisfatto verso se stesso, tanto che quasi provava vergogna a guardarsi allo specchio. Rabbia per non aver osato e perseverato a sufficienza; rabbia di essere un incapace, per non aver saputo farsi valere quando serviva; rabbia verso i genitori, quei maledetti vecchi che non lo avevano mai capito e lo consideravano un debole, uno scansafatiche, la pecora nera della famiglia; e infine rabbia verso la sorella laureata a pieni voti in una prestigiosa università e avviata a una brillante carriera. Lei, a differenza dei genitori, non aveva smesso di credere in lui e anzi era sempre stata disposta a stargli vicino e ad aiutarlo, almeno fino a quando non fu evidente che lui l’aiuto non lo voleva. Lui odiava la sorella; lei ce l’aveva fatta e lui no; lei possedeva qualcosa che a lui il destino aveva negato.

Rabbia verso Christine, la sua fidanzata. Christine era una ragazza graziosa, umile, poco sveglia e poco intelligente. Il suo temperamento era debole e sottomissivo. Ma lo amava più di chiunque altro. Lei c’era stata nei momenti più bui della vita di Jonathan; lo aveva aiutato ad alzarsi le mattine in cui non aveva le forze per iniziare un’altra giornata di merda. Aveva subito i soprusi e la forza fisica, ma lei non mollava e nemmeno contemplava l’opzione di uscire da quel gioco perverso e ingiusto.

In cuor suo, Jonathan la odiava più di chiunque altro – come tutta risposta alla sottomissione amorosa della ragazza. La vedeva come una ragazza insulsa, e la sua fragilità e impotenza suscitavano in lui furore invece che dolcezza. Furia che, nel suo subconscio, nasceva dalla consapevolezza di essere un debole, proprio come lei, mentre avrebbe voluto essere un uomo grande e forte, un punto di riferimento per tutti, uno che faceva grandi cose e magari anche un leader, perché no.

Il senso di impotenza, di essere un piccolo omuncolo insignificante era struggente e logorante. Tutto questo dava in risposta un odio segreto verso il prossimo… specialmente se questo prossimo aveva un ottimo lavoro o semplicemente era felice. Ma, mentre tutti si erano allontanati, Christine viveva con lui. Era la preda perfetta per sfogare il suo malessere. Non che ce l’avesse particolarmente con lei, ma era… ecco, era a portata di mano. E la conoscenza intima e profonda della ragazza faceva risaltare nella sua mente la sua nullità di uomo in maniera inaccettabile.

* * *

L’appartamento era sudicio e malandato. Il duro lavoro della ragazza riportava un briciolo di ordine e decoro in quel tugurio. Jonathan poltriva sul divano, dopo una giornata particolarmente difficile in cantiere, mentre Christine – che era bassina – saltellava per tutta la cucina intenta a preparare la cena. Il ragazzo non riusciva a concentrarsi sulla televisione; quella stupida ragazzina saltellava di gioia, dopo una giornata a rimuovere il sudiciume, nonostante la loro precaria condizione economica. Quella stupida creatura era felice. Lui era arrabbiato. Questo lo faceva imbestialire. Ad un certo punto, la vocetta squillante chiamò a tavola; la testa gli faceva male e quei versetti acuti penetravano come frecce nel suo cervello, infastidendolo ancora di più.

Si sedette al tavolo, muto, e cominciò a mangiare. Il polpettone era delizioso. Christine era un’ottima cuoca; lui invece avrebbe saputo rovinare persino un uovo in padella. Anche questo lo faceva arrabbiare.

“Com’è andata al lavoro, Jonny?” chiese aggraziata e innocente la ragazza.

Jonathan ingurgitava la cena mal masticata, affamato e deliziato dagli aromi della carne.

Non rispose; era troppo adirato per sostenere una conversazione non violenta. Finì e andò dritto sul divano, dove dormì fino al giorno successivo.

Serie: Odi te stesso?


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. una situazione esistenziale e psicologica davvero esplosiva, tipica delle nostre società competitive. Con giusta ironia definisci Jonathan un “ragazzo normale”. I personaggi sono ben delineati, a partire dal protagonista e il clima generale fa da prologo a qualcosa di terribile, io credo.