Una cena di compleanno

Sabato sera di fine febbraio.

E una cena di compleanno come tante e per pochi intimi alla trattoria delle Uova D’Oro.

Il festeggiato, Luciano, compiva cinquantadue anni.

Era uno scapolone con il vizietto del cognac, stralunato, grossolano e simpaticissimo.

Si era presentato con Yelena, una misteriosa ed elegantissima signora ucraina bionda e slanciata.

Era la sua nuova fiamma o una semplice amica? Quel che era certo, è che avrebbe dato il via ai più disparati ricami.

Il pettegolezzo, all’interno di una compagnia di persone che si conoscono da una vita, non può essere sopito. Essendone parte vitale, e collante efficace come pochi altri.

Ma non lo avrebbero mai usato come moneta sociale al di fuori di quella cerchia di amici lì presenti: c’era il classico codice d’onore non scritto.

Ivan, che stava andando dritto spedito verso i sessanta portati con la naturalezza di un adolescente, non smetteva un attimo di parlare delle sue mirabolanti avventure da guascone di provincia sguinzagliato per il mondo.

Era divorziato con una figlia già grande, e la sua compagna di vita attuale si chiamava Maria.

Ne aveva portata un po’ anche per quell’occasione.

Aveva già programmato di smettere in pompa magna una volta compiuti i settanta: per il momento non aveva alcuna intenzione di farlo.

Poi c’era Matilde, una bella donna di 46 anni dai capelli di un biondo acceso e qualche chilo di troppo che però non stonavano affatto su quel sorriso un po’ sornione ma bellissimo, e su quegli occhi da lago alpino.

Era sposata, ma ogni volta che la compagnia chiamava, cascasse il mondo lei doveva rispondere presente.

Davide, quarantotto anni, per l’occasione aveva fatto sfoggio della sua nuova BMW serie 5 lasciando di sasso tutti i suoi amici.

E ovviamente aveva dato un passaggio a chi ne aveva bisogno: non aspettava altro che glielo chiedessero.

Fin da ragazzo andava matto per le vetture tedesche sportive.

Ci aveva speso un patrimonio e aveva una moglie che era sempre sul piede di guerra, ma nonostante tutto andavano avanti.

E poi Maria Sole, quarantuno anni, la più piccola della brigata, succinta e un po’ pacchiana nei suoi pizzi e nelle sue calze nere, e che esibiva le sue conquiste maschili quasi compiacendosi.

Era licenziosa e detestava l’ipocrisia.

Ostentava quel suo essere emancipata.

Aveva parecchie storie borderline alle spalle, ed ora si godeva il suo status di single.

In mezzo a tutta questa effervescenza, Giovanni si sentiva un pesce fuor d’acqua.

Sapeva stare in compagnia e l’arguzia non gli mancava di certo, ma aveva come una sorta di limitatore, di freno a mano perennemente tirato.

E non se ne vantava affatto… per lui era quasi un’afflizione.

A mezzanotte passata e pagato il conto, uscirono tutti quanti dalla trattoria per decidere il da farsi.

Giovanni non aveva smesso per un attimo di guardare Matilde.

Sapeva però che era impegnata, e non aveva nessuna intenzione di intromettersi.

Luciano andò via con Yelena.

Davide accompagnò Ivan dopo avergli gentilmente intimato di buttare a terra il suo spinello, e Maria Sole.

Giovanni si guardò attorno, scese come dalle nuvole e si rese conto di essere rimasto da solo.

No, non sarebbe finita lì.

La notte era ancora giovane.

Si mise al volante, uscì dalla circonvallazione e raggiunse Santa Drusilla di Sotto dove c’era quel nuovo locale che da un po’ si era messo in testa di provare: il Quasar.

In centro paese prese una strada a destra seguendo le indicazioni del navigatore satellitare.

Con i fermi immagine di Matilde che ancora gli volteggiavano attorno.

Ma non appena partiva con i voli pindarici, il suo giudice interiore inesorabile gli tendeva agguati come un posto di blocco a luci spente dietro a una curva in una statale deserta e tranquilla.

Non c’era proprio bisogno di mettersi in mezzo ai casini, per giunta destabilizzando un matrimonio.

Di donne il mondo era pieno, e allora scacciò via quei pensieri intrusivi e malsani chiedendosi chi avrebbe potuto incontrare al Quasar.

Forse qualche bella signora di mezza età e divorziata…dimenticandosi che gli anni stavano passando pure per lui.

Le prime rughe in volto, i capelli radi e spennellati di bianco.

Come la nebbia che stava scendendo fitta dopo quattro giorni ininterrotti di piogge torrenziali.

La visibilità si era ridotta a pochi metri.

E le strade erano sempre più anguste, con asfalti sconnessi e curve ad angolo retto.

In mezzo a una di queste Giovanni si piantò ed ebbe un tuffo al cuore.

Cominciava a capirci veramente poco.

Poi proseguì, non avendo alternative.

E scorse a sinistra una laterale ancora più stretta: il navigatore oramai lo aveva abbandonato, ma ad intuito riconobbe la via che lo avrebbe condotto a destinazione, dopo pochi chilometri.

Inchiodò e decise in una frazione di secondo, scegliendo di rinunciare a pochi passi dal traguardo.

Proseguì dritto, con la carreggiata che poco alla volta si faceva più larga e la nebbia che si diradava.

Deluso da sé stesso e con in mano un pugno di mosche, alle tre meno dieci arrivò a casa e si buttò sul divano addormentandosi quasi all’istante.

Si destò a metà mattina, colazione abbondante e il solito rituale delle news locali del fine settimana sul web.

Era successo qualcosa, in quella stradina che aveva deciso di non imboccare.

Qualcosa di brutto.

Un vecchio ponte aveva ceduto, proprio attorno all’una e mezza, travolto dalla piena di un torrente.

Quattro autovetture che stavano transitando, dirette proprio al Quasar, erano state portate via dalla furia delle acque.

Nessuno era sopravvissuto.

Quel maledetto freno a mano forse gli aveva salvato la vita.

Il suo telefono vibrò.

Davide gli aveva scritto.

“Credi che non mi sia accorto che ieri sera la Matilde te la mangiavi con gli occhi? Avviso ai naviganti…è in fase di separazione dal marito. Se hai un po’ di pazienza ti puoi giocare le tue carte.”

Giovanni lasciò lì il telefono ed uscì fuori in strada respirando a pieni polmoni.

La sua bocca disegnò un sorriso.

Dolce e amaro al tempo stesso.

La vita era questione di attimi, e di scelte.

Com’era quel film, Sliding Doors?

Guardò il sole protetto dai suoi occhiali scuri, e da lì si promise di ricominciare.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Molto denso e originale. Sei riuscito a concentrare più essenze e risonanze in un solo spazio circoscritto. Interessante la gradazione di intimità e di coinvolgimento che hai apportato alla voce narrante.

  2. Scritto benissimo! La parte del viaggio verso il locale ha un qualcosa di inquietante, un climax che si “strozza” quando Giovanni decide di tornare a casa. D’effetto anche la notizia del crollo del ponte. Bravo!

  3. Di nuovo bravo, Roland. Pochi ingredienti ma un’ottima riuscita.
    Forse ti è saltata una riga, mi pare riguardi Ivan.

    Godibile, interessante. Semplice ed efficace. Filosofia quanto basta per dichiararti tiratore di stoccate.

    Menzione di merito per gli occhi da lago alpino: questa me la rivendo, in barba al codice d’onore.

    Vada per Matilde, allora…

    1. Grazie Robert, questi apprezzamenti mi fanno molto piacere.
      La storia è stata ispirata da una cena alla quale ho davvero preso parte di recente.
      Matilde (ha un altro nome, è ovvio) esiste veramente.
      Peccato però che non abbia alcuna intenzione di separarsi 🙂