
Una serata tranquilla
Stavo guardando una vecchia puntata di Hunter, uno dei miei telefilm preferiti. Avevo giĆ bevuto parecchie birre, che ammassavo mano a mano per terra, accanto al divano; erano le nove di sera e pareva una serata tranquilla, di quelle da cui non ti aspetti nulla di particolare.
Dicevo, Hunter. Roba tosta, non come C.S.I. o simili. Qui si trattava di un tizio che in ogni episodio distruggeva almeno unāauto, metteva a ferro e fuoco mezza cittĆ e sparava a talmente tanta gente da far impallidire John Wayne.
Veniva da pensare che tizi così non ce ne sono più, nossignore.
Presi il telecomando, alzai il volume per godermi al meglio una sparatoria, ma proprio in quel momento suonò il telefono.
Chi diavolo mi chiamava a quellāora?
Abbassai il volume del televisore, mi alzai svogliato dal divano, col vago sentore che stesse per terminare la quiete.
Il telefono era in corridoio. Ci andai scalzo, senza mettermi le ciabatte e senza accendere la luce, con la testa che iniziava ad essere confusa per le troppe birre.
Osservai il cordless.
trii trii trii seguitava.
Mi grattai barba, pensando che avrei dovuto raderla al più presto, e mi decisi a sollevare il ricevitore.
āPronto?ā
Non sentivo nulla.
āPronto?ā ripetei scocciato.
āCiaoā fece una voce tremolante. Una voce che conoscevo bene. Dopo sei anni di matrimonio non potevo non riconoscerla.
āCiaoā dissi guardingo.
āCiaoā.
āQuello lāhai giĆ detto. Cosa vuoi?ā
āNoto che la gentilezza ĆØ rimasta il tuo forteā, disse. āTi disturbo? ChissĆ quanto sei impegnatoā.
Il suo famigerato sarcasmo.
Sospirai. āPer bere birra e guardare la tv ci vuole molto impegnoā.
āOh, sƬ. Immaginoā.
āSai, Hunter ĆØ molto più simpatico di teā dissi sbadigliando.
āChi ĆØ Hunter?ā la sua voce iniziava ad innervosirsi. Riuscivo ancora molto bene ad irritarla in un breve lasso di tempo. Quando ci mettevamo dāimpegno avevamo del talento vicendevole, da quel punto di vista.
āLascia stareā dissi.
āNo, adesso mi spieghi chi cazzo ĆØ Hunter. E cosa cāentraā.
āSu, smettila di fare la bambina e dimmi perchĆ© mi hai chiamatoā.
āNo! Spiegami cosa intendevi!ā
āNon urlare, cristo di dio!ā
Diedi un pugno alla mensola su cui era appoggiata la base del telefono, che traballò, mi feci un male cane. Ma il male era nulla in confronto alla furia che allāimprovviso mi stava facendo pulsare le tempie. Dal corridoio tornai nella sala, ansimando. Hunter stava inseguendo dei balordi e la sua auto aveva giĆ perso entrambe le portiere.
Spensi la luce, mi dava fastidio.
āOk, adesso controllatiā, mi redarguƬ lei.
āNon tirarmi per il culoā.
āSenti, caro, ĆØ da due giorni che non ho un esaurimento, madonna! Vuoi per favore, e sottolineo per favore, darti una calmata? Possiamo per una volta recitare la parte di ex marito e moglie che non si scannano? Ma guarda! Dovevo proprio chiamare te per farmi saltare di nuovo i nerviā¦ā
Andai in cucina, aprii il frigo e presi altre due birre. Tornai in sala. La luce della tv dardeggiava nel buio della casa come tante scariche epilettiche. Buttai una birra sul divano, lāaltra la aprii.
Hunter ora aveva beccato i furbastri e li teneva sotto tiro con quella specie di cannone che aveva per pistola.
āMa mi stai ascoltando? Pronto?ā
āTi sto ascoltandoā confermai distratto.
āChe stai facendo?ā
āTe lāho detto prima. Guardo la tv e bevo birraā.
āHai ripreso?ā
āA guardare la tv?ā
āScemo. A bereā.
āHo ripreso. Ma posso fare ancora meglio. E tu?ā
āIo? Diciamo che forse bevo leggermente più di prima. A questo proposito vado a farmi un Martini. Aspetta qui un minuto, lascio il cordless sul tavoloā.
Udii un tintinnio di bottiglie e bicchieri. In tv davano merdosissime pubblicitĆ .
āEccomi, caroā.
āMartini con ghiaccio?ā
āNo, liscioā.
āUh, allora qualcosa di decente lāhai imparato da meā.
āImpiccatiā.
Bevvi un poā di birra. Guardai le luci dei lampioni e delle insegne attraverso le tende. Udivo il rumore delle automobili, un fiume in piena, chissĆ dove andavano tutti a quellāora.
āE cosƬā, ripresi, āstiamo bevendo entrambi più di primaā.
āTutto sembrerebbe confermarloāā.
Iniziava a strascicare la parole, la sua voce suonava impastata, come se al posto della lingua avesse una palla da tennis. Brutto segno.
āDƬ un poā, signora. Non ĆØ che hai ripreso anche con gli psicofarmaci?ā
Si schiarƬ la voce. āIn effettiā¦ā
āIn effetti cosa?ā
āBĆØ, sƬ, li sto prendendo. Però sotto prescrizioneā.
āMescolandoli allāalcol?ā
āMescolandoli allāalcolā.
Buttai a terra lāennesima lattina vuota, presi quella sul divano e lāaprii. Ormai Hunter era ai titoli di coda. Cazzo.
āAscolta,ā dissi alterato, ācosāhai in quella fottuta testa?ā
āAssocio pastiglie e alcol, lo so che sono pericolosi. Non sono nata ieriā
āE allora perchĆ© lo fai?ā
āPer la ragione più vecchia del mondo: perchĆ© mi piace. E tu? Vorresti dirmi che non ĆØ cosƬ anche per le tue birre del cazzo? Forse ti uccideranno più lentamente, ma il risultato finale sarĆ lo stessoā. Mi sedetti sul divano, esausto. Questa conversazione mi stava prosciugando le ultime energie rimaste.
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia, portai il cordless dallāorecchio destro a quello sinistro. āSai, forse ĆØ per questo che non ha funzionato fra noi, nĆ© avrebbe mai potuto funzionare. Forse siamo troppo ugualiā.
āProbabilmente hai ragioneā biascicò.
Restammo qualche minuto in silenzio. Io seduto sul divano al buio, a tracannare birra, e lei dalāāaltra parte del telefono che beveva Martini. Spensi la tv, ormai davano solo spazzatura. E avvertii qualcosa, qualcosa che mi faceva male e paura allo stesso tempo.
āCi sei?ā chiesi nervoso.
āSƬ, calmati. Non scappo. Quello ormai lāho giĆ fatto tempo faā e rise.
La sua bellissima risata.
Per un lungo istante mi si chiuse la gola.
āChe hai, ubriacone?ā disse lei dopo un poā. āNon penserai di essere peggiore di me, vero? Non penserai di bere più di me!ā
āNon credo proprioā dissi, cercando di ricompormi. āSenti, posso farti una domanda?ā
āNo!ā disse subito lei. āNon ti azzardareā.
āIoā¦ā
āStupido di uno scemoā la sua voce iniziava a screpolarsi, tirò sul col naso. āSo cosa vuoi dirmi, e sai che io vorrei sentirtelo dire. Ma non credo di essere in grado di reggere in questo momento. Per cui no. Scordateloā.
CosƬ finii la birra in silenzio, e sentii lei che si soffiava il naso. Mi sdraiai sul divano a pancia in su. Ormai la tempesta si era finalmente placata, eravamo tornati a navigare in una sorta di quiete temporanea.
āMi sa che andrò a farmi un altro Martini,ā disse piano. āStammi beneā.
āNo, aspettaā. Non volevo che riattaccasse.
āCosa?ā
āAlmeno dimmi perchĆ© mi hai chiamato. Vuoi?ā
āBĆØā¦ā
āBĆØ?ā
āTi dico la veritĆ . Non⦠ecco, non me lo ricordo piùā.
Iniziai ridere. Lei pure; dapprima soffocando le risate, poi liberandole in un flusso incontrollabile. Le nostre risa si mescolarono ai singhiozzi, e ad un certo punto non sapevo più se ridevamo o pingevamo, o tutte e due le cose.
Sapevo solo che le luci della cittĆ seguitavano a illuminare la sala buia come la notte, accompagnate da tutta quella gente in auto che andava chissĆ dove.
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