UN’ALTRA GUERRA
Cominciarono a passare alle prime ore del mattino; il cielo era ancora scuro, l’aria fredda. Merlino aprì gli occhi, si sollevò sul letto, scostando la pesante coperta di lana. Andò alla finestra e dischiuse lentamente lo scuro di legno.
Erano soldati: marciavano in silenzio verso le terre dell’est, con lunghe lance e potenti archi; indossavano fiere armature di cuoio e ferro. Pesanti carri di legno erano trainati da lenti cavalli, formando un lungo corteo che sembrava non finire più.
I militari erano divisi in gruppi, a fianco dei quali alcuni portavano grosse torce per rischiarare il percorso; la strada era molto larga, polverosa, e tagliava a metà una vasta campagna.
Il vecchio si avvicinò al camino, scosse la cenere e ravvivò un debole fuoco, che illuminò malamente la stanza. Prese allora una grossa candela dal tavolo e la accese con un ramo secco.
Cominciò a salire, un poco a fatica, la scala di pietra che portava al piano superiore del casolare. Anche Arturo si era svegliato, e stava guardando giù, verso la strada.
“Cosa succede, nonno?” chiese il ragazzo.
“Soldati, figliolo mio, si dirigono ad est. Chissà da quanto stavano preparando questa marcia.”
“Sono centinaia e centinaia, tutti armati, mi fanno paura!”
Il vecchio guardò suo nipote: loro due erano gli unici rimasti di una numerosa famiglia.
“Andiamo giù, Arturo, a mangiare qualcosa; per oggi non si dorme più.”
Una volta scesi Merlino tagliò alcune fette di pane scuro, e scaldò del latte sul camino. Poi mangiarono in silenzio, mentre fuori la lunga processione sembrava giungere al termine.
“Nonno” disse ad un tratto Arturo “mi racconti ancora una volta come siamo sopravvissuti alla Grande Ecatombe?”
Il vecchio lo guardò, si alzò lentamente dal tavolo e aggiunse rami secchi al fuoco.
“Prima devo fare una cosa” rispose al ragazzo.
Tirò fuori dalla credenza un grosso quaderno con fogli di spessa pergamena, assieme ad una corta matita. Con la mano rugosa e un poco tremante scrisse: “Novembre 2056 – oggi inizia un’altra guerra.”
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