
VALZER NOTTURNO
Un improvviso bagliore mi fece istintivamente chiudere gli occhi, come se la luce mi avesse davvero accecata. Eppure, quando li riaprii, la vista era intatta, come se non l’avessi mai perduta. Mi dissi che fosse solo una reazione automatica, come quando assecondi uno scherzo che conosci già, solo per compiacere l’altro.
Intorno a me l’aria era immobile e densa, ma non mi spaventai. Quell’adrenalina, quel tremito sottile che avevo sempre provato… una volta che il sipario si spostava, diventava la mia più intima amica e fedele compagna. Amavo questi momenti, che, sfortunatamente, non duravano più di qualche minuto. Effimeri, sì, ma ogni secondo di quel legame intenso, anche se fugace, mi appagava.
Poi, le grida e gli applausi del pubblico mi riportarono alla realtà. Anche se non potevo vedere i loro volti, li percepivo, presenti e avidi, nell’oscurità. Quando la musica iniziò, il mio corpo prese a muoversi, e così ebbe inizio il mio spettacolo.
Come caricata da un carillon, la melodia che si diffuse era di un’angoscia romantica, antica e soave. Raccontava di un amore lontano, perduto nel tempo: La donna, in lutto, ogni notte si recava nella foresta del suo villaggio, là dove il laghetto rifletteva la luce lunare, che creava un bagliore quasi ultraterreno, per ricreare la danza del suo matrimonio. In quel luogo sospeso tra sogno e realtà, specialmente nelle notti di luna piena, lei danza leggiadra e bellissima, indossando il suo vecchio abito bianco, facendo innamorare le stelle.
Si dice che, una notte, mentre danzava avvolta da quella luce incantata, una figura maschile si fosse unita a lei e, insieme, muovendosi tra un passo e l’altro, i due fossero stati trasportati nel cielo. Forse era la luna stessa, innamorata della sua grazia, a discendere per portarla via. O forse, quella notte, il fantasma del marito defunto era venuto a prenderla, per danzare un’ultima volta, tra il sogno e l’eternità.
Era una storia struggente, ma rimaneva tra le mie preferite. Anch’io volevo riuscire a danzare così bene da far innamorare la luna di me, sarebbe così romantico!!
Con una piroetta dopo l’altra eseguii tutti i passi alla perfezione. La mia danza, come sempre, era perfetta. Neanche un errore o imprevisto, tutto stava andando alla perfezione. La melodia mi avvolgeva e i movimenti non erano più miei. Sembrava che un’altra volontà invisibile muovesse le mie braccia e le mie gambe, mentre io diventavo la donna della leggenda. Sentivo quasi la luna scendere per sollevarmi, trasportandomi in un volo che sembra reale.
«Guardatemi! Guardate quanto sono bella!» gridavo con l’anima, sebbene non potessi parlare.
Terminando l’esibizione con più di un inchino, venni travolta dall’entusiasmo che saliva dalla platea. Quella sera c’erano molte più persone del solito, forse perché ero a San Pietroburgo, la patria del balletto! Il mio pubblico, alzatosi in piedi, mi inondò di applausi e urla gioiose. Ai miei piedi si erano riversati fiori rossi, splendidi, come un omaggio tangibile alla mia danza. Non avevo mai visto rose così grandi, forse perché era la prima volta che ne osservavo una da vicino. Non avrò fatto innamorare la luna di me, ma tutte queste persone stavano gridando il mio nome: «Rosy! Rosy!»
Bastava questo per farmi dimenticare ogni altra cosa.
Avrei voluto rimanere ancora un po’ a raccogliere gli applausi, ma il mio turno giunse alla fine e una forza misteriosa mi fece uscire dal palco, la stessa di ogni sera… Non era la mia volontà, non era il mio corpo a decidere.
«Sarà la forte responsabilità che ho per il mio lavoro» pensai con un sorriso triste, lasciando che quella forza mi conducesse dietro le quinte.
«Non preoccuparti» mi sussurrò una voce dall’alto, calda e morbida. Un soffio gentile che mi avvolgeva dolcemente in parole rassicuranti. «Domani sera ci sarà un altro spettacolo.»
Era la mia luna, che ogni sera mi confortava dopo l’esibizione. E così, completato il mio compito, mi lasciai avvolgere dal sonno, adagiata nel mio baule, con i fili preziosi del mio talento distesi sul corpo come una coperta, aspettando il momento in cui sarò svegliata di nuovo, per danzare, ancora una volta, con il mio innamorato.
Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Fiabe e Favole
Dall’aria molto poetica questo breve racconto, c’è tanta varietà nei tuoi testi. Userei le stesse parole di Cristiana: a regnare è una nota di “malinconia gentile”.
Grazie per avergli dedicato un po’ di tempo, sono felice ti sia piaciuto!
Grazie per questo racconto, ho imparato molto !
Ne sono molto contenta!
Grazie a te per avergli dedicato un po’ di tempo.
Un racconto meraviglioso, ammaliante e poetico.
Mi sono lasciato cullare dalle tue parole.
Ti ringrazio!!
Un racconto molto dolce, il tuo e scritto davvero bene. Con una nota di fondo che non definirei di tristezza, quanto piuttosto di quella malinconia gentile che pervade racconti classici e antichi come ‘Il soldatino di stagno’. Un breve attimo che culla e poi svanisce, sulle note di un valzer.
Ti ringrazio per le tue belle e romantiche parole.
Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto!