VI. – Il Milleccento

Serie: La Grande Onda


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Thomas esce dall'Arena.

Thomas era di nuovo libero.

Al congedo della sua precedente condizione, postulava una tattica a lungo termine sulla riconquista dei suoi beni, fra cui le pergamene e la sua amata pistola -un prototipo di semi automatica a doppia canna allungata, particolarissima, pesantissima, di gran pregio nella lavorazione e decorazione, affettuosamente da lui chiamata Big G-, che aveva perduto in schiavitù.

Il Capitano fautore della sua liberazione l’aveva riscattato sotto contratto di un lavoro onesto: l’opportuno mimetismo che ogni pirata andava cercando pur di vedersi gli affaracci suoi in città.

Nelle incertezze iniziali, i due scoprirono delle complicità naturali di tendenze: solo dopo aver sfornato insieme un’infinità di pizze, alla ricerca della perfezione nell’impasto, convennero col procedere in due fasi: il fracasso dei forni rivali e l’illegittima requisitio ai mercanti che tornavano in città colla stiva piena di olio, pomodori e mozzarella.

“Questa -spiegava Erre- me l’ha venduta Dom per due spicci. Non sta scritta in nessun registro, mai ufficialmente varata. È invisibile. Noi siamo il calcagno del mondo: questa Caracca sarà il nostro.”

E nel tempo libero Thomas aveva scoperto le vie più biasimevoli della Città, tirando i fili di un’indagine che lo avrebbe portato a certi ex ufficiali di marina, licenziati da una Nave Magistra per inadempimento del dovere.

Questi disgraziati erano nientemeno quelli con cui era salpato sull’Urca, i quali lo conoscevano per Gunnar ed erano all’oscuro dei suoi complotti. Trafficavano fiori di Baraas per la Città Infame: tra i loro storditi clienti c’era uno schiavista col muso spaccato e ricucito, nella cui baracca in fondo alla spiaggia Thomas si era studiato di rubare le pergamene e la pistola dopo notti insonni tra le ombre degli scogli.

In questo avventuroso andirivieni per le vie oscure di Columnia, accadde un insolito scherzo del destino.

Thomas era stato battezzato pirata in età da scuola; era “morto annegato, disperso in mare e tratto in salvo”, per l’autorità conferita a capitani e quartiermastri di operare per conto del Re dei Pirati.

Lui aveva studiato.

Al contrario di quei balordi che navigano per uccidere dietro al ventaglio della libertà, Thomas era consapevole che il pellegrinaggio in mare è il viaggio mistico di ogni uomo in cerca della Verità, e che l’Abisso reclama per proprie le anime che di sopra lo vanno navigando; tanto che intiepidisce le anime, le tenta alla violenza e all’inganno, ne corrompe le attitudini e le conduce al crimine trasformando progressivamente i disgraziati in cadaveri ambulanti, ombre mostruose di sé stessi.

Solo seguendo la rotta tracciata dal Re, si giunge al possesso del vero Tesoro.

Pensando a quel che avrebbe letto nelle pegramene ritrovate, colla pistola in tasca e l’alba crescente, il cuore di Thomas saltò un battito.

E di quel’attimo avrebbe custodito il ricordo per sempre.

Nella solitudine di un momento presente, fitto di rosso crescente in cielo, mescolato a salsedine e legno nel cigolare delle navi e degli uccelli, gli occhi di lei sfocavano il mondo tutto attorno: erano grandi e intelligenti; sui capelli d’oro scintillava il sole nascente, ne sporcava il viso con una lentiggine di matematiche incomplensibili, nella perfezione estetica del viso e dei lineamenti.

Fortemente disilluso dalla vita e dall’amore, Thomas er’abituato a far di conto col disprezzo, colle lontananze -giacché quasi ogni cosa è meschina e la vita degli uomini trova senso solo in mare-, e con tutto quel che discerne l’esser pirata, ossia: costantemente in pericolo.

Tornò quindi al suo alloggio sopr’al Milleccento.

Meditando la propria miseria, aprì le pergamene e lesse:”La Grande Onda”.

Continua...

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