Vivere

Camminando nulla può fermarmi. La vita è un cammino che va vissuta attimo per attimo, secondo per secondo, qualsiasi ostacolo si presenti. Nulla può fermarci. Niente può indurre il mio essere me stesso a diventare quello che non vorrei. Vivere è tutto quel che mi rimane. La unicità nel mio pensiero mi distingue da un altro. Umanità nell’insieme, speciale nel singolare. Se penso che su questa terra ogni essere vivente è un cuore che batte, che vive, che si emoziona, che rimane deluso, che ama, che odia, che piange, che sorride; che vive un’esperienza unica. Anche se uno possa pensare che ognuno di noi sia imitabile, direi che è alquanto impossibile essere un altro. Ci sarà sempre anche se non percepibile, una diversità che ci fa unici. La vita è unicità che determina infinite emozioni.

Credo che sia così e, se mi sbagliassi è pur sempre un mio parere. Che per quanto possa essere sbagliato, in un modo o nell’altro trasmetto emozioni.

Amo il confronto ma con persone o bambini che siano capaci di varcare la mia coscienza. Di fare di me una persona consapevole delle mie azioni, un persona migliore. Può sembrare assurdo ma il più delle volte, in questa epoca, i bambini sono capaci di insegnarci la vero significato dell’intelligenza e coscienza. Non smettendo mai di essere curiosi, innocenti e spontanei.

In questa epoca, manca proprio la spontaneità dell’essere, rimarcando ogni gesto in apparenza. Tutto si basa sull’apparenza senza una sensata concretezza. Che dire! Non so!

Ho trentacinque anni, un ciuffetto color rame sbarazzino, gli occhi azzurri come il mare che riflette il cielo, il mento pronunciato con le guance sempre rosse per la mia timidezza. Sono molto magro, le spalle piccole e alto quando un canguro in posizione eretta, con la pancia sporgente, dilatata.

Non lavoro, sono disoccupato e di frequente mi reco da mio zio ad aiutarlo. Mi piace molto il suo lavoro. È uno scultore. È meraviglioso vedere oggetti o ciottoli privi di significato diventare un qualcosa capaci di trasmettere emozioni. Come se prendessero vita.

Mi piace sognare e molte volte mi capita che con lo sguardo mi perdo in un mondo che non c’è. Sognando ad occhi aperti. Amo la vita e tutto quello che essa rappresenta.

Mi sento rigido, le ginocchia si sono gonfiate come una sfera di ferro incatenata a un prigioniero. Ho come la sensazione di essere bloccato, privo di libertà. Faccio fatica a muovermi. Mi mancano le forze, mi sento terribilmente stanco. Mi sa che dovrei andare dal dottore. Avverto anche una leggera febbre.

Fa parecchio freddo fuori. Mi scoccio di uscire preferirei stare al caldo. Con mio padre che si diverte a guardare i film degli anni 80 e mia madre che gira sempre vicino alla cucina a preparare qualcosa di buono. In questa casetta piccola, ci sono foto ovunque mi giri; di papà quando ha fatto il militare, del loro matrimonio, ma soprattutto foto di me di quando ero piccolo. Mi sembra di vivere nello stesso istante passato, presente e futuro. Avverto dentro di me un senso di pace. Mi affaccio alla finestra e vedo cadere i primi fiocchi di neve. Chiamo a mamma.

“Mamma ha iniziato a nevicare!” mio padre non si smuove, fisso, rapito dallo schermo, continua a guardare il film: occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. Ride di continuo. Ama tutti i film di Lino Banfi.

Intanto, mia madre presa dalla curiosità si avvicina ed insieme guardiamo i fiocchi scendere dal cielo. Mi sento protetto, avverto la stessa emozione di quando ero bambino. È meraviglioso! Vorrei tanto rallentare il tempo, vorrei tanto che le lancette del tempo scorressero come i fiocchi di neve. Sì, è un’atmosfera unica, fuori da questa casetta, osservando i fiocchi, sembra quasi che cadano a rallentatore.

Ecco, mi sento di nuovo la febbre e faccio fatica a muovermi.

Mamma mi guarda preoccupata, “Giuseppe sei pallido!” mi accarezza il viso, mi riscalda la guancia con il calore del palmo della sua mano. Chino la testa e mi appoggio alla sua mano. Mi sento più rilassato, anche se avverto la rigidità nelle articolazioni. “Mi sento tutto rigido, stanco”

“Riposati, stenditi sul letto”

“No, è peggio! Preferisco stare qui, vicino alla stufa”

“Ieri sera hai preso il flexiban?”

“Sì mamma, solo che mi sento anche le mani rigide” Alzando la mano le faccio notare che le dita si sono incurvate.

“Luigi andiamo dal dottore, Giuseppe non si sente bene!” Mio padre con un gomito poggiato sul tavolo e l’altro sullo schienale della sedia, continuando a guardare il film, risponde:

“È inutile andare dal dottore. È l’artrite reumatoide deve riposare”.

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