3/11/21

Alle volte scrivo robe e tutti mi chiedono:”e che te scrivi?” ma che te frega?!

Le ore delle mie giornate scorrono incessantemente tra un tic e l’altro dell’orologio. Si muovono i giorni, tutti uguali, tutti perfettamente identici.

Provo a fare un sacco di cose che mi fanno sentire stupida: cucino manco fossi alla prova del cuoco, perdo la mattinata dietro un lavoro stupido che forse non dovrei considerare neanche un lavoro, disegno cose che in realtà fanno ribrezzo, ballo, anche se in realtà non lo dico mai a nessuno perché poi capita che quando lo dici di default ti rispondano “ma in che senso balli?”, “ballo!”, “ma nel senso che metti la musica e balli?”, “ma si, cosa c’è di strano?”, “ma boh, fa strano che <balli>”; e quindi non lo dico mai…quasi mai.

Poi ho questa cosa che scrivo. Scrivo tanto anche senza un fine.

Scrivo testi senza argomenti di fondo da quando ero piccola. Mi ricordo che uno dei personaggi principali delle mie storie era Elmer aka l’elefante mascotte della scuola. Ironico il fatto che la mascotte della mia scuola elementare fosse l’animale che più rappresenta il mio modo di vedere il mio aspetto fisico.

Quindi scrivevo una marea di storie avvincenti che nessuno poi voleva mai leggere, poi quando scrivevo a scuola quelle quattro righe meditate in mezz’ora rispetto alle due che ci dava la maestra (perché poi volevo disegnare e farmi gli “affari miei” o cazzi miei come si suol dire in termine tecnico) e le consegnavo mi sentivo dire “ma sai che non sei malaccio a scrivere?”, ma allora dove eravate quando volevo esprimervi tutto il mio Io interiore, le mie paranoie e le mie insicurezze dietro la corazza di quell’elefante verde? (sì, verde perché ogni classe aveva il proprio colore, ed io, in quinta C, ero la classe verde)

Qualsiasi mio testo cela una quantità enorme di mie emozioni, ma spesso nessuno riesce a coglierne tutte le sfumature poiché velate da una miriade di sostantivi e sinonimi nemmeno troppo complessi, ma pochi hanno realmente la volontà di cercarsi il significato sul dizionario; quindi tutti quelli che leggono i miei testi fanno voli pindarici tra un capoverso e l’altro senza capirci assolutamente niente. “È un bel testo -perchè complesso- ma non ci ho capito molto”,commento di mamma.

Alla fine però non importa. Non ho la pretesa di utilizzare quello che scrivo o più in generale non ambisco ad una prospettiva di vita che ruota attorno a questa qualità a parer mio inutile, o meglio inutile nel mio caso.

Scrivo perché alle volte quello che non riesco a sfogare quando ballo sento di doverlo dire a qualcuno, ma non c’è mai qualcuno di veramente predisposto ad ascoltarti.

Spesso c’è la persona che ti dice “a me piace ascoltare e mi puoi dire tutto”, ma non puoi dire veramente tutto perché si feriscono non appena confessi che in realtà sono stati i primi a ferirti.

Quindi mandi giù, sempre più in fondo fino a che non ti si forma una placca di saliva dentro lo stomaco così grande che non riesce a rimanere lì nell’abisso. Poi torna su manifestandosi sotto forma di quell’odiosa nausea che ti impedisce di assimilare anche una singola minuscola briciola di pane, o al contrario, in casi come il mio, mangi fino a non capirci più nulla.

Solo dopo averti fatto stare male quel macigno acquoso sale su, arriva agli occhi e non puoi far altro che macchiare l’iride con quella pioggia acida che ti stavi tenendo dentro.

Alla fine il problema è mio e gira tutto attorno a dei castelli di paranoie che mi creo da sola, ma sono castelli di sabbia! …molto facili da rompere…

Probabilmente non vedrò mai quanto è bella la sabbia liscia senza queste mie costruzioni, ma se solo qualcuno fosse predisposto ogni volta a tirarci un calcio per buttarle giù e non si tirasse indietro perché sono troppo testarda, sicuramente le ricostruirei dopo poco, ma sarebbero sempre più piccole, perché la mia pigrizia non mi permette di essere sempre molto produttiva.

Sembra così tanto, ma basterebbe così poco…

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