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Serie: I Cavalieri del Caos


Cravatta allentata, giacca aperta, orologio dalla fine cassa d’oro con il vetro ormai rigato dagli anni. Roberto, appoggiato al bancone fissava immobile il retro del cellulare che, al fianco della tazzina vuota, diffondeva nel bar le note di ‘Smisurata preghiera’.

“Non rispondi?”

Sollevò lo sguardo, davanti a lui, oltre il bancone, Matteo lo guardava con in mano le ultime tazzine da riporre sopra la macchina del caffè.

“Posso immaginare chi sia e cosa debba dirmi”

“Cose spiacevoli?”

“Raramente nel mio lavoro si parla di cose belle, inoltre sono in pausa ancora per cinque minuti” Roberto riportò lo sguardo sul cellulare “E poi, questa canzone mi piace”

Matteo si voltò facendo spallucce e ripose le ultime due tazzine.

“In genere ti chiederei di farla smettere, è una lagna, ma contando che mi si è appena rotta la radio puoi lasciarla andare anche per tutto il pomeriggio, sempre meglio che il silenzio che poi mi deprimo ad ascoltare troppo i miei pensieri”

Mentre Matteo pronunciava queste parole, qualcuno lo chiamò dalla porta semiaperta al fianco della macchina del caffè.

Subito ne uscì un uomo alto e magro, la pelle color della calce, camicia abbottonata completamente e un paio di sottili occhiali. Si fermò un passo oltre la soglia, estrasse un piccolo panno dal taschino della camicia, si tolse gli occhiali ed iniziò a pulire le lenti con rapidi gesti meccanici.

“Non capisco cosa ci sia di rotto nella radio, ma ormai è vecchia. Ti converrebbe cambiarla” disse studiando la lente appena strofinata.

Matteo si asciugò lentamente le mani sul grembiule.

“Non lo so, è vecchia è vero, ma ci sono affezionato… sicuro che non si possa riparare?”

“Si può fare, ma ci metterò un po’”

Un ampio sorriso si fece strada nella folta e brizzolata barba di Matteo.

“Grazie, sai quanto odi cambiare” dicendo questo lo fece barcollare tirandogli una secca pacca sulla schiena per poi sospingerlo con la stessa mano vicino al bancone

“Per ringraziarti ti presento un vip, Roberto il PM della televisione”

Roberto staccò di scatto lo sguardo dai fondi di caffè.

L’aria era ancora riempita dalle note di ‘Smisurata preghiera’.

Davanti a lui la grossa mano sinistra di Matteo, aperta e tesa verso di lui, lo indicava mentre la destra era nascosta dietro la schiena di quello che aveva l’aspetto di un attaccapanni vestito come il secchione della classe.

“Piacere” disse l’attaccapanni, poi indicando il cellulare “Non risponde?”

Roberto scosse la testa.

“No, è di lavoro e ho ancora due minuti di pausa” dicendolo voltò il cellulare e rifiutò la chiamata.

“Strana canzone per un PM”

“Solo un po’ da comunista” aggiunse ridacchiando Matteo, che ora stava a braccia conserte appoggiato con il fianco al banco di lavoro.

“Non era comunista, quante volte te l’ho già spiegato?” disse vagamente seccato Roberto rimettendosi il cellulare in tasca “Era più simile ad un anarchico, ma il suo pensiero era abbastanza complesso da non essere esattamente nemmeno quello, era unico”

Un violento trillo lo interruppe. Sfilò nuovamente il cellulare, imprecò e rifiutò anche questa volta.

“Numero sconosciuto da Bari?” chiese Matteo mentre passava il panno sul banco dopo aver tolto la tazzina ormai vuota.

“No, da Torino, ma sempre le inutili offerte dell’ora di pranzo. Ora vi saluto a dopo, Matte. È stato un piacere…scusi non ci siamo presentati”

“Marco”

“Buona giornata Marco”

“Posso farle una domanda prima che se ne vada?”

“Se è veloce sì”

“Perché ha due suonerie diverse?”

“Il trillo è la suoneria normale. ‘Smisurata preghiera’ è solo per le chiamate di lavoro” rispose Roberto che già si stava voltando per andarsene.

Lo sguardo di Marco si perse per un istante.

“Come mai?”

Roberto si bloccò, diede una veloce occhiata all’orologio, non era più in pausa da due minuti.

Si voltò verso Marco, lo osservò senza dire nulla ma notando una strana forza nel suo aspetto, di un tipo che gli parve come se bastasse slacciargli un solo bottone  della camicia per farlo crollare come una torre di Jenga.

Distolse lo sguardo e lo diresse verso la sala vuota.

Prese un profondo respiro ed iniziò a parlare.

“L’ho scelta per ricordarmi degli ultimi, degli emarginati. Vedi, credo che mi aiuti a non vedere la realtà solo dall’occhio superbo e spesso ipocrita della maggioranza. In fondo non sempre chi è in tanti è migliore”

“È questo che dice la canzone?”

“Non solo, ma se vuoi saperlo ti conviene ascoltarla. Ora devo proprio andare, buona giornata Marco”

Uscendo Roberto omise di concludere la risposta. Quello era solo il primo motivo per cui aveva impostato quella come suoneria, il secondo era proprio crearsi la condizione per rispondere a quella domanda.

La porta si chiuse alle spalle di Romano. Davanti a lui un fascio di luce penetrava dalla tonda apertura posta al centro della volta che componeva il soffitto, illuminando uno spazio circolare delimitato da un colonnato largo una decina di metri che la luce non osava superare.

Romano fece due passi e si pose al limite tra le tenebre e la luce.

L’aria era fresca e umida.

Un vago odore di muffa aleggiava nell’ambiente.

Un secco colpo di tamburo vibrò nell’aria, la riunione era iniziata.

Ancora nessuno alla luce, ma Romano sapeva che, come lui, tra ogni coppia di colonne vi era un membro degli Anziani immobile ed in silenzio.

“Ben trovati”

La voce risuonò nella stanza e rimbombò contro le pareti, senza dare indizi su da quale direzione provenisse.

Nessuno rispose.

“Siamo qui riuniti per un lieto annuncio, finalmente avremo una nostra terra”

Fece una pausa, il silenziò tornò a regnare.

“I Patroni hanno acquistato un’isola al largo dell’atlantico, non grande in verità, ma abbastanza per iniziare a popolarla di una razza superiore. Questo ci darà la possibilità di dare una brusca accelerata al miglioramento dell’uomo, cosa necessaria secondo i Patroni. Voi siete qua perché serve una rapida selezione dei primi abitanti di questo nostro giardino dell’Eden. Alcuni di voi hanno tra i propri cari chi può e deve essere utile. Ora andate, sorpassata la porta scoprirete se questo onore ricadrà sulla vostra famiglia”

Il rumore dello scatto dei chiavistelli riempì la stanza subito seguito dallo sbattere delle numerose porte.

Solo il solitario fascio di luce rimase all’interno.

La poltrona era di quelle degli anni trenta: ampia, comoda e dall’alto schienale. Romano vi sedeva tenendo in grembo una lettera. Sul retro capeggiava il numero quattro tracciato con un indelebile blu senza nemmeno troppa cura. Ormai era almeno un’ora che la fissava e rimuginava sul perché di quella scelta.

Alzò lo sguardo, il sole del pomeriggio penetrava la finestra e, dopo essersi scontrato con gli infissi,

disegnava una croce sul pavimento poco distante dai piedi di Romano.

Un sorriso gli comparve in volto, ancora ricordava quel giorno, il giorno in cui il quattro divenne più di un numero.

Serie: I Cavalieri del Caos


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Discussioni

    1. Ciao, sono contento ti sia piaciuto (ti rispondo qua ad entrambi i commenti che sono un po’ in ritardo). Per quanto riguarda chi è il folle…difficile dirlo, lascerò a voi decidere chi vince la gara della pazzia. Controllerò il passaggio che mi hai segnalato per trovare soluzioni migliori per il futuro 🙂
      Grazie di seguirmi e spero di continuare a piacerti 🙂

  1. Un episodio distaccato dal primo ma con nuove entrate di scena, questi Patroni, questa nuova razza superiore…. Sono proprio curiosa. Se posso darti un piccolo consiglio è di descrivere maggiormente i personaggi anche nei loro modi di fare, atteggiamenti, quei piccoli particolari che li rendono unici.

  2. Bello lo stacco da un’ambientazione così comune: quella di un uomo in pausa caffè che deve tornare a lavoro, al misterioso mondo dei Patroni con tutti i misteri a esso collegati. Attendo il seguito per capire dove andrai a parare 😀

  3. Ho letto ambedue gli episodi e mi sono piaciuti per i temi innovativi, stile asciutto ma attento ai particolari. Anche le descrizioni dei particolari ed ambientazioni sono ben fatto. Ho notato una crescita nel layout e meno errori di battitura nel secondo episodio. Bravo l’autore. Personalmente caratterizzerei di più i personaggi. Attendo i prossimo episodi.

  4. Come per il primo episodio, anche qui a farla da padrone è lo stile semplice e asciutto, condito da una buona dose di dialoghi taglienti e schietti. Bene.