52 Minuti

«Quanto è durata la mia vita dottore?» chiese Matteo al dottor Salsani.

«52 minuti» rispose il medico posando il blocco degli appunti sull’elegante scrivania.

«Merda, ma è sicuro? Voglio dire magari si è distratto e gli è scappato qualche minuto.»

«Lo escluderei.»

Matteo sdraiato sul lettino, fissava in silenzio il soffitto dello studio.

«A cosa pensi?» gli chiese il medico.

«Penso che per raccontare i miei 35 anni sono bastati 52 minuti… è un bel po’ su cui pensare.»

«Nient’altro?»

«Sì, penso che per oggi abbiamo finito. Grazie dottore.»

***

«Capisci?» chiese Matteo ad Andrea indaffarato con pipette, accendini e una sostanza poco lecita, «mica mi aspettavo una cosa del genere! Voglio dire, ci metti più tempo te a preparare quelle schifezze che io a raccontare la mia vita.»

Nessun commento.

«Oh! Hai capito cosa ti ho detto?» continuò con un tono a metà fra il disperato e l’incazzato.

«Amico non capisco un’accidente di psiCAZZOlogia, cosa vuoi che ti dica?»

«Non è questione di psicologia, è questione che quello che ho fatto nella vita non ha riempito nemmeno un’ora. E guarda che non ho tralasciato molti dettagli.»

L’amico finì quello che stava preparando con grande cura, pulì il tavolino da pezzetti di tabacco e erba e poi sistemò con precisione studiata tutti i suoi strumenti sul piano di truciolato svedese.

«Insomma cosa vuoi da me?» chiese Andrea incrociando le braccia sopra la pancia.

«Dimmi che devo fare.»

«Che ne dici di prendere due birre, sederti qui con la nostra comune amica e parlare della caducità delle cose?»

«Vaffanculo Andrea!»

«Hey, ma che modi sono?»

«Quella roba ti sta fottendo il cervello, non c’è più da fare un discorso serio con te, guarda che qui non…»

«Ecco la soluzione» lo interruppe l’amico illuminandosi in volto, «FOTTERE! Ti do il numero di una che dovrai toglierglielo di mano per rivederlo.»

Si alzò di scatto per recuperare il cellulare perso in quella che l’amico definiva una confusione organizzata. Matteo lo guardò rovistare fra i cuscini del divano, sotto pile di vestiti sporchi e se si fosse trattenuto ancora un po’ lo avrebbe visto cercare persino nel frigorifero.

Invece se ne andò senza salutare.

***

Da qualche giorno Giovanna, la mamma di Matteo, vedeva il figlio molto strano.

«Cos’hai?» Provò a sondare la donna dopo che fu rientrato da lavoro. Aveva inutilmente tentato di parlare con lui ma ne erano uscite solo vaghe risposte.

«Niente.»

«O insomma, mica sono nata ieri?» gli rispose lanciandogli scherzosamente lo straccio con cui stava pulendo la balaustra, «sono giorni che sembri un cadavere che cammina, non parli con nessuno e tratti male anche papà.»

«Perché? Ti importa ancora qualcosa di lui?» le rispose tagliente come un rasoio.

Giovanna era una di quelle donne che pretendono l’ultima parola su tutto ed esigono la ragione su ogni questione, soprattutto quando non ne hanno affatto.

«Che vuoi dire?» chiese Giovanna seria.

«Quello che hai capito, lo vedo bene come lo tratti.»

«Tuo padre fa sempre il contrario di quello che gli dico, non è capace di fare una e dico una cosa fatta bene.»

«E tu non dirgli più nulla, cazzo! Lo hai rimbambito: non fare quello! Non fare questo! Fai solo discorsi stupidi! Oh, ma chi credi di essere?»

«Io non gli ho mai detto certe cose!» negò Giovanna.

«Guarda che ci vivo qui, non è che qualcuno me le racconta. Non hai nemmeno la franchezza di ammettere cosa sei diventata in questi anni.»

Sua madre cercò di ribattere ma il figlio fu più veloce di lei.

«Un’isterica che pretende di comandare tutti… fossi papà avrei già divorziato da non sai quanti anni!»

Questa volta la donna accusò il colpo, lasciò perdere la balaustra e si diresse rabbiosa verso il bagno.

«E ti dirò di più» continuò inseguendo la donna fino a frapporsi fra lei e la porta, «per tutti questi anni hai cercato di fare la stessa cosa con me!»

«Con te?» chiese sbigottita sua mamma.

«Sì, con me! Sono costretto a raccontarti cazzate ogni volta che esco altrimenti non fai altro che angosciarmi perché vado troppo lontano o perché torno tardi o per checazzoneso! E nel farlo» continuò Matteo infuriato, «sei subdola: non farmi preoccupare mi raccomando» disse imitando la madre con una voce stridula che francamente non aveva, «perché non stai in casa che di preoccupazioni ne ho fin troppe? La butti sulla compassione verso la mamma, cazzo!»

«Non è vero! Sì, qualche volta mi preoccupo un po’ troppo ma lo faccio per te per…»

«Per me?» sbottò Matteo con gli occhi spalancati dalla sorpresa, «lo fai per TE! Lo fai perché vuoi sempre il controllo di tutti fregandotene di quello che vogliono gli altri. Ti ricordi quando andai a Berlino?»

«Adesso cosa c’entra?»

«Due giorni prima di partire non volevo più andare. Mi avevi talmente ricoperto di paure che ero convinto che quella città del cazzo aspettasse solo me per rapinarmi, stuprarmi o piantarmi un coltello nella pancia! Lo sai cosa mi ha chiesto il dottor Salsani l’ultima volta?»

Giovanna scosse la testa, gli occhi lucidi delle lacrime che si sforzava di trattenere.

«Di raccontare tutto quello che ho fatto nella vita e lo sai quanto ci ho messo per raccontarla? 52 schifosissimi minuti!»

«È colpa mia anche questo?»

«È ANCHE colpa tua, mi hai sempre detto cosa NON fare e mai cosa potevo fare!»

«Perché devi trattarmi così?» urlò Giovanna, «se ho sbagliato è solo perché mi preoccupavo per te… sono tua madre, come puoi pretendere che non lo faccia?»

«Te vai oltre le preoccupazioni, il tuo è terrorismo psicologico!»

«Senti» il tono di Giovanna aveva ritrovato sicurezza, «non ti permetto di parlarmi così.»

«Fai come cazzo ti pare, per quanto mi riguarda d’ora in poi le cose cambiano» aggiunse Matteo ponendo fine alla discussione.

***

E di fatto cambiarono.

Era passata circa una settimana quando rientrando da lavoro, Matteo trovò suo padre in lacrime.

«Papà che c’è?»

Giorgio riuscì solo a scuotere la testa e a portarsi le mani al viso crollando in una crisi di pianto.

«Dimmi qualcosa Cristo Santo, che cazzo è successo?» continuò Matteo.

«Tua mamma…»

«Mamma cosa?»

«… se ne è andata.»

Il figlio si portò le mani alla bocca in un gesto disperato, gli occhi talmente spalancati dalla paura da rischiare di farli cadere.

«Oddio… mamma è morta!» disse prima di correre in cucina a vomitare.

Nella concitazione proprio non sentì il padre cercare di dirgli che Giovanna non se ne era andata in quel senso: lo aveva lasciato dopo 40 anni di matrimonio.

***

«Come ti ha lasciato?»

Matteo e suo padre, che alternava momenti di calma a minuti di pianto isterico, erano seduti sul divano tentando di dare un senso a tutta quella confusione.

«Poco dopo che te ne sei andato stamani.»

«Così dal nulla?»

«Mi sono svegliato alla solita ora e…» si interruppe per soffiarsi il naso e asciugarsi gli occhi gonfi, «quando sono sceso l’ho trovata seduta al tavolo di cucina con due valigie vicino alla porta.»

«E cosa ti ha detto?»

«Solo che tutti questi anni sono stati uno sbaglio ignorato per troppo tempo.»

«E non ti ha detto altro?»

«Sì, che gli hai fatto un gran male, poi è arrivato il taxi e se l’è portata via» riuscì a dire Giorgio prima di scoppiare di nuovo a piangere.

«Cos’hai fatto Matteo?» continuò fra le lacrime l’uomo, «Cosa diavolo hai fatto?»

***

Giovanna aveva raccolto le sue cose in un paio di valigie e lasciato il cellulare e il tablet, sul tavolo di cucina per comunicare meglio ciò che nell’immediato futuro sarebbe apparso ancora più lampante: non cercatemi.

Quando Matteo si rivolse alla polizia dopo che fu ormai chiaro che quella della madre non era solo una reazione esagerata ma passeggera, fu con non poca sorpresa che scoprì che lo stavano aspettando.

Fu il vice questore Leone a comunicargli che Giovanna era passata giorni prima per lasciare un foglio redatto e firmato davanti a lui stesso dove affermava come l’allontanamento dalla famiglia fosse un gesto volontario e che la decisione era stata presa nel pieno delle sue facoltà mentali.

«Quindi figliolo» aggiunse l’ufficiale guardando Matteo accartocciato sulla sedia da ufficio, «non c’è proprio nulla che io possa fare.»

***

Passarono mesi prima che Matteo decidesse di tornare a parlare con un dottore ma richiamare Salsani dopo quello che aveva scatenato con la sua stupida domanda, era fuori discussione. Una collega gli parlò di un certo dottor Palandri che decise di chiamare solo quando la sua ragazza, meno sensibile di quanto avesse immaginato, lo lasciò con la stessa rapidità della madre.

Il medico aveva una voce profonda, a tratti graffiante, da cantante country.

Parlarono per un po’, al professore piaceva avere un quadro preliminare del paziente prima di fissare un appuntamento e poi quel Matteo Federici sembrava un ragazzo gentile e ben educato con cui si conversava bene.

Fu per questo che rimase molto sorpreso quando improvvisamente, Federici mandò a quel paese lui e l’intera categoria medica per poi sbattergli il telefono in faccia.

In fondo il dottor Palandri aveva solo chiesto di raccontargli la sua vita.

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Discussioni

  1. Mi ero persa questo racconto, sono contenta di aver avuto la possibilità di leggerlo. Non solo la penna, ma anche le parole feriscono più della spada: soprattutto quando mettono a nudo. Credo che ognuno di noi debba fare dei bilanci e, se necessario, aggiustare il tiro.

  2. Ciao Raffaele, leggo soltanto ora il tuo racconto. L’ho trovato divertente e profondo. Lo stile è asciutto ed essenziale, il che permette di arrivare subito al dunque senza perdersi in dettagli inutili o descrizioni sterili.

  3. Ciao Raffaele. Gran bella storia. Forse hai dato voce a migliaia di pensieri che la gente vorrebbe dire ogni giorno….ma che non dice per paura di quello che potrebbe accadere.
    Il tuo personaggio ha avuto il coraggio di farlo e le conseguenze sono state pesanti, ma inevitabili.
    Mi è piaciuto!!

    1. Ciao Fabio, grazie mille del tuo tempo e scusa della mia risposta tardiva.
      Mi fa molto piacere leggere quanto hai scritto e sono onorato di sentir dire che in qualche modo sono riuscito a dare voce a pensieri comuni.
      Alla prossima lettura..

  4. E’ una storia urlata, di sofferenza, di sentimenti repressi che trovano l’apice nel dialogo con la madre. Diretto e senza mezzi termini, congrats! bello anche il dialogo con l’amico, racconto molto ben riuscito! mi è piaciuto molto

  5. Ciao Raffaele, questa storia è uno scrigno di emozioni e di verità racchiuse in poche righe. Cruda, diretta, arricchita da personaggi che, nel bene e nel male, tutti abbiamo incrociato durante la nostra vita. La storia di Matteo è uno specchio in cui tutti, volenti o nolenti, abbiamo guardato.

    1. Ciao Dario, grazie del tuo tempo e del tuo commento. Si, alle volte certi specchi come dici te, rimandano immagini che fanno pensare e che alle volte, incrinano i rapporti o amicizie.
      Alla prossima

  6. Ciao Raffaele. L’impulsività dei personaggi si rispecchia anche nello stile di scrittura, molto veloce e fluido; trovo il tutto coerente, essenziale e tanto apprezzabile. Complimenti!

  7. Come già detto in precedenza, hai uno stile tutto tuo, in grado di stimolare sempre la mia curiosità da lettore e scrittore. Al di là della storia – molto bella -, la bravura quando si scrive per Edizioni Open risiede non tanto nella brevità ma nell’essenzialità. Dire ciò che va detto senza dilungarsi troppo, descrivere, narrare, far dialogare i personaggi in maniera funzionale. In questo modo la trama risulta vincente. Bravo, come sempre! 🙂

    1. Ciao Giuseppe, grazie infinite per il tuo commento, sapere che sono riuscito a stimolare la tua curiosità mi rende davvero felice.
      Grazie del tempo che mi hai dedicato.
      Alla prossima

  8. I tuoi personaggi sono veri, non artificiosi e devo dire che questo è ciò che mi è piaciuto di più di questo librick. I 52 minuti nel quale Matteo può riassumere tutta la sua vita da trentacinquenne fanno da sfondo ad una vita vissuta non come si avrebbe voluto davvero, colpa anche, in parte, della madre. Tuttavia, quando lei se ne va, la mancanza regna sovrana e questo per sottolineare l’enorme buco che può lasciare chi ci ama davvero. Lo stile è il tuo e si vede, come ha detto Tiziano, questo librick è completo con un inizio e una fine ben delineata. Complimenti.

    1. Ciao Annalisa, che piacere leggere il tuo commento. Sono molto contento che tu abbia apprezzato i protagonisti, è stato un punto su cui ho cercato di lavorare.
      Cercherò di fare tesoro dei consigli tuoi e di Tiziano sempre estremamente utili ed importanti.
      Grazie davvero del tempo che mi hai dedicato.
      Ciao,

  9. Ciao Raf, finalmente posso leggere una tua nuova storia e senza nulla togliere a quelle precedenti, questa è davvero la più completa di tutte. Mi è piaciuta tantissimo forse perché a tratti è una di quelle “storie specchio” in cui è facile riconoscersi. Il dialogo tra Matteo e sua madre è sconvolgente e centra l’essenza di tanti danni e tante limitazioni causate dai condizionamenti familiari. Spassoso anche il dialogo con l’amico che mi ha fatto sorrirede, psicazzologia non l’avevo mai sentito 🙂 A presto rileggerti

    1. Grazie Tiziano, mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto il nuovo racconto e forse hai ragione, a differenza dei precedenti questo ha un punto di inizio ed una fine piuttosto netta.
      Grazie davvero per il tuo tempo… mi fa sempre un gran piacere leggere i tuoi commenti.
      Ciao,