
Invasione
Serie: Simorgh
- Episodio 1: SIMORGH/Azadeh
- Episodio 2: Rayhan, basilico
- Episodio 3: Invasione
- Episodio 4: Io mi chiamo Leyla
STAGIONE 1
Khan Younis, striscia di Gaza, sei del pomeriggio di giovedì 7 agosto.
La chiesa cattolica è una capanna, fatta di assi di legno e bande di latta.
L’ingresso è aperto a tutti, nel senso che non esiste una porta, proprio come nella capanna di Betlemme. L’interno è deserto e in penombra, sul fondo s’intravvede la luce incerta della lampada accanto al tabernacolo. Una chiesa delle dimensioni di un’autorimessa. Azadeh entra guardandosi intorno, con il rispetto di chi penetra in un territorio sconosciuto e sacro.
Sopprime l’istinto di farsi il segno della croce, le sembra di non averne ancora pienamente diritto, che quel gesto dei cattolici non le appartenga ancora.
È la prima chiesa in cui entra, dopo quella di Teheran e lì si era sentita protetta dalla comunità della Scuola Italiana; tutti conoscevano l’insegnante di persiano e nessuno le aveva mai chiesto se fosse o no autorizzata a entrare in chiesa. Era una di loro, gli studenti la amavano e tanto bastava.
Qui a Gaza, invece, non sa ancora chi è. Probabilmente null’altro che una maestra venuta dall’Iran, come gli ingegneri e i dottori e i pasdarān e i mullah, che del resto sono tutti spariti non appena i combattimenti hanno cominciato a farsi pesanti.
Avanza lungo la navata centrale guardandosi intorno: i segni del recente bombardamento sono molto evidenti.
Il prete si materializza all’improvviso accanto a lei.
«Buongiorno, figliola, la pace sia con te.»
«Buongiorno, padre, mi scusi se sono entrata senza chiedere, volevo solo dare un’occhiata. Vado via subito.»
«Ma nemmeno per sogno, da noi non si chiede il permesso per entrare. E poi io ti conosco, tu sei la maestra nuova dal bellissimo nome.»
Azadeh scoppia a ridere ma subito si tappa la bocca con una mano. Non si ride nei luoghi di culto. Il prete sembra averle letto nella mente.
«Non ti preoccupare, Azadeh, la casa di Dio è casa di tutti e a casa propria ognuno fa quello che vuole, sei d’accordo?»
In quel momento si sente gridare: «Aldooo! Dove sei? Accendi la radio!»
Aldo, dovrebbe essere lui il prete, e Azadeh si girano in direzione della voce: Boutrous e il suo doppio, più alto e più muscoloso, stanno entrando dalla porta della canonica facendo grandi gesti.
«La radio! Dov’è la radio? Da noi non c’è corrente.»
Azadeh guarda stupita il suo allievo e quello che sembra essere il suo fratello maggiore, ansanti per la corsa.
«Calma ragazzi, la radio è in camera mia, andiamo subito. Cosa succede Iliya?»
Iliya, versione più adulta di Boutrous, sembra diviso a metà, come nei cartoni animati: una parte di lui spiega al sacerdote che sta per iniziare a Tel Aviv la riunione che deve decidere l’occupazione totale di Gaza, ma l’altra metà è completamente persa nella contemplazione di Azadeh. Lei, dal canto suo, sta facendo i conti con una sensazione che non aveva mai provato in compagnia di Amir, il suo fidanzato persiano. Un turbamento di quelli che fanno brillare gli occhi e trattenere il respiro.
«Ma siamo seri, non è il momento questo!», sembra dicano a se stessi entrambi i giovani, mentre Boutrous sta guardando a bocca aperta suo fratello e la sua maestra che sembrano completamente rimbambiti.
Anche Don Aldo li sta guardando con un sorriso quasi commosso e si capisce interviene a malincuore.
«Forza ragazzi, andiamo ad accendere la radio. Netanyahu non aspetta noi per cominciare.»
Tel Aviv, ufficio del Primo Ministro, quattro del mattino di venerdì 8 agosto.
Il gabinetto di sicurezza di Israele ha dato il via libera al piano del primo ministro.
L’Idf [Forze di Difesa Israeliane] si preparerà a prendere il controllo della città di Gaza, garantendo assistenza umanitaria alla popolazione civile al di fuori delle zone di combattimento.
La decisione è stata condannata dalle famiglie degli ostaggi e dalla comunità internazionale: dall’Onu, che invita a fermare subito l’occupazione, all’Unione europea, dal premier britannico Starmer che parla di “un errore” fino a Spagna e Turchia. La Germania sospende l’invio di armi a Israele. Per Abu Mazen si tratta “di una catastrofe senza precedenti”.
Khan Younis, striscia di Gaza, Scuola N. 37, otto del mattino di venerdì 8 agosto.
Se quando aveva fatto domanda per la cattedra di Iranistica all’Università di Gaza City, era stata abbastanza triste all’idea di non vedere per lungo tempo il suo fidanzato Amir, nel momento in cui aveva scelto di andare nella Gaza in guerra sapeva che lo stava facendo per compensare in qualche modo il ruolo che l’Iran aveva avuto nel determinare quella situazione.
«Adesso sono proprio qui, in mezzo a ciò che sta accadendo, e il mio unico dovere ora è occuparmi dei miei studenti.»
Questi sono i pensieri di Azadeh mentre stava arrivando a scuola e da lontano già vede che i suoi studenti non erano entrati in classe, contrariamente a quello che lei aveva raccomandato il giorno prima. Si finge furiosa.
«Allora, si può sapere cosa sta succedendo?», esclama quando arriva a portata di voce. Si fa avanti Boutros, quel ragazzino è un portavoce nato.
«Dobbiamo aiutare Alexandra, maestra, non possiamo lasciarla andare da sola dal suo amico prigioniero.»
«Un momento, spiegatemi. Il suo amico prigioniero? Quello del basilico? Non credo sia il caso di andare da quelle parti, oggi».
«Ma non capisci?», interviene Roula, «Non appena gli israeliani si muoveranno, i prigionieri saranno uccisi.»
«Se quelli di Hamas ci troveranno con i prigionieri, uccideranno noi!», esclama Azadeh.
«Non importa!», Iliya deve essere arrivato in quel momento, Azadeh lo capisce ora e si volta di scatto a guardarlo, «Non possiamo lasciare che Alexandra si metta in pericolo da sola. E non possiamo nemmeno lasciare che venga ucciso un prigioniero, è una questione d’onore, solo i delinquenti lo fanno!»
«Tu non stai con Hamas.» Più che una domanda, quella della maestra è una constatazione.
«No, mi dispiace. Tu sì suppongo, in quanto iraniana.»
«Non parlarmi così, io sono venuta qui a insegnare e non me ne sono andata quando è iniziata la guerra, come hanno fatto i miei connazionali.»
«Non lo sapevo, scusa.» Iliya allunga una mano:«Pace?»
Serie: Simorgh
- Episodio 1: SIMORGH/Azadeh
- Episodio 2: Rayhan, basilico
- Episodio 3: Invasione
- Episodio 4: Io mi chiamo Leyla
Bellissima la scena in cui lei entra in chiesa. Continuo a seguire questa bellissima serie ❤️
Questa serie è davvero spettacolare, non manca nulla. Leggere del prete e di Iliya e Azadeh fa sbocciare la speranza in mezzo alla tragedia, e anche se tutto va a pezzi intorno nulla può mettere a tacere la saggezza e l’amore. Seguirò con molto interesse questa serie.
C’è cosí tanto in questo capitolo che non so proprio da dove cominciare.
Mi è piaciuta molto la figura del prete, un uomo gentile e intelligente.
E quel colpo di fulmine tra Azadeh e Iliya in mezzo a comunicati e guerre lascia spazio a quella sensazione che, anche nelle situazioni più brutte, qualcosa si può sempre salvare.
Scrivi e racconti in modo tale da rendere accessibili argomenti complessi anche a chi non è particolarmente afferrato. Ed è una qualità di pochi. ❤️
Grazie. Si procede meglio, con questi incoraggiamenti
Come sempre usi toni delicati ma efficaci.