A come Attesa

Serie: Abbecedario sentimentale


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: .

Attesa

Anna spegne la tv e prende il telefono. Le ventidue e dodici.

Nessuna promessa, nessun appuntamento. Solo un’abitudine non detta, ma radicata, che ogni sera si ripete con la precisione di un rito privato.

La casa è in penombra. Ogni oggetto è al suo posto.

Anna si muove senza fretta. Conosce bene la liturgia del desiderio.

Rassetta i cuscini, versa due dita di un rosso scuro e denso, si avvicina allo specchio dell’ingresso e si spruzza un profumo discreto, quasi segreto.

Ha una nota di ambra e pelle. Lui dice che sa di qualcosa che resta addosso.

Lo fa per sé, pensa. Ma lo sa: mente.

Sfila la maglietta, rimane in canottiera.

I capelli li scioglie senza guardarsi.

Siede sul divano, le gambe raccolte sotto di sé. Il libro sul tavolino è aperto sulla stessa pagina da giorni.

La lampada accesa proietta una luce calda sulle ginocchia nude.

Il telefono è lì, ma lei non lo tocca.

Lo osserva con la pazienza distesa di chi ha già scelto di aspettare.

Non è la risposta a contare. È il prima.

Quell’intervallo sospeso, fertile, in cui tutto può ancora accadere.

Ogni gesto è parte di un rituale muto: l’indugio con cui fa scivolare un dito sul bordo del bicchiere, la lentezza con cui solleva le spalle e poi le lascia ricadere.

Nel silenzio, Anna sente il cuore cambiare ritmo.

Alle ventidue e quarantanove, il telefono si illumina.

Una notifica.

Un messaggio.

Nessun saluto, nessuna domanda.

“Non riesco a pensare ad altro che a te.”

Tre secondi per leggerlo.

Due per sorridere.

Nessuno per decidere che non risponderà. Non subito.

Prende un sorso di vino.

La lingua accoglie il liquido tiepido.

Chiude gli occhi.

Nella mente, la sua voce.

Nelle cosce, una tensione leggera che pulsa.

Lo immagina mentre la immagina.

Le dita che scorrono sul telefono, poi si fermano.

Forse sdraiato. Forse in piedi, nell’ombra di una stanza dove tutto è in attesa come lei.

Il desiderio — quando è reciproco — ha questa forma: due pensieri che si cercano nel buio, due corpi che si toccano solo con l’idea dell’altro.

Si alza.

Va in camera.

Cammina scalza.

Lo specchio la riflette di lato: spalla nuda, bocca socchiusa, una mano che scivola lungo il fianco.

Non si osserva. Si riconosce.

Sfila i jeans, resta in slip.

Non è bisogno. È intenzione.

Alle ventitré e tredici, scrive.

Una sola frase. Senza punto finale:

“Se fossi qui, sapresti cosa farmi”

Lo lascia lì.

Nudo del suo controllo.

Acceso della sua attesa.

A domandarsi dove, come, quando.

E soprattutto: cosa.

Poi spegne la luce.

Si infila sotto le lenzuola.

Non si tocca. Non subito.

Ma sorride.

Perché adesso l’attesa è di nuovo sua.

E lo è anche il fuoco che ha innescato.

Per stanotte non le serve un corpo.

Le basta sapere che il suo è nella testa di lui.

A occhi chiusi.

Mani tese.

E desiderio pieno.

Serie: Abbecedario sentimentale


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Molto bello questo episodio. Nel desiderio, a volte l’immaginazione e la mente possono essere strumenti potenti, più del toccarsi. Hai reso molto bene questo lato dell’erotismo.

  2. Eccomi, ho appena finito di leggere anche questo episodio e confermo ciò che avevo già detto tempo fa: sei sempre più bravo! Ora mi domando quanti chili peserà questo Abbecedario quando lo pubblicherai 😅 dato che siamo ancora alla lettera A! Ottimo lavoro.

    1. In totale ho pensato a duecento voci. Su alcune ho dei dubbi e le lascio in coda. In fase di pubblicazione poi occorrerà vedere se non ci sono dei doppioni (sinonimi). dovrebbe venire un volume di 250 pagine.