
A piedi nudi nel vento
3:33 come quasi ogni notte, sembra la scena a ripetizione di un film dell’orrore, solo quel film era il mio film. Ogni notte mi sveglio con il fiato corto come se qualcuno riposasse incurante sul mio petto, togliendomi il respiro, anzi no, strappandomi l’aria prima che possa entrare nei miei polmoni.
Il silenzio della notte ha quel fascino di farti sentire i pensieri come tamburi durante una festa di carnevale, cosi con la testa pesante per quel dolore sordo cammino per la casa a piedi nudi, anche i miei passi sono rumori sordi che si uniscono a quel concerto di suoni privati.
Al buio esco dalla camera, Cesare dorme nel suo lettino, come se il mondo si fosse spento e aspettasse solo il suo risveglio. Il vento soffia più forte del solito. Forse è questo che mi ha svegliata, penso. Ma continuo a camminare al buio, seguendo un percorso fin troppo familiare. Attraverso il corridoio da dove filtra la luce proveniente dalla grande vetrata che da sulla terrazza e arrivo nella sala dove le luci fioche dei lampioni illuminano il pavimento e quasi per una attimo penso sia una luna gigante.
Apro la porta della vetrata e continuo incurante a camminare senza rendermi conto di essere scalza, porto i miei passi verso il bordo estremo della terrazza, in quel punto che guarda ad est e la vista sul mare è interrotta sola da pochi palazzi. Ho freddo, la mia canottiera di seta si appiccica al corpo in una danza con il vento e li, in quel momento, con i piedi radicati al pavimento sporco dell’ultima pioggia matutina e il freddo che mi gela le mani, provo a respirare, sempre più profondamente. Il petto si solleva ad ogni respiro finche non entra a ritmo con i miei singhiozzi, sempre più forti e incontrollati. Le lacrime mi bagnano il petto.
Poi, di colpo, tutto si ferma, il mio respiro, il vento, le lacrime. Ritorno sui miei passi, nella mia camera, al lato del mio letto che mi sembra sempre più piccolo e poi ti guardo. E senza nessuna esitazione te lo dico “sei tu che mi togli il fiato, ho bisogno di tornare a respirare ma senza di te“.
Ma tu non mi hai sentito.
Al mio risveglio tu non ci sei più nel letto accanto a me, sono quasi le 8. In cucina rumore di tazze. L’odore del caffè arriva fino a me, è ora di alzarmi e cominciare la mia giornata, ma io non vedo l’ora di poter tornare a camminare a piedi nudi nel vento, per ascoltare i miei pensieri, quelli che non dirò mai.
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Racconto sussurrato ma sconquassante, in bilico tra il detto ed il non detto. Estremamente coinvolgente proprio per lo spazio che concede al lettore, nel quale vi è posto, a mio avviso, per diverse possibili chiavi interpretative, in una molteplicità di accezioni possibili che è la radice stessa di ogni Scrivere. Complimenti
“Il silenzio della notte ha quel fascino di farti sentire i pensieri come tamburi durante una festa di carnevale”
Questo passaggio mi è piaciuto! Racconto davvero suggestivo, complimenti!
Grazie Martina!!!!!
A volte di notte abbiamo il coraggio di ascoltare i nostri pensieri e di dargli voce. Se lo facessimo anche di giorno, forse vivremmo meglio.
Credo che….di giorno manca il silenzio, o forse peggio il tempo. Perché di giorno segui le lancette, di notti vaghi aspettando che suoni la sveglia. Grazie.
Ciao Mara! Che bello trovarti in questa veste di scrittrice! Grazie di averci regalato questo racconto intimo, con delle belle descrizioni che ci portano con te in quella terrazza a piedi nudi, tra il vento e le tue emozioni. Spero di rileggerti presto.
Ciao Virginia, grazie!