Al di là

Serie: Racconti da altri universi


Questa vuol essere una serie di racconti dell'orrore ove l'unico punto di riferimento che avrete è il caos stesso.

La prima volta che andammo al di là fu spettacolare, una sensazione indescrivibile di soddisfazione e leggerezza: appena attraversato il portale si estese innanzi a me una bellezza sfrenata di campi immacolati e tronchi millenari, a perdita d’occhio le montagne vecchie e intoccate come il creato stesso si innalzavano ruggendo verso il cielo stellato, il tutto non era comparabile però alla felicità di aver avuto successo nella nostra impresa e, soprattutto, allo shock di quando vidi che era stupenda, ci immergemmo per ore nei suoi misteri e scoprimmo che non era così diverso dal mondo che conosciamo come invece avevo sempre sospettato e temuto,  ma mentre ciò mi rassicurò molto, Mark Enton (il mio migliore amico fin dalla prima infanzia) parve deluso, riacquistò comunque molto del colorito perso durante gli anni di ricerca e dopo giorni o forse settimane passate a girovagare tornammo al di quà sopraffatti dalla fame.

Parlammo a lungo della nostra invenzione e anche allora mi era sembrato più rinsavito, concordammo di tenere segreta la scoperta per capire al meglio le sue potenzialità e per paura che il governo potesse rubarcela.

Non potevamo permetterlo, quello era il lavoro di una vita.

Sia io che Mark abbiamo donato più di cinquant’anni per riuscire a rompere la barriera della realtà e nulla ci avrebbe impedito di annunciare il tutto alla comunità scientifica e insultare quelli che ci avevano dati per pazzi. Solo per riuscire a capire cosa doveva fare la macchina ci vollero quindici anni, dopo altri cinque anni reperimmo buona parte dei pezzi e il resto del tempo fu impiegato per assemblare il tutto. Mark cambiò molto in questo lasso di tempo, quando lo conobbi eravamo poco più che bambini ed entrambi avevamo la fissa dell’occulto, Mark in particolare sembrava provenire da una famiglia di esperti nel settore che possedeva libri e pergamene con i più disparati poteri e informazioni, fu lui il primo a parlare di andare al di là e io rimasi incantato dalla prospettiva, leggemmo molti volumi presenti in casa sua e molti altri li reperimmo in giro per il mondo.

Mark era sicuramente in più bramoso e oscuro di noi due, fin dall’infanzia aveva conosciuto e amato le vecchie leggende dei demoni danzanti e ambiva a sentire un giorno quella terribile melodia, notai dei primi grossi cambiamenti nel suo atteggiamento quando col tempo io restavo sempre disgustato e scioccato nel leggere certe parti dei libri più oscuri mentre Mark iniziava gradualmente a prenderci sempre più gusto, spesso lo trovavo a parlare da solo in angoli buii delle stanze, quando succedeva si arrabbiava molto senza alcuna ragione e restava scontroso e impaurito per molti giorni.

Quando iniziammo la costruzione si chiuse sempre più dentro casa nella piccola cantina che ci fungeva da laboratorio e mentre io viaggiavo per il paese in cerca di ogni pezzo lui si ingobbiva e ingrigiva, gli occhi gli si incavarono e perse i capelli nel giro di pochi mesi, restava sempre al buio e  balbettava in lingue inumane ogni volta che si girava verso un angolo ancora più oscuro, quando gli feci notare tutto ciò egli mi disse che era necessario se volevamo raggiungere altri mondi, poi scoppiò in un riso agghiacciante e tornò ai suoi sossurri.

Quando finalmente riuscimmo ad ottenere i primi risultati essi consistettero in piccoli frammenti che si aprono al di qua, dentro a essi l’oscurità e il fetore regnavano e si propagarono per la stanza, quando erano aperti non sentivamo o vedevamo alcunché da essi ma quando si chiudevano dei bisbigli divertiti subito si facevano presenti, la parte peggiore era che più aprivamo e chiudevamo al di quà e più mi sentivo osservato quando ero da solo. Al contrario Mark gioiva di queste nostre scoperte e cercava di creare fori sempre più grandi e comunicare con gli esseri al loro interno, egli si era fatto sempre più ingobbito mentre sopra gli arti atrofizzati erano comparsi bulbi color giallastro, ben presto scoprì che continuava gli esperimenti anche quando era da solo e che aveva cercato di attraversare i fori anche se senza successo, mi arrabbiai molto ma non sembrava nemmeno ascoltarmi, entrambi sapevamo che ben presto saremmo riusciti nella nostra impresa e questo mi spaventò così tanto da farmi pensare di distruggere la nostra creazione, purtroppo non feci mai in tempo.

Quando tornammo indietro la prima volta come ho già detto Mark parve molto piu rinsavito ma la sua brama di tornare aveva ancora un tocco di follia, borbottava che si era sbagliato, che quella non era la loro  destinazione finale e che dovevamo riprovare in fretta o sarebbe stato troppo tardi.

Fu così che tornammo al di là, non allo stesso luogo però, questo rappresentava tutto ciò che può essere definito caos e terrore: in una sterpaglia vuota e aggrinzina con rami morti color viola e punte aguzze di un rosso vivo, si estendeva a perdita d’occhio una città nera che si distingueva difficilmente nel cielo notturno senza stelle, su molti tetti erano presenti falò urlanti con una piccola folla per casa che gioiva e schiamazzava, i suoi abitanti erano bulbosi e artropodi, con corna incrociate sopra una testa senza volto. Si esprimevano in una lingua stridula che mi perforò le orecchie e mi costrinse a cadere carponi sul terreno umido, restai immobile e terrorizzato per svariati minuti mentre intorno a me sentivo quelle creature strisciare sempre più vicino, Mark invece era rimasto in piedi, impassibile all’orrore che gli si stendeva davanti, rideva sguaiatamente e urlava frasi in quella lingua che mai avrei creduto possibile un uomo riuscisse a pronunciare, vidi che mi indicava e rideva con tale follia da far sembrare tutto il resto perfettamente normale, quello che stava facendo non doveva avere il successo che egli sperava poichè sembrava a un passo dalla disperazione, le creature infatti mi passarono accanto e lo circondarono, le sue risate si trasformarono in grida di doloro quando la dozzina di mostri iniziò a dilaniare il suo corpo deforme, questo è quello che almeno credo sia successo poichè non ho osato guardare, quando anche le urla cessarono capii che dovevo muovermi o avrei fatto la stessa fine, fu così che come preso da una scarica iniziai a correre verso una direzione ignota ma che speravo mi avrebbe portato il più lontano possibile da quelle cose, corsi senza voltarmi per svariati minuti e mi fermai solo quando le voci terribili erano meno che un lieve sossurro, mi guardai attorno e presi il piccolo dispositivo che mi avrebbe portato a casa, diedi un’altra occhiata per essere sicuro che nulla potesse seguirmi e aprii un piccolo portale, sentii alle mie spalle le voci farsi più alte e caotiche e immediatamente entrai nel foro spaziotemporale e lo richiusi dietro di me. 

È passato qualche mese da allora e mai da quel giorno mi sono sentito sicuro, che sia di giorno o notte sento costantemente lo sguardo di quelle cose addosso, sento il loro strisciare e il loro stridire negli angoli buii delle stanze. Non so dire se a questo punto sono impazzito completamente ma ho scoperto una cosa che deve essere divulgata, quando il portale viene aperto non capiti mai nello stesso universo, ho fatto qualche prova e ogni volta cambia, a volte solo con qualche sfumatura mentre altre volte erano luoghi completamente diversi, luoghi terribili dove morte e caos la fanno da sovrana, non so cosa abbia fatto Mark per riuscire ad arrivare nel luogo esatto di quelle creature o se sono state loro a condurlo li ma la cosa che mi ha fatto accapponare la pelle  è un’altra, anche il luogo in cui tornavo non era mai lo stesso, non ci misi molto a realizzarlo, per strada le persone parlavano e vestivano ogni volta sempre in modo più strano finchè, anche loro, non iniziarono a diventare sempre più contorti nell’aspetto, decisi allora di non uscire più di casa e cercare di tornare da dove ero venuto, nell’universo in cui sono ora le cose si stanno mettendo male, il macchinario per aprire i portali sembra danneggiato mortalmente e senza Mark io non ho la conoscenza giusta per poterlo aggiustare, sono ancora chiuso nella piccola cantina e sento che sopra di me gli striscii si fanno sempre più vicini, non so come quelle dannate creature siano riuscite a trovarmi ma forse loro hanno la chiave per viaggiare in modo ordinato.

Con il briciolo di energia che rimane nel macchinario aprirò un piccolo portale e vi ci lascerò cadere questo testo nella speranza che le prossime generazioni non facciano mai l’errore da noi commesso.

Serie: Racconti da altri universi


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Discussioni

  1. Ciao Matteo! Ti faccio i miei complimenti per questa bella storia che sviluppa un’idea tanto affascinante quanto cara ad uno dei nostri autori di riferimento: Lovecraft. Il finale mi ha davvero stupito: sapere che ogni luogo verso cui si va o si torna non è mai lo stesso, e ciò che questa informazione implica, mi ha trasmesso un brivido dietro la schiena assolutamente genuino.
    Per quanto riguarda la forma, vedo che la punteggiatura fa un po’ fatica, con qualche virgola di troppo laddove ci dovrebbero essere dei punti. Tuttavia questo non impedisce affatto al tuo racconto di suggerire la sua potenziale efficacia che, sono sicuro, con esperienza e maturazione emergerà del tutto.