Allusioni e fastidi

Serie: Lascia che passi la notte


Annalisa è atterrata a Tokyo e ha trovato ad accoglierla un suo collega giapponese, Andrew.

Gennaio 2022

Annalisa fissava ostinatamente fuori dal finestrino, per evitare il più possibile una conversazione con quell’uomo invadente.

“Vuoi una sigaretta?” 

La voce di lui la fece sussultare. Le sembrò che, dietro a quella domanda innocua, Andrew le avesse chiesto qualcosa di più intimo e complesso. Cosa ci fa una donna sposata qui da sola? Hai deciso di scappare? 

Si voltò circospetta e lo vide porgerle un pacchetto bianco e blu, con la scritta Hope seguita da una serie di caratteri in lingua locale. 

“Credevo fosse vietato fumare per strada” replicò lei asciutta. 

“Qui non siamo fuori, siamo sulla mia auto” le sorrise lui. “Non ti fidi del nostro tabacco?” 

Annalisa prese riluttante una sigaretta e la mise tra le labbra. 

“Sembri un po’ nervosa.” Andrew si accese la sua e le passò l’accendino in metallo, l’espressione che sembrava dire molto di più. 

“Sono solo stanca.” Aspirò la prima boccata di fumo e si rigirò l’accendino tra le mani. Sopra c’erano incisi un fiore di loto e degli ideogrammi.  Ecco un modo comodo per sviare il discorso. “È un pezzo da collezione?” 

Lui alzò le spalle. “Dovresti chiederlo a mio padre, è suo.” 

Lei annuì e tornò a guardare fuori. Edifici bassi, negozi e strade alberate si susseguivano oltre il finestrino. Un gruppo di studentesse in gonna nera e calzini bianchi si avvicinò ridendo alle strisce pedonali. La sua mente la riportò agli anni delle superiori, alla prima volta in cui il suo sguardo aveva incrociato quello di Alex. Lui appoggiato a un muro con aria indolente, una Marlboro in bocca e una kawasaki parcheggiata vicino; lei con lo zaino in spalla, il dizionario di latino tra le braccia e It’s my life di Bon Jovi negli auricolari.

“Mi sembra passata una vita da quando avevo la loro età” commentò Andrew, guardando le ragazze attraversare la strada. 

Annalisa si irrigidì, con la spiacevole e insensata sensazione che lui avesse sbirciato nei suoi pensieri. “Mi sembri ancora giovane.” Troppo giovane, c’è un abisso tra me e te, sappilo

“Più o meno come te, no? O il fatto di essere sposata ti alza di un livello?” rise lui e ripartì. 

Annalisa espirò il fumo con più foga del necessario. Quel tizio aveva la capacità di metterla all’angolo con una frase e un semplice sguardo. E lo aveva appena conosciuto. “Credo che tu ti stia prendendo troppa confidenza.”

“Mmm, dici?”

“Sono una tua collega, non una nuova amichetta con cui giocare.”

Un semaforo diventò giallo e poi rosso. I grattacieli stavano iniziando a sostituire gli edifici della periferia e le strade a farsi più trafficate.

Andrew sorrise e la guardò. “Ecco qualcosa di nuovo sulle donne italiane o almeno su di te.”

“E sarebbe?” chiese lei già sulla difensiva. 

“Sei permalosa” scandì l’ultima parola, il sorriso ancora più accentuato, poi ripartì con una leggera sgommata. 

Annalisa aprì la bocca e la rinchiuse. Non valeva la pena di rispondergli, era chiaro che si stava divertendo alle sue spalle. Tanto era abituata ai colleghi stronzi, avrebbe gestito senza problemi anche quel giapponese pieno di sé. 

Andrew tornò a parlare dopo qualche minuto. “Tra poco saremo a Marunouchi, ti consiglio di guardare alla tua destra.” Fece un cenno con la testa in quella direzione. “La nostra stazione non è niente male.”

Quando Annalisa vide l’enorme edificio in mattoni rossi incastonato tra grattacieli ultra moderni, non riuscì a dargli torto. Il colpo d’occhio era affascinante, due epoche lontane fuse con alla perfezione.

“A quando risale?” chiese lei, continuando ad ammirarla. 

“Al 1914,ma è stata ristrutturata nel dopoguerra. Dentro ci sono parecchi negozi.” Andrew rallentò fino quasi a fermarsi. “So che non sei qui come turista, ma vale la pena di darci un’occhiata.”

Annalisa fece un vago cenno di assenso e lui le indicò un altro edificio, dal lato opposto della stazione. ”Quel grattacielo là è il Marunouchi Building, ovvero la tua sede di lavoro per i prossimi sei mesi.”

Lei guardò verso l’alto. “Quanti piani sono?” 

“Non molti, trentasette. E noi siamo a metà.” 

Un taxi verde e giallo arrivò dietro di loro e Andrew dovette ripartire.

“Ormai siamo vicini anche al tuo alloggio. Una vera perla, vedrai.”

Annalisa ignorò il tono ironico. Qualsiasi posto sarebbe andato bene pur di rimanere sola. 

Si fermarono un paio di vie più avanti, davanti a un grattacielo leggermente più basso del Marunouchi building.

Andrew scaricò le valigie e l’accompagnò dentro, dove un portiere sulla cinquantina stava ascoltando la radio borbottando qualcosa. Dopo un breve scambio di battute in giapponese, l’uomo con aria impettita e un sorriso incerto porse ad Annalisa delle chiavi. 

“Devi salire fino al quindicesimo piano. Il tuo appartamento è davanti all’ascensore” le spiegò Andrew. “Ti accompagnerei, ma penso che la vedresti come un’intrusione. E poi, vorrai chiamare tuo marito.”

Il sorriso con cui aveva pronunciato le ultime parole, indispettì Annalisa. “Grazie, sei stato anche troppo disponibile.”

Il tono secco di lei non riuscì a levargli il sorriso.

“Lo so, è un mio punto debole la disponibilità verso gli altri.” Diede un’occhiata all’ora, ignorando il suo sguardo gelido. “Ti arriverà una mail con tutte le indicazioni necessarie. Ci sarà anche il mio numero, nel caso avessi bisogno.”

“Non credo che servirà.”

“Tu dici?” Andrew alzò le spalle con aria noncurante e le porse la mano. “Mata ne, a presto Annalisa. Sono sicuro che questo paese ti conquisterà.”

Lo guardò andarsene con un senso di fastidio, come se fosse uscita sconfitta da una discussione. Tutte quelle allusioni e quei sorrisi divertiti, perché aveva concesso così tanto potere a uno sconosciuto? Se pensava di avere davanti una preda facile si sbagliava di grosso! Lei non era lì per divertirsi, lo aveva messo in chiaro con le parole e con i fatti. 

E allora perché percepiva ancora il calore della loro ultima stretta di mano e sentiva nelle narici il suo profumo? 

Il portiere le venne vicino, prese due valigie e provò a dirle qualcosa nella sua lingua, per poi puntare l’ascensore in fondo al corridoio. Il tragitto verso il quindicesimo piano le sembrò lunghissimo, la stanchezza del viaggio le crollò addosso all’improvviso, con un principio di emicrania. 

Il portiere la lasciò con un leggero inchino davanti a una porta grigia. 

Annalisa realizzò di non avergli lasciato la mancia, mentre inseriva le chiavi nella serratura. 

Serie: Lascia che passi la notte


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Melania! A regola il nostro Andrew non è nemmeno troppo invadente🤣 I dialoghi sono molto scorrevoli, gli atteggiamenti di Annalisa guidano benissimo il lettore attraverso il perturbamento della protagonista👏🏻

  2. Mi piacciono i dialoghi schietti e i pensieri di lei che danno la sensazione di una storia vera. E mi incuriosiscono le descrizioni di una città fatta di grattacieli altissimi. Il colore rosso dei mattoni rende più visibile l’ immagine.
    Lui sembra un tipo presuntuoso, però, poi… Chissá.

  3. Ho avuto lo stesso pensiero di Francesco…che nome strano per una marca di sigarette!
    Mi è piaciuta molto l’atmosfera da primo incontro che sei riuscita a creare, i primi gesti, le parole, i tentativi di avvicinarsi che si fanno quando ancora tutto è da scoprire e non si sa nemmeno bene come andrà a finire. Anche se noi tecnicamente lo sappiamo già dal primo capitolo…ma loro ancora no;)