ALVARO E IL DRONE

Il sole era appena spuntato quando Alvaro uscì di casa; l’aria di fine novembre era fredda e umida. Per strada il solito movimento di auto e ragazzi che andavano a scuola. In alto, oltre i tetti delle case, sfrecciavano i droni di ricognizione, emettendo deboli sibili.

Poco prima delle otto cominciò la pioggia di detriti radioattivi, il cielo perse colore, l’aria diventò irrespirabile. Persone caddero a terra, altre cercarono riparo, in una totale confusione. In meno di mezz’ora le vie si riempirono di ambulanze e furgoni della polizia.

Alvaro era appena entrato in casa quando cominciò il caos; subito accese il televisore, ma non funzionava: forse l’antenna sul tetto era stata colpita. Accese il computer, ma la connessione satellitare non dava alcun segnale. Provò i numeri di emergenza con il telefonino olografico, ma neppure questo dava risposta.

Così prese a sudare, si tolse il maglione e guardò dalla finestra: fuori soltanto confusione, gente distesa per strada, viavai di sirene, il cielo che stava assumendo uno strano colore rossastro.

Sudava Alvaro, anche se il riscaldamento della casa risultava disattivato. Lo prese il terrore: lui non ce l’aveva un bunker! cosa doveva fare? dove poteva andare?

Intanto tirò giù tutte le tapparelle, in sgabuzzino trovò un grosso rotolo di nastro adesivo per pacchi, e cominciò a sigillare le finestre. Tamponò la fessura sotto la porta d’ingresso con degli asciugamani. Infine andò a farsi una doccia, sperando di far scivolare via un po’ di paura, assieme al sudore.

Si asciugò con cura e si mise una tuta sportiva pulita; si guardò allo specchio in camera da letto, sistemandosi appena i capelli.

“Ma che succede?” si chiese ad alta voce. “Possibile che nessuno abbia dato l’allarme, che si sia accorto di questo attacco?”

Poi cercò di pensare… “Attacco? ma io non ho sentito nessuno scoppio, nessun boato!”

Improvvisamente il telefonino cominciò a suonare. Alvaro corse per accettare la chiamata: subito apparve l’immagine olografica del Presidente; stava parlando, evidentemente, ma non si sentiva nulla. Alvaro toccò lo schermo, cambiò posizione, provò a collegare una cuffietta bluetooth… Niente. Cercò di comprendere qualcosa dal labiale, ma la connessione terminò, e il Presidente svanì nel nulla, così come era arrivato.

“Cosa avrà mai detto” pensò Alvaro, mentre ricominciava a sudare “una catastrofe atomica? una discesa di esseri alieni?”

Ancora una suoneria, però diversa. Alvaro cercò il telefono, ma improvvisamente tutto sparì nel buio; a fatica aprì gli occhi e vide lampeggiare nella stanza le cifre ‘7.30’ proiettate dalla sveglia elettronica. La fece smettere con un codice vocale, e con notevole sforzo si mise a sedere sul letto, tenendo la testa fra le mani.

“Mio Dio, era soltanto un brutto sogno! un incubo terrificante!”

Si alzò in piedi, grondante di sudore. Per qualche minuto non riuscì a pensare a niente. Un insolito e insistente silenzio lo stordiva. A piedi nudi si avvicinò alla finestra e la spalancò con decisione.

Un drone a controllo neurale lo colpì alla testa con due proiettili a bassa tossicità, poi si allontanò in cerca di altri sopravvissuti.

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Discussioni

  1. Hai raccontato quello che è l’incubo più ricorrente: credere di essere svegli, ma non esserlo. Molta cinematografia se ne occupa con risultati a dir poco affascinanti. Tornare più volte a svegliarsi è come se il tempo non trascorresse mai, come tornare sempre indietro.Un uomo che suda in un mondo che va a rotoli è segno che quell’uomo è vivo. Ho trovato questa immagine molto bella.

  2. Il racconto ha un buon inizio, creando subito una tensione palpabile e una sensazione di disagio che cresce con il caos esterno e l’isolamento di Alvaro. Tuttavia, l’effetto del colpo di scena finale risulta indebolito dalla struttura complessiva. La rivelazione dell’incubo appare come un espediente narrativo abusato, mentre l’ulteriore twist del drone introduce un elemento distopico improvviso, ma poco preparato. Per migliorarlo, occorrerebbe scegliere chiaramente tra la dimensione onirica e quella apocalittica, sviluppando meglio l’una o l’altra e evitando l’accumulo di colpi di scena che rischiano di confondere il lettore. Lo stile è pulito, ma la prosa potrebbe essere resa più incisiva riducendo alcune descrizioni ridondanti.

    1. Grazie Rocco.. credo che tu abbia ragione su tutto.. tieni presente che sono soltanto un dilettante.. intendevo descrivere un sogno dentro a un incubo reale.. “morire, dormire, forse sognare..”