A come Ambizione

Serie: Abbecedario sentimentale


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: A come

Ambizione

Arianna ricordava ancora il rumore delle vecchie biro che scivolavano via dalla cattedra della maestra, e la rapidità con cui le infilava nello zaino. Non per rubare, ma per possederle. Ogni penna era una promessa: la possibilità di scrivere qualcosa che nessuno avrebbe potuto toglierle.

A casa, si rifugiava nel silenzio della sua cameretta, dove tracciava parole nei margini dei quaderni, poesie e pensieri che non avrebbe mai letto ad alta voce. Scrivere era l’unico modo per sentirsi al centro, in un luogo dove nessuno la interrompeva.

Poi arrivarono gli anni della trasformazione. I capelli raccolti in chignon ordinati, i sorrisi dosati con la precisione di un bisturi, i silenzi strategici imparati osservando gli adulti che contano. Arianna capì in fretta che, per essere ascoltata, doveva prima imparare a sparire.

La sua scalata cominciò in sordina. Nessun clamore, nessun proclama. Solo determinazione e notti insonni. Si costruì un’identità a colpi di relazioni diplomatiche, tacchi alti e pause ben distribuite. Odiava le riunioni in cui gli uomini la chiamavano “signorina” ma citavano i suoi grafici come se fossero verità rivelate. Nessuno ricordava il suo nome, ma tutti usavano le sue idee.

Dentro, però, il vero motore non era la carriera. Non era il conto in banca, né il numero di follower su LinkedIn. Era il bisogno inestirpabile di dire: “Esisto. Sono io. Non una versione accomodata.”

Voleva arrivare in cima, sì. Ma con la voce intatta.

Quella sera, il cielo di Milano era un’enorme lastra di metallo rosso. Arianna rientrò tardi. Si sfilò il tailleur con lentezza e restò in sottoveste a osservare la città dalla finestra. Nessuna telefonata. Nessun appuntamento da confermare. Solo lei, e quel fruscio di vita che arrivava dai piani bassi.

Si sedette al tavolo della cucina e accese la lampada a luce calda. Prese la Moleskine che teneva nel primo cassetto, insieme a una biro scadente. Scrisse. Scrisse come non faceva da tempo. Nessun piano marketing. Nessuna analisi SWOT. Solo parole libere, sbilenche, forse ingenue. Ma sue.

Ogni riga era un ritorno, un ricongiungimento. Si scoprì ancora capace di emozionarsi per un aggettivo ben scelto, per un’immagine evocata con semplicità.

E in quel momento Arianna si sentì più viva che in tutti i summit a cui aveva partecipato.

La sua poesia parlava di vento e di mani. Di una donna che aveva imparato a camminare da sola, e che ogni tanto si concedeva il lusso di cadere senza pubblico.

Non sapeva se avrebbe mai fatto leggere a qualcuno quei versi. Non era importante. L’ambizione, adesso, era un’altra cosa. Era non perdere sé stessa nel rumore degli altri. Era avere il coraggio di restare ferma, anche quando il mondo pretendeva che corresse.

Serie: Abbecedario sentimentale


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Io, più che ambiziosa, mi definirei “diversamente sfaccendata” 😅
    Ma quest’ultima frase, in chiusura, credo racchiuda l’essenza di ogni donna. “Non perdere se stessa nel rumore degli altri.” Meraviglioso come sia la poesia a far valere questa ambizione.

  2. “Ogni riga era un ritorno, un ricongiungimento. Si scoprì ancora capace di emozionarsi per un aggettivo ben scelto, per un’immagine evocata con semplicità.”
    Conosco questa sensazione😃