Ancora poche ore, poi gli darò la voce

Dal quotidiano on-line La voce della Provincia, del 27 ottobre 2025.

L’esplosione avvenuta questa mattina alle 9,13 nel “Centro Operativo & Direzionale Europa-Sette” ha provocato vittime e ingenti danni alla struttura. Da notizie ancora in attesa di conferma, sembra che siano stati completamente distrutti tre piani dell’edificio che ospita numerose aziende di servizi, la più importante delle quali è la Call-All-For-Me SRL. Sul posto sono intervenute le forze dell’ordine e i mezzi di soccorso che hanno isolato la zona. Non si hanno ancora dichiarazioni ufficiali, ma si teme una strage. I frammenti delle vetrate del palazzo hanno provocato decine di feriti tra i passanti nelle vie adiacenti. Tutte le informazioni nelle prossime edizioni.

«Pronto?»

Il telefono squillò la prima volta poco dopo le nove, come accadeva da settimane.

La linea restò muta per qualche secondo, poi si attivò il segnale intermittente di fine comunicazione.

Feci appena in tempo ad appoggiare lo smartphone sul tavolo quando il cordless della linea fissa diffuse la sua melodia.

«Cazzo!» Imprecai.

«Pronto?»

Un leggero chiacchiericcio di sottofondo. «Buongiorno! La contattiamo dal servizio TOM telecomunicazioni…»

Premetti il tasto off con un sospiro di rassegnazione.

Lo smartphone squillò di nuovo.

Prima di rispondere guardai il numero da cui proveniva la chiamata. Un numero della rete mobile senza alcuna indicazione aggiuntiva. Decisi di rispondere, avevo imparato a distinguere le chiamate reali da quelle dei call-center. Ma nell’ultimo periodo era diventato molto complicato.«Pronto?»

Se ci fate caso, alcune chiamate iniziano con quel “poch”, quel suono che ci fa capire che dall’altra parte c’è l’operatore di un call-center. Ma non tutte.

«Pronto siiii mi sente signore? Buongiorno sono Daniela la chiamo dal servizio telefonico per informarla che la sua linea subirà un…»

Fottiti! Con buona pace del Registro delle Opposizioni.

***

Era uno di quei tipi che potrebbe apparire simpatico a prima vista, almeno finché non lo senti parlare: la voce fastidiosa come lo stridio di un unghia sulla lavagna.

«Mi lasci dire, signooooor… Tolene. Perché ha deciso diiii inviarci laaaa suaaa candidatura?»

Una semplice domanda, ma suonava come un atto di accusa. Risposi recitando il discorso che avevo programmato con tutte le possibili varianti. Ottenere quel posto di lavoro era fondamentale. Non per il denaro, quello non mi mancava, ma per poter aggredire il sistema dall’interno.

«È sicuro diiii avere leee capacità relazionaaaali adatte a soddisfaaaare iiii nostri clienti?»

Stava assumendo il tono adatto a un comizio elettorale, impostando il birignao che aumentava il mio senso di fastidio.

«I nostri uteeenti devono essere seguiiiti con cuuura: per noi non si tratta solo diii numeri, maaaa di indice di gradimeeeento. Perché pensa di essereeee laaaa persona adatta aaaa questo ruolo?»

Resistetti alla voglia di andarmene, alla voglia di sputargli in faccia, alla voglia di rovesciargli in testa il caffè che continuava a mescolare da un tempo infinito.

Resistetti e ottenni quel posto.

«Pronto?»

«Gentile cliente Sloweb: a causa del potenziamento delle linee…»

I primi giorni furono i peggiori. Avrei voluto fuggire nel momento stesso in cui iniziai il periodo di formazione. Sarebbe durato una settimana, poi sarei diventato operativo.

Adesso sembra assurdo anche a me, ma via via che i giorni passavano la situazione diventava meno sgradevole. Ero autonomo, avevo buoni rapporti con alcuni colleghi e colleghe che come me avevano iniziato il lavoro da poco tempo. Non che avessimo molto tempo per socializzare, ma all’inizio e alla fine del nostro turno di lavoro riuscivamo a scambiare qualche parola. E in una occasione avevamo scambiato anche qualche fluido corporeo…

Ma avevo una missione da compiere e non potevo farmi distrarre da quelle frivolezze.

Benedetti coloro i quali hanno aperto la via alla conoscenza della parte oscura della Rete! Il Dark-Web, come viene chiamato dai tecnici. È un universo parallelo che offre infinite possibilità se sai muoverti bene. Io avevo imparato dedicandomi con costanza all’esplorazione di quel mondo sommerso. Lo facevo per un unico scopo: costruire un “Pinocchio fragile”, come avrebbe detto Faber. Ero talmente assorto nella lettura di un tutorial che non sentii la suoneria dello smartphone se non un attimo prima che smettesse.

«Se è importante richiamerà» dissi a voce alta rivolgendomi a nessuno.

Richiamò.

«Pronto?»

«Buongiorno signore. La chiamo dalla Società per l’Energia. Parlo con il titolare dell’utenza?»

«Vaffanculo!»

Ripresi a seguire le istruzioni di assemblaggio e di messa a punto. Ormai avevo tutto il necessario. Mi serviva solo il tempo per fare un test con una minima quantità, poco più di un grosso petardo, per poi finalmente attuare il piano che avrebbe sancito la mia vittoria.

La suoneria del cordless riuscì a cancellarmi il sorriso dalle mie labbra.

«Vuoi ottenere un secondo reddito investendo solo venti euro…»

Decisi che la linea fissa non mi sarebbe più servita: urlando distrussi il telefono lanciandolo più volte contro la parete.

Era il mio quarto mese di lavoro al call-center. Mi ero comportato bene: avevo conquistato la fiducia di tutti perché sapevo come parlare con gli utenti. Il mio ruolo era quello di smistare le chiamate per problemi tecnici o amministrativi. Almeno non dovevo aggredire gli altri con le mie chiamate. Dalle postazioni di lavoro accanto alla mia sentivo quelle voci che assillavano di continuo migliaia di cittadini, ogni giorno, senza tregua: «Prontoooo, signoreeee…», «… dalla Società per l’Energia Elettrica Nazionale…», «… investimento garantito con soli trenta euro…», «TOM: sei una partita iva?»

Il test con il petardo aveva funzionato alla perfezione. Era il momento di agire.

Nessuno fece caso a me il giorno in cui entrai in ufficio con uno zaino più grande del solito. Ormai facevo parte di una famiglia. Così come nessuno fece caso a me quando uscii, alla fine del mio turno di lavoro, senza quello zaino che avevo nascosto in un mobiletto nel bagno degli uomini.

C’era un timer impostato alle nove e tredici.

La mia sveglia quella mattina suonò alle sei: per nulla al mondo avrei voluto perdere lo spettacolo.

«… ancora poche ore, poi gli darò la voce, il detonatore…» canticchiai sorridendo, mentre mi godevo il getto di acqua calda della doccia.

– – –

Citazione: Il bombarolo, di Fabrizio de André (il titolo, il motivo canticchiato dal protagonista e il “Pinocchio fragile”)

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Discussioni

  1. “ma per poter aggredire il sistema dall’interno.”
    Mentre leggevo il finale del tuo racconto e cominciavo a capire, ho ripensato a questa frase… Un storia di esasperazione, molto attuale, quasi un’emozione condivisa. Originale e, devo dire, scritta veramente bene con un ritmo frenetico che ti porta senza fiato fino alla fine.

    1. Ciao Cristiana. A volte si viene la voglia… magari dopo la decima chiamata in un giorno! Però se guardiamo il lato positivo delle cose, tutto quello che accade ci offre materiale per la nostra passione verso la scrittura, no?
      A presto!

  2. Quando il registro delle opposizioni non funziona, bisogna farsi giustizia da sé, fosse anche con un piano diabolico come questo. Fosse anche con un candelotto dindonamite. Storia molto gradevole, il cui epilogo è auspicato da tanti cittadini subissati da offerte commerciali invasive. Divertente e brillante.

  3. “alcune chiamate iniziano con quel “poch”, quel suono che ci fa capire che dall’altra parte c’è l’operatore di un call-center”
    Sì che fastidio. Altro tratto distintivo: il chiacchiericcio di fondo, voci di altri operatori alle prese con le telefonate

  4. Mi è piaciuta tantissimo, dal titolo, la citazione di Faber. Mi ha dato modo di dare un’interpretazione e una direzione al testo, ancora prima di iniziare a leggere. A differenza di quanto detto nei commenti precedenti, non ho trovato confusionaria la parte iniziali. La tua scrittura per immagini aiuta tantissimo, in questo senso. Molto bello.

    1. Come dicevo in altri commenti, forse il mio modo di raccogliere immagini da tradurre in parole può generare confusione… A meno che dall’altra parte non ci sia qualcuno che con le immagini, e in generale con l’arte visiva, ci convive. Ed è un bene che ognuno possa interpretare a suo modo, in base alla propria personalità ed esperienza.
      Per quanto riguarda la citazione di de André… ebbene sì, il titolo è decisamente rivelatore.
      Grazie per la lettura!

  5. Ogni volta che leggo un tuo testo mi convinco sempre di più di come utilizzi una maniera estremamente visiva per realizzare le scene e, più in generale, tutto il racconto. Davvero, secondo me sono praticamente tutti trasponibili in pellicole tali e quali. Mi è piaciuto il modo che hai trovato per collegare inizio e finale, spiegando come si è arrivati a quella situazione. @nicolaminiussi ha osservato che la parte iniziale è un po’ confusionaria, in effetti devo dire che anch’io ho faticato un po’ a capire dove si voleva andare a parare o cosa stesse succedendo, ma dalla parte del colloquio in poi è diventato tutto chiaro come il Sole. Non saprei proprio dire se la mancanza stia dalla parte mia o del testo, andrebbe riletto con attenzione, e poi a volte succede, specie nelle prime righe, di sentirsi un po’ spaesati prima di aver inquadrato bene la situazione.
    Comunque complimenti, ormai è diventato un piacere e un dovere leggere le tue opere su EO, in un modo o nell’altro sorprendi sempre 🙂

    1. Ciao Gabriele. Devo dire che spesso mi trovo a scrivere le prime righe come se stessi guardando casualmente cosa c’è intorno a me. Forse è colpa del mio mondo fatto di immagini… Osservo e poi tento di rendere a parole quello che ho visto. Proverò ad analizzarmi appena mi siederò a scrivere un nuovo racconto.
      Sono felice che riesca in qualche modo a sorprendere e sono felice che consideri un piacere leggere. Ma… un dovere no! Suvvia! 🙂
      Torno serio. Sono un fotografo, non un film-maker, ma devo dire che provo spesso a immaginare come sarebbe un certo racconto se fosse trasformato in un corto… Non solo i miei racconti, ma anche altre cose che leggo qui, soprattutto i racconti che si concludono in un unico episodio. Deformazione professionale…
      Ti ringrazio per la tua analisi: è estremamente utile avere feedback di questo tipo.

      1. Be la vista è il senso su cui facciamo più affidamento, dunque ci sta replicare la cosa quando si tratta di scrivere: viene piuttosto istintivo, certe volte. Quando nella nostra testa ci diciamo “ok devo descrivere questa situazione” al 90% inizieremo con qualcosa associato alla vista; però nel tempo mi sono accorto che focalizzarsi in egual modo anche su tutti gli altri sensi (persino l’olfatto, che se ci fai caso è difficile trovargli dedicata più di qualche parola in una descrizione) dona respiro più ampio al tutto.

        1. Assolutamente d’accordo! Soprattutto per l’olfatto e il tatto, che spesso non sono così considerati nella narrativa..

  6. Un interessante pezzo. Ma mano che procedi nella lettura forse la prima impressione è che sia un pò di confusionario, come se alcune parti non fossero bene amalgamate e legate tra loro. Ma magari è voluto 😉. Mi è piaciuta la scelta di iniziare citando la notizia di un notiziario 👍

    1. Era una risposta al tuo commento, ma forse è stata interpretata come nuovo… Scrivo anche qui… Ho tentato di trasmettere la confusione che generano innumerevoli chiamate continue dai call center… Provo a rileggere con calma la prima parte per vedere se è un effetto presente solo nella mia mente… Grazie per il commento, Nicola: è sempre utile avere un feedback!