Arianna

Serie: La città sommersa


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: La guerra è finita, ma il capitano O'Brien è particolarmente legato alla città sommersa, e non è il solo...

Il sommergibile Tursiope stava per completare la discesa verso il luogo designato per l’incontro. La cattedrale a cielo aperto era molto suggestiva e ospitava agevolmente il piccolo batiscafo biposto al suo interno. Sulla parte superiore, campeggiava la scritta a caratteri rossi: “Il Filo di Arianna – Immersioni Tecniche”. Il capitano Claude O’Brien avviò la comunicazione appena la nave si fermò esattamente sulla verticale dell’edificio sacro, ora dedicato al mare.

«Ciao, sei pronto? Non vedo l’ora di farmi una bella passeggiata. Se penso che mio nonno ci passeggiava ogni giorno per quei vicoli…»

«Io non esco, Arianna. Ti mando John e Akira. Tra due minuti saranno pronti. Stai attenta, perché là non posso venire a recuperarvi.»

«Come, non vieni? Ho capito, abbiamo fatto festa? Non sai cosa ti perdi».

Prese maschera e boccaglio, entrò visibilmente stizzita nella garitta nella parte posteriore del mini sottomarino e avviò l’allagamento.

Appena uscì, trovò i due sub che l’aspettavano, i quali presero subito il vicolo adiacente alla cattedrale, diretti verso la città vecchia.

Arianna li seguiva, con le sue pinne fucsia che ondeggiavano. Dopo pochi metri, cambiò posizione, abbassò le gambe e le sue pinne iniziarono a cambiare forma, trasformandosi in vere e proprie scarpe, che toccarono delicatamente il selciato del vicolo, alzando una sottile nuvoletta di polvere. Aprì le braccia fino a trovare l’equilibrio e, come un equilibrista su una fune, mise una decina di passi uno dietro l’altro. sculettando leggermente.

Quando i due sub stavano per svoltare in un vicolo più stretto dietro la cattedrale, con un salto si staccò dal suolo, le scarpe tornarono velocemente pinne e sgambettò per raggiungerli, uscendo dal campo visivo delle camere del sommergibile.

Le case in quella zona erano tutte di due o tre piani al massimo, addossate l’una all’altra in vicoli stretti e tortuosi. Secondo le coordinate che aveva a disposizione, era la quarta sulla destra del vicolo che avevano appena imboccato, seguiti da un branco di piccoli pesci azzurri. I due sub si diressero subito verso le due finestre del primo piano, sbarrate, studiando un modo per forzarne una. Arianna atterrò davanti al portone di ingresso e richiamò la loro attenzione, indicando loro la serratura meccanica sotto la serratura elettronica, oramai inutilizzabile. Prese una bomboletta spray da una tasca della muta e ne spruzzò il contenuto sulla serratura, facendo scudo con la mano. Rimise in tasca la bomboletta e prese un mazzo di chiavi. Ne scelse una, la inserì e dopo un paio di giri, sentì un «click». Spinsero insieme il portone di legno con attenzione ed entrarono nell’abitazione. Controllarono con attenzione ogni angolo dell’ampio ingresso e, una volta esclusa la presenza di fauna pericolosa, concentrarono la loro attenzione sulla stretta scala a sinistra, che portava al primo piano. I due sembravano perplessi, Arianna spiegò loro che sarebbe salita da sola e chiese loro di illuminare il percorso. Appoggiò le sue scarpe fucsia sul primo gradino e abbassò le mani fino ad appoggiarle su qualche gradino più in alto. Come una scimmietta in arrampicata salì tutta la scalinata, fermandosi ad ogni gradino per equilibrare il peso delle bombole. Dopo due minuti che era sparita dal loro campo visivo sul pianerottolo, Akira uscì a controllare, e come aveva intuito, una delle due finestre del primo piano era aperta. Arianna gli lanciò con attenzione una busta trasparente, contenente dei dischi di plastica neri, ed uscì.

Terminata la decompressione, Arianna entrò nella cabina della batiscafo, strizzandosi i lunghi capelli color rame e accese subito il monitor.

«Claude, sono una decina: Beatles, Pink Floyd, Vangelis…», prese un vinile in mano e scrutò i solchi, «Se suonano bene, e secondo me sì, li piazziamo a diecimila dollari l’uno. Visto che c’ero, ho preso anche una vecchia sveglia meccanica, per vedere se riesco a restaurarla», disse mostrandogli prendendo il reperto di acciaio lucido, con il quadrante bianco e i piccoli intarsi ancora leggermente fluorescenti.

«Siamo sicuri che non si facciano vivi gli eredi del proprietario a reclamare i vinili?»

«Nemmeno sanno cosa siano. Il proprietario era un intellettuale e li ha lasciati lì proprio perché voleva che potessero finire nelle mani solo di qualche appassionato. Poi non hanno numeri di serie, e vorrei vedere chi andrà a controllare se siano o meno al loro posto…»

«Scusami, quelle scarpe?»

«Belle, vero? Me le ha regalate il mio istruttore di speleo in Australia. Vedrò di fartene arrivare un paio, sono molto comode. Ma la prossima volta, devi venire con me e non voglio sentire scuse. Sei bravo e troppo giovane per andare in pensione. Ho in mente di scendere in una cripta…»

«Tu sei pazza da legare.»

«Lo so, grazie. Ti avviso qualche giorno prima, così tagli l’alcool e ti prepari. Bye.»

Serie: La città sommersa


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi

Discussioni

  1. Molto originale l’idea dei vinili. Mi sono chiesta cosa Arianna andasse cercando e la risposta è stata una piacevole sorpresa. Ti confesso che, leggendoti, era proprio come stare la sotto con lei 🙂