Arrivo

Lo conobbi tre anni fa a Londra, ero in gita scolastica e lui era la nostra guida, in un primo momento lo guardavo con occhi annoiati per via della storia infinita che usciva dalla sua bocca, non mi sarei mai immaginata che quella stessa sera l’avrei assaggiata. Quelle labbra furono sulle mie per secondi, ma a me parvero ore. Quando tornai in Italia ricevetti immediatamente un messaggio da un numero sconosciuto, il testo scritto in inglese mi fece sorridere, scoprì dopo che la mia migliore amica gli aveva dato il mio numero perché aveva notato il feeling che ci legava.

I nostri messaggi si trasformarono in chiamate, le chiamate in video chat e da lì iniziammo a vederci per qualche giorno sfruttando le sue poche ferie.

I miei genitori non scoprirono il vero motivo per cui io migliorai in inglese o perché mi iscrissi nel corso facoltativo della professoressa Brown che terminava, casualmente, con una gita in Inghilterra, ma sfortuna volle che la gita non arrivò mai. Diciamo che l’inglese non era fatto per me, se riuscivo a pronunciare la parola ‘’cat’’ era già tanto.

Morivo dalla voglia di vederlo ancora, non per tre o quattro giorni, ma volevo VIVERLO.

Volevo donargli tutto il mio amore, volevo disegnare con il dito il contorno del suo labbro, volevo accarezzargli i capelli, volevo un abbraccio eterno, non chiedevo tanto, solo averlo per tutta la mia vita.

Le mie preghiere furono esaudite, il sedici febbraio mi stavo dirigendo come sempre al mio bar preferito per incontrare le mie amiche, ma al mio arrivo trovai tutte le luci spente, mi venne voglia di tornare a casa frustrata ma la porta aperta mi invitò ad entrare. Appena superai la porta le luci squarciarono il buio e davanti a me trovai le mie amiche ed i miei familiari, era il mio ventunesimo compleanno, me l’ero dimenticata. La festa durò due ore, mi divertì anche se odiavo festeggiare il mio compleanno, non mi piaceva avere tutta l’attenzione su di me, i regali mi innervosivano li vedevo come uno spreco, per non parlare poi della canzone di tanti auguri, che odio.

Al momento del saluto le luci si spensero di nuovo, riuscivo a vedere solo i bagliori emanati dalle candeline della torta che veniva verso di me ed io soffrivo perché già sapevo che a breve avrebbero iniziato a cantare. Non appena la mia tortura finì, spensi le candeline il più in fretta possibile e riaccesero le luci, se non fosse stato per il mio auto controllo avrei lanciato un urlo che avrebbe infranto i vetri delle finestre, la persona che sorreggeva la torta aveva i capelli neri e i suoi meravigliosi occhi azzurri mi fissavano, era bellissimo, era il mio Jacob.

Dopo il mio compleanno scoprì che Jacob si era trasferito definitivamente in Italia, non riuscivo a crederci e a distanza di un anno, nonostante le giornate insieme, nonostante la nostra convivenza, con la mente rimasi ancora alle candeline accese del mio ventunesimo compleanno, pregando di non scoprire di essere solo in un bel sogno.

Jacob ed io facemmo di tutto, viaggiammo in sette paesi diversi in tre anni, mi fece la proposta il giorno di Natale e programmammo di sposarci il Natale successivo, addirittura decidemmo i nomi dei nostri futuri figli. Avevamo una vita piena di noi, noi eravamo uniti, noi eravamo affiatati, noi eravamo innamorati, noi eravamo.

La mattina del dieci Dicembre, un giorno in cui non riuscivi nemmeno a vedere la punta del tuo naso per via della neve, Jacob uscì per andare a lavoro. Io dormivo ancora quando lui chiuse la porta d’ingresso e salì in macchina, lui non mi salutò nemmeno perché sapeva che se mi fossi svegliata prima, avrei insistito per non farlo uscire con quella tormenta, anche a costo di litigare, ma non mi svegliai.

Verso le undici di mattina andai a farmi la doccia, era nervosa e tremavo, pensavo che fosse la rabbia che mi era montata per via di Jacob, ma più tardi scoprì che non era per quello.

Il mio cellulare aveva la vibrazione come sempre, ma la cosa che mi inquietò fu il ritrovarlo a terra. Quando lo raccolsi un brivido freddo mi attraversò la schiena, trentacinque chiamate perse e almeno due centinaia di messaggi da diversi numeri. Non ebbi tempo di leggerne nemmeno uno perché la chiamata di mia madre riempì lo schermo, appena schiacciai il tasto verde dei singhiozzi riempirono la stanza, non capì molto, ma cinque parole mi fecero cedere le ginocchia e cadere a terra. ‘’Jacob… incidente… urgente… è morto.”

I primi giorni dopo quella chiamata furono i più duri, anche se ero circondata dalla persone che amavo ne mancava sempre una.

Non riuscivo ne a mangiare ne a dormire, tutti mi dicevano che sarebbe andata meglio, che sarei riuscita a superare il lutto, perché lo fanno tutti, ma nessuno mi capiva.

Le foto, i video, le canzoni, tutto mi ricordava lui, era ovunque.

Leggevo e rileggevo i messaggi di whatsapp, le chat infinite e sdolcinate che riempivamo di cuori mi tennero compagnia per due notti, poi feci una cosa che mi fece sentire meglio, gli inviai un messaggio, un messaggio della buona notte e finalmente riuscì ad addormentarmi per la prima volta.

Nessuno riusciva a comprendere a pieno il mio disagio e non volli rivelare a nessuno la causa della mia ritrovata serenità, era un segreto tra me e lui, noi eravamo tornati a parlarci, anche se a senso unico. Da quell’unico messaggio ne partirono tanti altri, dal buongiorno al racconto di cosa gli avrei cucinato se lui fosse stato lì con me, da messaggi colmi di sofferenza alla descrizione di una gag in tv, poi, qualcosa cambiò dentro di me, i messaggi si trasformarono in necessità e mi facevano sentire sempre più vicina a lui, forse troppo..

18 Dicembre 23:30

Dalila:

Jacob, lo so che tu non ci sei più ma ieri sera ho sentito un soffio gelido vicino alla guancia, ho immaginato un tuo bacio, so che sembra assurdo, forse sto diventando pazza.. ho bisogno di te.. mi manchi..

19 Dicembre 16:24

Dalila:

Per poco non finivo contro un muro! Stavo guidando e… ti ho visto!! Eri tu lo so! O forse… forse mi sto immaginando tutto, dopo tutto, tu sei morto.

22 Dicembre 8:41

Dalila:

Perché mamma non mi crede? Io ti sento, ti vedo, lo so che sei tu, tu sei qui con me non mi hai abbandonato, o almeno non del tutto!! In questi giorni mi sei comparso sul ciglio della strada più volte mentre guidavo e… ieri mi hai toccato la spalla, lo so. Non mi prendere per pazza mandami un segno, se in un modo o l’altro leggi questi messaggi, dimmelo, ti prego…

22 Dicembre 14:02

Dalila:

ho trovato la nostra foto sul mio cuscino, è un tuo messaggio vero? Stai cercando di dirmi qualcosa lo sento!! Ti amo, lo sai che ti amo!! Era la tua foto preferita perché avevo i capelli tutti in disordine e tu scoppiavi a ridere ogni volta che la vedevi. Sei qui con me? Se mi sei vicino in questo momento sfiorami…

14:05

Non mi hai dato nessun segno, ma lo so che sei qui, la foto non l’ho lasciata io sul cuscino!! …Vero?

24 Dicembre 19:35

Dalila:

Sono tutti di là a festeggiare, ma io non voglio andarci, per me la vigilia di Natale non ha più valore se non ci sei tu.. non mi hai mandato nessun segnale in questi giorni, ti sei stancato di me? Non vuoi più girarmi attorno? Forse… la morte ti rende la mia vicinanza noiosa? Cosa vuoi che faccia?! COSA VUOI DA ME?!

24 Dicembre 23:58

Dalila:

Ehi amore, sono sul ponte più alto della città, l’aria è molto fredda, fa quasi male. La vista mi sta mettendo le vertigini, il letto del fiume è quasi asciutto e riesco a intravedere le rocce sul fondo, mancano due minuti a Natale… ah, quasi dimenticavo, ho indosso il mio vestito da sposa, quello che mi sarei dovuta mettere domani per venire all’altare da te…

‘’Finché morte non ci separi’’… non ce lo siamo nemmeno detti eppure ci ha già divisi, ma non per molto… il ponte è alto…

25 Dicembre 00:00

Dalila:

Arrivo amore.

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