
Arturo Cassani
Serie: Lo strano caso della scomparsa di Gigio Zucca e del suo (altrettanto inspiegabile) ritorno
- Episodio 1: Gigio Zucca
- Episodio 2: Gina Zucca
- Episodio 3: Arturo Cassani
- Episodio 4: Giovanni Vinger
- Episodio 5: Gli extraterrestri
- Episodio 6: Betta “Crazy” Vinger
- Episodio 7: Giorgio Vinger, primario
- Episodio 8: Gigio e Betta
STAGIONE 1
Gina Zucca si risvegliò distesa sul lettino, con il dottor Cassani che le faceva aria.
– Le mestruazioni!
A causa dello stress e dell’angoscia per la scomparsa di Gigio, aveva dimenticato quel piccolo particolare.
– Dottore, lo giuro su mio marito, sono anni che non vedo un uomo nudo! Nemmeno in televisione! – fu la prima giustificazione che le venne in mente.
– E lei crede nei miracoli? I bambini non li porta la cicogna!
– Mi scusi, dottore. Sono confusa.
– Vada a casa e si riposi. Le prescriverò gli esami del caso.
Gina Zucca uscì nel caldo di mezzogiorno. La baldanza del viaggio di andata era svanita come suo marito. Chiunque alzasse gli occhi su di lei, le procurava un brivido. Era terrorizzata, temeva che le si leggesse in viso che aspettava un figlio. Le mogli avrebbero guardato di traverso i mariti, chiedendosi chi di loro se la fosse spassata con Gina Zucca.
Arrivata a casa si chiuse dentro, sbarrò la porta, serrò le finestre rimanendo al buio.
Il dottore le telefonò il giorno dopo, ma lei gli disse che non voleva vedere nessuno. Neppure lui.
Arturo Cassani si sentì quasi offeso da quel rifiuto. Voleva solo aiutarla, in qualità di medico! Aveva sempre visto Gina come una donna in tono minore, con quell’uomo che, ha detta di molti, era entrato nella sua vita come se non dovesse fermarsi a lungo. Non conosceva Gigio così bene da confermare le voci che giravano su di lui, ossia che non aveva… insomma, lo sapevano tutti!
Quello che gli premeva di più, era la sua situazione mentale. La scomparsa di un marito avrebbe provato chiunque. Poi quella gravidanza… pensò a come si sarebbe sentito lui, se alla morte della sua cara Maria, si fosse ritrovato con un figlio da tirare su da solo.
Decise così di forzare la mano e si presentò alla sua porta.
– Signora Zucca, sono il dottor Cassani.
Non si aprì neanche lo spiraglio di un’anta, non che si aspettasse altro.
– Gina, puoi aprirmi? Sono Arturo, – riprovò.
Attese alcuni istanti, poi qualcuno si mosse dietro i muri troppo sottili per isolare dal mondo esterno.
– Perché mi da’ del tu, dottore?
Arturo si stupì che la prima preoccupazione di Gina fosse quella. Tuttavia capì che aveva aperto una breccia.
– Vorrei che ti fidassi di me. Come medico, – si affrettò ad aggiungere.
– Ma io continuerò a darle del lei.
– Come vuoi, Gina. Allora, possiamo parlare?
– La ascolto.
Non si azzardò a chiederle di aprire, sarebbe stato inutile. Si accontentò di quella concessione.
– Sai, Gina, prima di venire a vivere qui… anche io ero sposato. Si chiamava Maria. – Sorrise tra sé al pensiero di lei. – Non passa giorno che non la pensi, ma… devo andare avanti. Dobbiamo, non abbiamo scelta. Maria e Gigio vorrebbero così.
– Verrò domani. Buona sera.
*
Gina Zucca mantenne la promessa e si recò all’ambulatorio.
– Se le dicessi, per esempio, che sono anni che non faccio l’amore? Mi farebbe venire a prendere da quelli del manicomio.
Arturo mescolava meditabondo il tè.
– Effettivamente, non ci sono molti mezzi per arrivare a questa situazione. Stai male da quella sera, dici?
Annuì.
– Un bel mistero, – disse a mezza voce.
– Come, dottore?
– Niente! Cioè… voglio dire, la concatenazione dei fatti porterebbe, in assurdo, alla conclusione che siano correlati.
– Non ci crederebbe nemmeno lei, dottore.
– Quelli del manicomio ci porterebbero via insieme.
*
Gli esami certificarono che la gravidanza procedeva bene, il feto era sano e cresceva come doveva, ma Gina non volle sapere il sesso.
Arturo si era mostrato sempre più premuroso con lei. Molto paziente nell’assisterla nei momenti di tristezza. E lei aveva accettato quelle premure, che non erano più circoscritte al rapporto professionale. Accettava di aprirsi con lui, raccontando le sue pene più intime, ma anche le gioie.
Forte della fiducia accordatagli in quei mesi, Arturo prese il coraggio a due mani e un giorno le propose di uscire a cena.
Gina Zucca lasciò passare alcuni giorni, perché voleva soppesare tutte le eventuali complicazioni. Qualcuno avrebbe pensato che fosse lui il padre del nascituro? No, era troppo stimato. Chi avrebbe avuto il coraggio di presentarsi davanti a lui, con impresso in fronte il segno di quel pensiero, seppur fugace?
Ne parlò a Lucinda e convennero su una cosa: Arturo trasudava mascolinità da tutti i pori.
Dopo alcuni giorni, Gina telefonò allo studio. Disse che accettava l’invito.
*
Quella stessa sera, il campanello suonò e il dottor Cassani si fece precedere da un bel mazzo di fiori. Lei li infilò in un alto bicchiere di cristallo, annusandone il profumo. Fece accomodare l’ospite, mentre terminava di truccarsi.
Uscì a braccetto con lui, con lo scialle più bello attorno alle spalle. Lui le prese una mano, le aprì la portiera dell’auto come un gran signore e la fece accomodare. Avviò e partirono.
Fecero un breve giro del paese, seguendo i sensi unici. Il ristorante Al Ponte Coperto, in riva al fiume, era quasi deserto, eccettuate alcune coppie. Era un bel posto, con tavoli a due coperti, illuminati da candelabri a tre bracci. Gina conosceva quel posto per esserci stata spesso con Gigio, quando erano fidanzati, ma una sola volta da sposati.
La graziosa figlia dei titolari li aiutò ad accomodarsi. Aveva solo diciotto anni. Poi arrivò la signora Birchi, che aveva la stessa età di Gina, ma quella sera, al cospetto della futura madre, sembrava un pezzo più vecchia. Cominciarono con l’ordinare da bere. Arturo Cassani ordinò un quarto di vino. Si era curato di chiedere a Gina se ne bevesse o no. Solo qualche scotch, aveva risposto lei, rifugiandosi in un timido sorriso.
– Va tutto bene? – chiese Arturo, vedendo che lei non parlava.
Fece cenno di sì con il capo.
– Pensavo a quanto poco manca alla nascita di mio figlio.
Arturo notò quanto di rado, in quei mesi di visite, l’avesse chiamato mio figlio. Allungò una mano e prese la sua.
– Vuoi fare un brindisi?
– Solo un dito, grazie. Non sono sicura di poterne reggere di più.
Fecero risuonare i bicchieri.
Ordinarono il primo al signor Birchi. Leo Birchi si fermò a fare due chiacchiere con i due ospiti, quanto mai illustri. Sua moglie ne aveva parlato ogni minuto, da quando era arrivata la prenotazione telefonica. Sbirciò anche il pancione di Gina, su mandato della consorte.
Arturo si abbuffò con gli antipasti. Era da quella mattina che non mangiava. Il giro dei pazienti si era protratto oltre il previsto. Gina attese invece la zuppa e la gustò con calma. Era molto buona, ne convennero. In paese, si diceva, nessuno cucinava meglio di Aida Birchi.
– In questo posto Gigio mi portò al primo appuntamento. In quegli anni non avevamo soldi. Ordinammo un secondo in due.
Il dottor Cassani stava spiluccando la fetta di torta.
– Allora è destino.
– Uno strano destino. Ha fatto tanti di quei pasticci, con le nostre vite.
– Credo che i fatti della vita, i dolori soprattutto, vengano a preparare gioie più grandi. Ho conosciuto molte donne reagire e ritrovare la serenità. Anche tu ce l’hai fatta. Complimenti.
Gina sorrise.
– Anche grazie a te, Arturo.
Per la prima volta pronunciò il suo nome e lo fece con affetto.
– Devo assentarmi un istante, – annunciò.
Fece per alzarsi, ma ricadde sulla sedia, le mani premute sul pancione, respirando a fondo.
Arturo si alzò subito, intuendo che stava per succedere. Chiamò Aida Birchi, chiedendole di telefonare all’ospedale.
L’ambulanza arrivò dopo pochi minuti. Tutta la famiglia Birchi circondava la partoriente. Non c’erano più dubbi. Anche gli altri clienti seguivano lo svilupparsi degli eventi, ma a debita distanza. Gina Zucca sentiva già dolori forti e gemeva. Il dottore le teneva la mano e le diceva belle parole.
Il tragitto per l’ospedale fu breve e privo di traffico. Fu portata subito in sala parto.
Fuori Arturo si alzava in continuazione e girava nervoso per la stanza. Visse l’attesa come se fosse lui il padre del bambino.
Passavano medici e infermieri in continuazione, ma nessuno sembrava interessarsi a lui. In effetti, nessuno pensava che aspettasse la nascita di qualcuno. Era vedovo.
Finalmente, dopo un periodo passato a sonnecchiare su una sedia, un’infermiera lo scosse per un braccio. Sorrideva, segno che tutto era andato bene.
– Signor?
– Cassani.
– Signor Cassani, sua moglie è fuori dal coma! – annunciò trionfante.
– Coma? Quale coma! Gina aspetta un bambino! E poi non…
– Oh! Mi scusi, mi scusi tanto! – disse lei, paonazza. Poi se ne andò con le mani sulla faccia, ridendo isterica.
– E poi non è mia moglie… non ancora.
Cassani si rilassò, ma il cuore gli batteva forte. Poi si aprì la porta e un medico gli fece cenno che poteva entrare.
Gina teneva il bambino al petto. Era avvolto in una copertina celeste dell’ospedale. Si sedette accanto al letto e lei lo guardò soddisfatta. Il cuscino era madido di sudore. Doveva essere stata una faticaccia.
Scostò un lembo di lenzuolo. – Guarda com’è bello.
– Assomiglia un po’ a Gigio.
Era il suo ritratto sputato.
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- Episodio 7: Giorgio Vinger, primario
- Episodio 8: Gigio e Betta
Ciao Emanuele, ogni episodio è sempre gradevole e piacevole, la trama ha preso una piega inaspettata, tutto continua ad essere avvolto nel mistero, compresa la gravidanza di Gina… Tutto ben architettato! Complimenti, al prossimo episodio!
Grazie. Spero di continuare così.
Grazie, sono contento che ti piaccia. Ma se hai consigli e osservazioni, sono ben accette. Servono a migliorare.
Questa serie migliora sempre. Complimenti vivissimi.