ARZIGOGOLI E VOLI PINDARICI

Volevo usare un termine appropriato per indicare l’inizio. Poi, ho scoperto che l’inizio è proprio il termine adatto. È il termine perfetto per indicare che si comincia. Ma se l’inizio è un termine, anche il termine, inteso come la fine, è un termine. Quindi per la proprietà transitiva l’inizio e il termine sono la stessa cosa.
Sto cominciando alla grande, e pensare che non avendo niente a cui pensare l’ho pensata bene, davvero un inizio fantastico, in linea con le aspettative.
Inizio e termine stanno assieme come guerra e pace. Si inizia con la guerra e, inevitabilmente, magari dopo un secolo – vedi la guerra dei cent’anni, si finisce con la pace, che in ogni caso, sia che si tratti di un conflitto breve o lungo, va sempre attribuita a qualche divina intercessione, senza scambi di giocatori neroazzurri per chiarezza. Che poi sia pace vera o pace eterna dipende da quanta fortuna il destino ci avrà riservato, e visto che il destino ci tiene alla privacy – è riservatissimo – , non resta che aspettare. Maghi e cartomanti sono a disposizione per prevederlo con il loro classico numero in sovraimpressione 899……… totalmente disinteressato; degli interessi ci penseranno poi gli usurai, a loro importa solamente che si versi il capitale richiesto per le fatture prive di fattura da saldare rigorosamente in contanti: pos o non pos? No pos! C’era da aspettarselo, d’altronde sono fatti personali, e ogni loro tracciamento deve essere precluso.
Ho iniziato un viaggio nel mondo fantastico delle parole e dei modi di dire. Visto che tutte le strade portano a Roma, giustamente, la stazione ferroviaria non poteva che chiamarsi Stazione Termini. Il guaio è cominciare il viaggio di ritorno dalla Stazione Termini. A questo ci hanno pensato gli avvocati dell’ente Ferrovie dello Stato stipulando, a norma di legge, precisi termini contrattuali per eliminare ogni possibile equivoco; così possiamo partire tranquillamente dalla Stazione Termini anche con un biglietto di sola andata.
Ogni inizio ha il suo termine naturale; il primo gennaio è l’inizio dell’anno ed il trentuno dicembre è il termine ultimo di ogni calendario, sia che si tratti del calendario mariano di suor Cristina, che quello poco mariano di Mariano, il calendario con più di tre Marie, dodici per l’esatezza, appeso in bella mostra in officina con tanti lati “b” delle “bbone” di turno. Ora anche l’ex suor Cristina, a ben vedere, non avrà difficoltà a riciclarsi ed a fare il grande passo, magari sul calendario Pirelli, giusto per restare in tema automobilistico.
Come già detto il primo gennaio è l’inizio ed il trentuno dicembre è il termine, curiosamente il trentuno dicembre viene anche prima, magari di poco, del primo gennaio: quindi le due date in questione stanno vicinissime e lontanissime contemporaneamente. Dipende tutto dal punti di vista, come direbbe Einstein, perché il punto di osservazione è determinante secondo la teoria della relatività. Oggettivamente non mi è ben chiara questa teoria, forse per qualche buco nero, qualche mia lacuna spazio-temporale che devo colmare visitando…….Colmar: la cittadina Alsaziana in territorio francese. Peccato che i cittadini di questa ridente località,  con le sue pittoresche e caratteristiche casette colorate, non ne sappiano niente: è il famoso colmo di Colmar, che con il mare non ha nulla a che vedere trovandosi proprio in mezzo al continente.
Chi ben comincia è già a metà dell’opera. Non so se sia un bell’inizio il mio, è neanche se i melomani, dopo un’Ouverture strepitosa alla Muti, gradirebbe sentire a seguire l’inizio del terzo atto di un’opera muti, silenziosi. Prendo atto che ogni atto va messo in atto a tempo debito, anche se dar credito a simili sciocchezze è un atto sconsiderato, considerato tutto.
“Fabius P., il tuo è un discorso sconsiderato, considerato tutto, i tuoi ragionamenti arzigogolati non dicono nulla, sono solo dei voli pindarici. Vedi d’impiegare meglio il tuo tempo.”
Giusta osservazione, devo rimettermi in carreggiata.
Parlavo all’inizio dell’inizio, ora, che ho già passato il giro di boa, la mia opera volge al termine. Brutta cosa l’inizio della fine. Vediamo di spostarlo più indietro possibile.
Il termine fine è un modo poco fine, direi inelegante quanto brusco, per indicare il punto terminale di arrivo. Gli inglesi ci mettono anche un articolo davanti alla fine The End, noi no: “Fine”.
Lo scopo di tutto, cioè il fine ultimo di un’opera, non solo musicale, anche pia e più estesamente di un’opera in generale, non deve corrispondere alla fine conclusiva – una sottigliezza fine che ho colto fin dall’inizio di questa disamina senza anima, bella senz’anima, un po’ sCocciante direi -, ma tendere al raggiungimento di un ideale più alto, a volte irrealizzabile perché utopistico. Ma il fine giustifica i mezzi ed i due mezzi, che assieme fanno un intero, sono pienamente giustificati per raggiungere quel fine che da soli, al 50%, si allontanerebbe inevitabilmente. L’unione fa la forza. Allora forza Unione – è la squadra del cuore, la Triestina, saldamente in fondo classifica, per le tante mezze cartucce che perdono colpi ad ogni partita -. Ma questa è un’altra storia tutta da dimenticare che interessa molto più di quel che si pensi, ma solo dalle mie parti, mentre la mia storia è relegata in un sito per pochi aficionados, ma fortemente interessati.
Il traguardo di questo viaggio fantastico nel mondo delle parole dai significati multipli, vero banco di prova per i traduttori automatici, è alle porte. Viaggio che porta con sé parte di me, una parte oscura come l’altra faccia della Luna. Non potevo finire meglio che con la musica di “The Dark Side of the Moon”, e con le note finali di “Eclipse” dei Floyd Rosa.
L’inizio della fine è già nell’inizio: che fine osservazione filosofica. Ora che sono alla fine, dell’inizio ho solo un vago ricordo. Sarà perché sono astemio e inspiegabilmente alticcio, e queste poche righe ne sono la riprova.
Ora non mi resta che mettere un punto, un punto fermo, quel punto di non ritorno apposto dopo la parola fine: “.”

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Discussioni

  1. “Ora non mi resta che mettere un punto, un punto fermo, quel punto di non ritorno apposto dopo la parola fine: “.””
    Il bello è che dopo il punto, si gira pagina ed ancora tutto da scrivere. Penso che anche la Fine sia il preludio di un nuovo Inizio ❤️

  2. Bisogna approfittare di questo tuo bellissimo volo pindarico per farci i migliori auguri di buona fine (di cosa poi, visto che il tempo è relativo?) e di buon principio (che, detta così, fa già paura di suo!). Un giorno, se mi gira bene, provo a tradurti e vediamo cosa ne viene fuori!

    1. Adesso capisco perché l’Esperanto non ha mai attecchito: è una lingua priva di doppi sensi, una noia mortale, non potrei sopravvivere. Complimenti per aver letto questo mattone mortale, mi hai tolto un peso dallo stomaco. Ricambio gli auguri che riciclerò da buon istriano frugale.

  3. Ti confesso che a volte starti dietro non e` facile. In genere, pero`, e` l’ eccezione che conferma la regola. In questo caso ho dovuto spremere le meningi per cogliere il senso dei tuoi doppi sensi; non avendo, pero`, tutto chiaro. Ti giuro che non e` una critica. Il limite e` tutto mio. Il genio e` cosi`: incompreso (talvolta), per definizione. E` solo che riesco a integrarmi meglio tra gli aficionados che ti seguono, quando voli alto o anche terra-terra; pero`- ti prego – in modo piu` accessibile ai medio-dotati come me. La vita puo` essere faticosa anche per chi, come noi, ha smesso di timbrare il cartellino. La leggerezza di cui sei capace sarebbe di grande aiuto. Grazie Fabius.

    1. Mi rendo conto della complessità e della follia intrinseca di questo racconto. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco, questa è una “ciambrutta”. L’importante è che ti siano piaciute le mia scuse per aver messo in ridicolo il “tuo” Lorenzo nel libriCK Gli Addii.