Aspirine

Serie: Un pessimo desiderio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Il timore più grande di Martina era quello di dover spiegare al proprio padre come mai in ogni scuola che frequentava venisse odiata a tal punto da dover ricorrere alle cure mediche… ma era quasi certa che la soluzione di papà l'avrebbe costretta al pronto soccorso.

Martina inspirò rumorosamente e dolorosamente.
Le imboscate delle sue bulle preferite stavano diventando una costante davvero poco piacevole.
Prese dei tovaglioli di carta dal distributore, mettendoli sotto l’acqua fredda e tamponando l’occhio dolorante. La sua speranza era quella che tutto sparisse magicamente grazie all’impacco improvvisato, aveva i jeans bagnati sul sedere, quando era stata spinta a terra e calpestata con disgusto e disprezzo non si era accorta di essere seduta sulla perdita dello scarico di uno dei
lavandini.

Si
 guardò nuovamente l’occhio rosso sangue con un iride di un azzurro talmente chiaro che pareva grigio.

– Fanculo! – Sussurrò dolcemente sistemandosi alcune ciocche ribelli dei capelli, color carota slavata, che le ricoprivano abbondantemente le spalle,  scomposti e sfilacciati dai troppi maltrattamenti subiti da quando aveva una memoria scolastica.

Suonò la campanella d’inizio delle lezioni.
Uscendo dal bagno la ragazza guardò timorosa se per caso una delle sue aguzzine la stesse aspettando, ma il corridoio era vuoto e silenzioso.

Il suo armadietto era riconoscibile da lontano: graffiti che ne attestavano l’animo mercenario e dissoluto, recitavano in modi coloriti e fantasiosi più o meno la stessa identica cosa: Martina sei una troia del cazzo!
Molti insulti erano semplici affermazioni accompagnate da uno o più punti esclamativi, alcuni erano puerili scritte veloci vergate in uno stampatello frettoloso ed impreciso, ma pochi erano delle vere e proprie opere d’arte calligrafica. Il più bello asseriva: PUTTANA RUBACAZZI! Ed era scritto con il font usato da una vecchia band progressive metal, i Dream Theater.
Aprì lo stipetto, tirando fuori una felpa pulita di un grigio antracite con delle belle linee rosse sulle maniche che salivano fin sulle spalle.
Visto l’andamento giornaliero gioioso e spietato, teneva al suo interno un intero guardaroba. Mise la felpa puzzolente in una busta di bioplastica, annodandola e richiuse lo sportello metallico, si diresse infine verso la propria aula. Aprì la porta con il cuore al galoppo e l’angoscia  nell’anima.

– Come mai questo ritardo signorina Marini? Aveva scordato che le lezioni iniziano sempre alle otto e trenta? – La signora Nicoletta Micheletto, professoressa di italiano, stava appuntando sul registro di classe una nota di demerito dell’alunna Marini Martina.
– Questo è il terzo ritardo in un me— – La professoressa notò interdetta l’occhio pesto della sua alunna.
Si alzò di scatto, prendendo il registro personale e si avvicinò alla sua allieva con l’occhio offeso.
– Venga con me signorina Marini! Voi restate tranquilli fino al mio ritorno, se sento che fate casino, manderò una nota vocale ad ognuno dei vostri genitori! –
Uscirono dalla classe e non appena la porta venne chiusa, esplose un chiacchiericcio concitato e qualche urlo di gioia.
La
professoressa sospirò rassegnata. – Vieni in infermeria! Chi è stato? Paladino e la sua cricca o la Di Caro? Che ti hanno fatto questa volta? Ci vedi bene? – Camminava veloce tenendo Martina per un braccio.
– Non è niente prof! Ci vedo bene, sono solo inciampata battendo l’occhio sul lavandino. –
– Uno di questi giorni ti faranno davvero male ed io non ho nessuna voglia di chiamare il centodiciotto per farti portare via d’urgenza con un paio di coltelli conficcati nella schiena! Ma perché ce l’hanno tanto con te? –
La professoressa carezzò la testa della ragazza sistemandole delle ciocche di capelli umidi, appiccicosi e disordinati.
– È che sono nuova, mi piace leggere e studiare e non sono quella che si definisce una ragazza socievole… – Stava toccandosi l’occhio e valutando il livello di dolore e del gonfiore.
L’infermeria era chiusa a chiave, sulla porta una targhetta adesiva in vinile con la scritta che indicava lo scopo della stanza e un quadrato verde con una croce bianca al centro. L’insegnante cercò la chiave nel portachiavi della scuola che ne conteneva più di quaranta, la riconobbe immediatamente: era stata colorata con un pennarello indelebile di un bel rosso fuoco.
Entrarono con le luci al neon che lampeggiarono un paio di volte prima di accendersi ed illuminare di una fredda luce azzurrognola il piccolo ambiente dotato di un lettino da ambulatorio, un armadio con vetrina con all’interno numerose scatole di farmaci vari per il primo soccorso, una vecchia cattedra dotata di sedia e un lavabo montato a parete accanto alla finestra con una veneziana in alluminio verde, in un angoletto vi era anche un piccolo frigo chiuso con un lucchetto che conteneva farmaci sensibili al calore.
Una chiave piccola apriva l’armadietto dei farmaci, la professoressa estrasse delle buste di ghiaccio istantaneo e ne colpì una con un pugno ben assestato, per poi scuoterla con decisione.
– Mettici sopra questa busta di ghiaccio e tienila fino a quando non finisce l’effetto del freddo. – Lanciò con precisione la bustina bianca, che era già diventata freddissima, in direzione di Martina, che riuscì ad afferrarla al volo con qualche difficoltà.
– Ci vorranno alcuni giorni prima che l’edema si riduca e il sangue nella sclera venga riassorbito… Dovresti denunciarle! Non puoi andare avanti così! –
– Se mi azzardo a fare una cosa del genere dovrei cambiare nuovamente scuola… O addirittura città! Non avrei più pace sui social, anche se già ora sono tartassata di insulti. Non ho mai fatto loro niente di male, non ho mai neanche parlato davvero con nessuna di quelle “brave” ragazze. La mia speranza è che si stanchino e mi lascino perdere, prima o poi. – Martina premeva con forza quella busta gelata sull’orbita gonfia.
– Io ti sto avvisando, se non fai qualcosa e reagisci con veemenza alle loro provocazioni, diventeranno sempre più pesanti e violente… Sarebbero da condannare anche i genitori! – La prof diede due aspirine alla ragazza.
– Manda giù queste, per attenuare un pochino il dolore. – Martina prese le pastiglie, ingoiandole senza neanche pretendere un sorso d’acqua.
– Grazie prof! Mi dispiace averla incomodata per una simile scio— –
– Non azzardarti a chiamarla sciocchezza! – Si alzò in piedi battendo le mani sulla cattedra. Martina sussultò leggermente.
– Questa è violenza! Fisica e psicologica! Non sono bravate da studentelli idioti o stupidaggini da archiviare velocemente come “ragazzate”! –
All’insegnante tremava la voce, forse anche lei ai suoi tempi aveva subito una qualche forma di maltrattamento.

Serie: Un pessimo desiderio


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. L’ho trovato disarmante. Riesci a narrare dei fatti orribili, in tutta la loro crudeltà, con un linguaggio semplice e efficace che rende il tutto ancora più di effetto. Mi fa venire una rabbia quel gruppetto di bulle…e la protagonista che quasi si giustifica per ciò che ha subito, un’animo nobile e sensibile, spero riesca a restare tale in mezzo a tutte queste angherie. io al suo posto già starei meditando vendetta…
    Bravo Emi!
    cuoricini cuoricini cuoricini

    1. …Poi mi uccidi, poi mi uccidi
      Quegli occhi sono due fucili, due fucili… 😀
      Ciao Dea! ♥ Vedi? Io vado di Alt+3 così ottengo il cuoricino dal computer dell’ufficio.
      Devo però dirti che mi sono stancato di ringraziarti ogni volta che commenti! Mi scrivi delle cose bellissime che mi lasciano con un sorriso ebete per mezza giornata. Ammettilo, è una cosa voluta, per farmi passare come il tizio scemo del magazzino! 😀
      Comunque Martina è uno di quei caratteri che mi piacciono tanto: è complessa e semplice al tempo stesso. Neanche io so fino a dove potrebbe spingersi adottando la giusta leva. Beh dai, staremo a vedere!
      Anche io chiudo con i ♥♥♥ ma moltiplicati per mille.

      1. Spetta spetta che provo ♥♥♥ … ho imparato! Evviva! E dopo la differenza tra le ciliegie e le amarene ora so fare i cuoricini con la tastiera!!! ♥♥♥

        1. Ahahahahha! 😀 Credo che ci siano altre scorciatoie per la creazione delle emoji tramite tastiera: i due punti + la D maiuscola fa la faccina che ride compostamente. 😀 Bisognerebbe trovare le combinazioni di tasti giuste e credo si possano fare tutte le emoji! Ma a noi piacciono i cuoricini, stramaledetti cuoricini!

        1. Già, già! Mi piace illustrare le mie storielle. E poi adoro disegnare i miei personaggi per dare loro delle movenze o delle caratteristiche che si riflettono nella scrittura.

    1. In una situazione del genere il comportamento dei bulli è facilmente prevedibile, sembrano fatti con uno stampo dedicato: cattivo, stupido e sadico. È leggermente più complicato capire la reazione delle loro vittime. Martina è la vittima per eccellenza: non reagisce, sopporta tranquillamente il dolore fisico ed evita accuratamente di mettere al corrente gli adulti. Praticamente è un sacco da allenamento! Ma mi sa che fra un po’ le cose tenderanno a prendere una strana piega. 😀
      Grazie mille Tiziana! ♥

  2. Qui la storia si fa seria, ma raccontata in un modo stimolante, che coinvolge, colpisce e fa male, leggendo gli insulti rabbiosi sul muro, quasi come il pugno nell’ occhio di Martina, pensando a quanto spesso succeda davvero. Noto un’evoluzione importante nei contenuti dei tuoi libriCK che mi spinge a seguirti ancora, da fan, come sempre.

    1. Ciao Emme! ♥ Grazie sempre di cuore per le tue parole che ogni volta sanno regalarmi uno di quei sorrisi stupidi che adoro descrivere. Diciamo che il racconto su Martina è il più duro che ho mai scritto e sfocia spesso in zone d’ombra che non frequento solitamente e ho sempre il terrore di esagerare e impantanarmi in pozze di cattivo gusto. In caso, mandami un messaggio pieno di suoni onomatopeici di disgusto e rabbia! Oh, guarda che ci tengo… 😀

      1. I tuoi racconti che mi disgustino non riesco proprio da immaginarlo. Sei un vero artista, con le parole e con le immagini, e puoi farci solo sognare o sorridere o intenerire, con i tuoi personaggi sempre straordinari.

        1. Non c’è un cuore gigante come emoticon? Voglio un cuore gigante! Da piazzare qui come risposta! Deve coprire buona parte dello schermo e lampeggiare ogni volta che accedi al sito di EO! ♥

  3. Un inizio promettente, emotivamente coinvolgente, che affronta con coraggio un tema delicato. Con un lavoro di rifinitura su stile, coerenza narrativa e controllo lessicale, può diventare un ottimo racconto di formazione e denuncia. Aspetto di leggere il seguito.

    1. Grazie Rocco! Grazie mille per la lettura e per i consigli. Io mi ritengo sempre uno scribacchino alle prime armi che si diverte a raccontare di mondi e luoghi immaginari. Questo esperimento, dove una ragazzina subisce le angherie di una scuola sadica e cinica, nasconde una mia voglia di esplorare i punti di rottura di caratteri apparentemente forti. Se ne avrai ancora voglia, indicami pure i punti che ritieni più deboli o che necessitano di una ristrutturazione, io preparerò la malta e l’azolo da miscelare e il cappellino fatto con la carta dei quotidiani! 😀

  4. Un racconto molto denso e nello stesso tempo fluido. Il nucleo dell’azione è potenziato dagli ottimi dialoghi e da una descrizione snella e curata, che amplia le dimensioni spaziali delle situazioni e il relativo coinvolgimento del lettore. Il dispositivo narrativo funziona davvero bene, toccando un argomento delicato con sensibilità e intelligenza.

    1. Ciao Luigi! Grazie infinite per il tuo commento e per le tue parole inebrianti! Spero di riuscire a conservare un buon livello d’interesse mantenendo sempre il giusto equilibrio… La mia tendenza è quella di esagerare nelle descrizioni o nelle reazioni dei personaggi e spesso devo trattenere il mio entusiasmo! 😀 In ogni caso è un privilegio sapere che ciò che racconto attiri l’attenzione!