ASTINENZA

Lei è in astinenza. Sente le voci, voci maligne, voci fameliche le vogliono divorare le interiora.

Trema di freddo, ma muore di caldo. Troppo stanca per dormire e troppo a pezzi per restare sveglia. I minuti sembrano ore, le ore sembrano giorni interminabili. Come interminabile è il pensiero costante.

Tempo congelato, nessun rumore, nessun movimento, se non fosse per il ticchettio dell’orologio a muro che scandisce la giornata in modo lento e doloroso. Malessere interiore che rode come un roditore, smangiucchia le membra stanche e indebolite da quella malattia mortale che è l’eroina.

A differenza del nome che possiede, non ti dona super poteri, ma ti toglie l’anima. IL suo abbraccio caldo è fittizio, nulla vale quanto lei nella vita, anche se sai che la vita ti sta abbandonando. Nessun amico, nessun parente, nessun affetto. Niente vale quanto lei.

Lei è diventata mamma, amica, sorella, cugina…IL TUO TUTTO, IL TUO MONDO DISTORTO.

Il pensiero si innesca, veloce, fulmineo, come il bagliore che illumina i cieli estivi prima della tempesta distruttiva.

Fuori è primavera, c’è il sole, gli uccellini cantano e dal prato si ode una margherita che sboccia cantando canzoni felici ricche di emozioni positive. Ma dentro, dentro tutto è morto, distrutto, caduto a terra; non esiste niente di positivo, solo quel pensiero, che, fasullo, la riempie di vita. Il suo panorama interiore è un insieme di distruzione e declino. Un bosco di notte dove i rami sembrano dita artritiche e spezzate dal vento.

I suo occhi. I suoi bellissimi occhi verdi, ora sono neri e vacui. Riflettono come uno specchio incrostato la sua intenzione di demolizione. Brilla la lama dentro le pupille nere, brilla quella scintilla malefica. Il senso di colpa per il solo pensiero è così forte da necessitare di una ferita esterna, affinchè i fantasmi trovino un pertugio dal quale uscire – fantasmi che sbeffeggiano.

Lei non vuole, ma loro glielo ordinano. Cantano come bambini al parco giochi ” fallo bambina fallo e noi scompariremo, fallo bambina fallo e ti sentirai meglio”.

Il tempo si scongela, tutto è veloce ora. La mano afferra la lama, la lama incide la pelle, il sangue inizia a sgorgare rosso fuoco, colata di lava dall’Etna. Quel sangue indica la fuoriuscita dei suoi demoni più reconditi.

È successo, lo ha fatto, di nuovo, per resistere alla voglia incontrollabile di ferirsi aspirando fumi stupefacenti. In un secondo sembra tutto finito. Il tempo è nuovamente sospeso; mentre la piccola attende che le voci scompaiano, così come sono comparse, uscendo da quelle enormi fenditure, profonde come fosse delle Marianne.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. La descrizione dettagliata di una forza distruttiva messa in atto per sfuggire ad un’altra altrettanto distruttiva, esaltata nel rigo dalla contrapposizione di un ambiente che invece costruisce e vive, ormai lontano però dall’animo della protagonista. Ci sono incubi, tutto viene capovolto e sostituito dalla dipendenza. C’è un attimo però in questo scritto che pur se effimero è evocativo di una forza, l’attimo dell’attesa, tra il non poter resistere alla tentazione e l’autolesionismo, quello è l’attimo della scelta e in cui è possibile “vedere” altro, incanalando il tormento in possibilità. Apprezzato.

  2. un trip malato ma raccontato con una certa poesia, come Nico dei Velvet Underground… qualcosa di diverso, ma credo che se fosse meno sfilacciato in alcuni punti sarebbe più incisivo

  3. “Cantano come bambini al parco giochi ” fallo bambina fallo e noi scompariremo, fallo bambina fallo e ti sentirai meglio”.”
    Questo passaggio mi è piaciuto
    Come le bambine di Freddy Krueger

  4. Questa è una storia che produce dolore, e per come è scritta potrebbe attingere in parte da un dolore vissuto e non necessariamente dalla fantasia (lungi da me voler indagare nella genesi del brano e nei possibili risvolti personali). Non sono rimasto indifferente, una dipendenza così forte può antropomorfizzarsi, assumere sembianze umane, condizionarti, ridisegnare le priorità e sostituirsi agli affetti. Ma in ogni caso, in ogni epilogo, la speranza di una condizione migliore a cui aspirare resta sempre. Ho molto apprezzato inoltre lo spaccato sull’aprirsi della primavera.

  5. “una margherita che sboccia cantando”
    Qui siamo nell’ambito della sinestesia, molto diffusa in poesia, meno presente nella prosa e molto gradita. Anche perché questo brano è avvolto da un alone poetico, anche se lo sfondo è buio e disperato

  6. Un testo estremamente psicologico, per nulla facile. Rimarchevole la capacità di analisi ed esternazione del disagio interiore. La lucidità con cui vengono descritte le sensazioni riesce perfino a creare una separazione, un dentro e un fuori. Particolare menzione per le metafore: i bambini, la fossa delle Marianne. C’è perfino una margherita che “canta”.

    In generale mi sento di consigliare, molto umilmente, di non ricorrere a frasi in maiuscolo perché la forza evocativa è tale che proprio non se ne sente la necessità: ma questo è il suggerimento di un ammiratore.
    Confido di leggere presto nuove opere di questa autrice.