
Bastardo
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Morirò d’estate
- Episodio 2: Bastardo
STAGIONE 1
«Ciao papà, come va?» gli chiesi senza troppo entusiasmo.
« E come dovrebbe andare? Faccio la solita vita, quella che fanno i vecchi».
Riusciva a disturbarmi anche a chilometri di distanza; anche quando rispondeva, al telefono, ad una semplice domanda.
Parlare con lui era sempre un travaglio interiore: come una ferita che si riapre improvvisamente e ti sporca il vestito buono.
Il suo tono di voce molto basso e a tratti singhiozzante lo rendeva buffo agli occhi della gente, ma per me non era altro che un timbro fastidioso e sgradevole da ascoltare.
Le sue parole spesso lamentose e tutte quelle bugie che proclamava come verità assolute erano tediose e spesso dolorose: come dita conficcate nelle orecchie fino a farti sanguinare.
«È mio padre!» continuavo a ripetermi mentre parlavo con lui al telefono.
«Sei solo un bastardo» continuavo a sentire dall’altra parte della cornetta, anche se mi stava parlando dei suoi problemi alle ginocchia e della pasta troppo scotta che aveva mangiato per cena la sera precedente.
Dopo neanche cinque minuti di conversazione ero già sfinito e privo di energie. Mi sentivo impotente e non riuscivo a capire perché mio padre esercitasse tutto questo potere su di me.
Perché, nonostante fossi fuori casa da oltre due anni le sue parole riuscivano a condizionare il mio umore e le mie giornate.
Le sue parole suonavano sempre come sentenze definitive e avevano la capacità di farmi sentire sbagliato.
Con la scusa che dovevo fare colazione e prepararmi per prendere servizio, lo salutai con un frettoloso «Ci sentiamo presto!» e attaccai il telefono assalito dai miei soliti sensi di colpa per non essere riuscito, ancora una volta, a provare qualcosa per lui: fosse stata anche solo rabbia o più semplicemente indifferenza.
Ma niente! Il mio cuore non aveva spazio per lui e se continuavo a cercarlo era solo perché mia madre me lo chiedeva.
Come al solito, dopo averlo sentito, fui accompagnato per l’intera mattinata da un senso di vuoto e smarrimento, tant’è che anche i miei colleghi, che mi conoscevano da pochi giorni si accorsero che qualcosa non andava e mi chiesero se stessi bene.
«È solo un po’ di mal di testa» risposi.
Forzai un sorriso e continuai il mio lavoro cercando di non pensare più a mio padre.
Terminato il mio turno, andai a casa e dopo una veloce doccia decisi di uscire a fare una passeggiata.
Ero arrivato lì da soli quattro giorni e oltre quello spicchio di mare e quella strana signora non avevo ancora visto nulla.
Quel pomeriggio, quindi, decisi di esplorare questa piccola isola che assomigliava tanto a quelle cartoline turistiche che si inviavano a parenti ed amici dopo aver scritto qualche riga di saluto e averle accuratamente affrancate con un bella slinguazzata al francobollo.
Mi diressi lentamente verso la via principale del paese e dopo aver percorso qualche centinaio di metri, vidi un panificio con un’insegna luminosa che diceva: “Caldo, caldo. Buono, buono”.
Entrai attratto dalla fragranza del pane appena sfornato misto a quell’odore dolce e un po’ salato prodotto da biscotti e crissini.
Subito il mio sguardo fu catturato dalla signora che era davanti a me.
Non ci volle molto a riconoscerla.
Era lei: capelli ricci che le accarezzavano le spalle minute; occhi azzurri piccoli come due lucine lontane e poi quella voce smorta e monotono che la rendeva spettrale.
Ero terrorizzato e allo stesso tempo incuriosito.
Questa volta non ero solo e soprattutto non c’erano rocce dalle quali poter precipitare.
La osservai mantenendo la testa bassa e cercando di non farmi notare e solo quando la commessa, dopo averla servita, la congedò con un «Alla prossima signora Enza» alzai lo sguardo e la gurdai dritta negli occhi, lei mi accennò un timido sorriso di cortesia e andò via.
Enza si chiamava.
Ora quello strano “essere” aveva un nome.
Uscii dal panificio senza comprare nulla e attratto come una falena dalla luce, la pedinai deciso a scoprire chi fosse e cosa volesse dirmi.
Era piccola di statura ma il suo passo era veloce, tant’è che più di una volta rischiai di perderla di vista.
Arrivata nei pressi di un vicolo stretto e illuminato, si girò di scatto e mi disse: «Siamo arrivati Luca!»
Rimasi impietrito per qualche secondo.
Mi aveva visto, ma per tutto quel tempo aveva fatto finta di niente.
La mia testa mi diceva di scappare ma il mio istinto mi spingeva a rimanere lì.
Senza proferire parola, ma con un grande sorriso, mi fece cenno con la mano indicandomi di seguirla.
Le andai dietro come dominato da una forza esterna e mentre la seguivo, l’angoscia provata pochi secondi prima, aveva stranamente lasciato spazio alla serenità: quella che provavo da bambino quando la notte mi sentivo protetto da mia madre, anche se lei era in un’altra stanza.
Entrai nel vicolo anticipato da lei, che sorridendo, mi invitò ad entrare in una casetta in pietra: nell’atrio esterno c’erano due vasi di petunie rosa profumatissime che adornavano la porta d’ingresso in legno di un colore verde acceso.
Sembrava di essere in un quadro in stile retrò Cottagecore.
Una volta entrato, sempre gesticolando mi indicò uno specchio, mi avvicinai incuriosito e vidi riflesso un uomo: altissimo; pochi capelli in testa; occhi grandi come due olive color nocciola e un sorriso pieno e genuino.
Rimasi pietrificato dinanzi a quell’uomo dall’espressione dolcissima, che con un tono di voce rassicurante e confidenziale, come se mi conoscesse da sempre, mi disse: «Sarai felice!».
Sembrava la mia voce.
Era la mia voce!
Scappai terrorizzato senza mai girarmi indietro e nella mia testa sentivo solo l’appellativo che mio padre per anni mi aveva dato: «Bastardo! Bastardo! Bastardo!»
Tornai a casa sfinito e con gli occhi pieni di lacrime.
Guardai l’orologio a forma di caffettiera appeso in cucina: non erano neanche le venti, ma ero distrutto e spossato, quindi senza neanche lavarmi né cenare andai a dormire, sperando di risvegliarmi e scoprire che era stato solo un brutto sogno.
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Morirò d’estate
- Episodio 2: Bastardo
Un racconto intrigante, andró a leggermi il primo episodio e credo che seguiró volentieri questa serie.
Grazie M. Luisa per l’apprezzamento e per i tuoi commenti. 🙏🏻😊
“Parlare con lui era sempre un travaglio interiore: come una ferita che si riapre improvvisamente e ti sporca il vestito buono.”
Questa frase mi ricorda qualcosa di tristemente familiare.
🙏🏻❤️
Ciao, Corrado, ho letto di fila i tuoi primi due episodi. Leggendo la data di nascita di Luca e la sua età, qualcosa non mi torna: o il protagonista parla dal futuro o ha la memoria di due vite. Forse il 12/12/1999, quando aveva vent’anni, è morto e rinato anche solo moralmente? Grazie per questa interessante lettura. Aspetto il prossimo capitolo🙂
Ciao @conchita59
tutto ciò che non torna spero che ti tornerà nei prossimi episodi.
Spoiler: ci sono vari modi di nascere e di morire.
Grazie per essere passata da qui e aver perso un po’ del tuo tempo per leggermi.
Il peso del padre si sente davvero, e rende ancora più forte l’impatto della parte visionaria. Lascia addosso quella strana inquietudine che ti fa venir voglia di sapere cosa succede dopo.
Grazie @pasqualetintore per essere passato a leggermi 🙏🏻
Spero di poter continuare a farti venire voglia di farlo. 😊
È certamente particolare, la narrazione. A tratti un po’ difficoltosa, per me che sono poco avvezzo a letture con elementi surreali o con introspezioni molto spinte. Però mi ha incuriosito. Grazie per la lettura
Sono consapevole che probabilmente una narrazione con vari elementi, può apparire a tratti “schizzifrenica”, ma in parte che anche ciò che voglio: raccontare il tormento di un giovane uomo che cerca di sopravvivere al suo passato e trovare un suo posto nel presente.
Gli elementi surreali vogliono essere (o almeno ci spero) il “gancio” tra ciò che è stato e quello che potrebbe essere.
Grazie a te per avermi letto Paolo. 🙏🏻
Ciao Corrado, ti ringrazio per la spiegazione che mi fa tornare i conti. Ma non badare troppo al commento di un vecchio lettore lamentoso. Credo che sia giusto avventurarsi nella sperimentazione che rispecchi le proprie corde, anche se magari è più difficile. Grazie ancora e a presto
Ciao Paolo, perché non dovrei badare al tuo commento? ogni opinione se espressa con educazione e rispetto merita una risposta.
Che sia una critica o un complimento poco importa, l’importante credo sia sempre il modo in cui ci si esprime.
Inoltre le tue perplessità (che per certi aspetti condivido) sono per me uno stimolo a migliorare il modo di scrivere, per far sì di arrivare a quanti più lettori possibili, ma anche un’opportunità di “sperimentare”, come tu stesso hai scritto, una mia personale “cifra” stilistica.
Grazie
a presto
Realtà e qualcos’altro (sogno? fantasia? un altro piano di realta?) coesistono uno accanto all’altro: e si legano bene, senza salti né passaggi bruschi. Il tuo personaggio, così intimamente tormentato, è vivo e vero. Bravo, buon proseguimento.
Grazie Francesca, sono un “principiante” e certi complimenti sono uno stimolo per continuare e migliorarmi. 🙏🏻
Siamo tutti principianti!
@Kushenka …che si supportano a vicenda!
Si! Era questo il mio intento e mi fa piacere che tu l’abbia colto…
Grazie per il tuo feedback e per il gradimento.
Spero di continuare ad incuriosirti anche nei prossimi episodi. 😊
Profondo e intrigante. Hai mescolato l’elemento drammatico del rapporto di Luca con suo padre insieme a qualcosa che sembra un mistero. Sono molto curioso di leggere il seguito.
Questo episodio è stato commovente ❤️
@ariannapaju 🙏🏻❤️
Chissà perché, prima di aver letto il nome, dopo questa descrizione: “Capelli ricci che le accarezzavano le spalle minute; occhi azzurri piccoli come due lucine lontane”, nella mia testa una voce ha detto :” Enza!” 🤭
@ariannapaju probabilmente per chi mi conosce sono un po” prevedibile 🤭 Enza era perfetta per il mio personaggio o forse Enza è il personaggio…