Beata Stupidità

Serie: Il maledetto cacciatore di fantasmi - with Lorenzo R. Gennari


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Eugenio, dopo aver distrutto il proprio appartamento ed aver evaso l'affitto per 36 mesi, è costretto ad affontare l'affittuaria, decisa a prendersi la vita di Eugenio in cambio dell'estinzione del suo debito.

Eugenio si voltò affannando verso di lei, e scosse la testa, pensando che per questa insolenza gli avrebbe sparato. Ma se non avesse agito in tal modo avrebbe avuto problemi a definirsi uomo, e rispose:

-No! E non sono ebreo, vecchia teiera!-

L’autoritaria Maria lo guardò con un viso inorridito, lo stesso avrei fatto se fossi stato in sua presenza. – La tua mancanza di volontà mi disgusta; rifiuti di muovere il tuo deret**o ebreo e pure grasso? E lo fai apposta per ribellarti alla MIA AUTORITÀ?! –

I miei occhi si illuminarono d’immenso all’udire il cambio di registro, divenuto così alto e aulico in seguito al sopraggiungere del ruolo di giudice. Cosa che le dette un carisma che conquistò il mio animo. In quel momento vidi la luce, il fuoco che infiammò il focolare del mio cuore, ed era proprio quella donna ad alimentarlo con le sue parole, le sue movenze. Ogni cosa era sparita di fronte alla sua figura angelica eppure terribile, il mio ardore per una simile creatura divenne così grande da non poter essere quantificato con altre parole. Oh! Maria! quale destino crudele ci separa […]

– So io cosa ti ci vuole! – disse.

– Niente caffè! Ve ne prego – gridò Eugenio, con tono di supplica.

L’iniezione che avvenne dopo lo fece pedalare anche senza che la flebo fosse piena della RedPull. Quell’ago così grande da poterlo usare come asta, ed infilato di prepotenza nella natica destra gli provocò una rete di dolore e spasmi.

Se dovessi descrivere il modo in cui Eugenio cominciò a lavorare sulla cyclette, lo accosterei ad un vichingo nel Tour de France con il peperoncino nelle cavità rettali. Probabilmente, mai aveva bruciato così tante calorie nella sua vita, nemmeno in quella famosa sagra del cinghiale in cui lo misero sulla griglia scambiandolo per la portata principale. In preda alla taurina il suo fondoschiena sembrava inserito all’interno di un acceleratore di particelle.

Dopo diverso tempo i pedali erano così tanto rumorosi che i vicini li scambiarono per un motore di un 747. Le ventate d’aria erano tanto prepotenti che Maria dovette spostarsi per evitare che la camicia da notte sventolasse mostrando le sue preziose grazie.

Dopo circa quaranta chilometri la Satanclette stessa era così surriscaldata da aver raggiunto il punto di fusione.

– Forza Suino! – lo incitò emettendo un realistico verso da scrofa.

Il suo incoraggiamento, misto alle alte temperature, provocarono la frittura dei neuroni del povero motociclista. La realtà, al povero cetaceo, si fece poco nitida: la sensibilità lo faceva brancolare nella sua nebbia mentale. Molto simile alla nebbia padana, presente nel salotto, provocata dalla frizione delle sue cosce e dei pedali della Satanclette.

Similmente a come si confà allo sblocco del terzo occhio, quando si voltò, vide non una… non due… ma ben tre anziane signore muoversi in sincrono verso tre secchi d’acqua identici. Quello che venne dopo fu un calo di temperatura così drastico da immobilizzare ogni sinapsi.

Sentì un vero vuoto cosmico dentro la sua testa. In genere era una condizione usuale ma questa volta il vuoto era molto più preponderante. La vista tornò limpida, forse anche troppo… decisamente troppo. Quella finestra che portava la luce, e quella cyclette sempre in movimento, ma anche immobile come una pianta grassa nell’immensità del deserto, mise a dura prova lo spirito del nostro Eugenio. L’uomo, i cui bisogni erano dettati dalla presenza di una latrina e l’energia data dalle riserve di trippa.

La soave voce della signora echeggiò nelle sue orecchie, come se la udisse da un profondo tunnel. Oscuro e senza fine, come il suo raziocinio.

– Volevi darmi fuoco a casa…? Maledetto gorgonzola! – echeggiò Maria.

La reazione del vecchio fu la prova della dipartita irrimediabile dei suoi neuroni: fu colto da un’improvvisa euforia, seguito da un sorriso ebete e compiaciuto. D’un tratto si voltò verso l’incantevole donna… poi, accadde qualcosa di singolare.

Le teorie suppongono che sia stata l’influenza divina ma io la chiamo “beata stupidità”: succede spesso che i soggetti particolarmente privi di intelligenza, giungano a conclusioni, a loro molto colte in momenti cruciali. Difatti per lui, tutto improvvisamente acquistò un senso unico, andando comunque contromano: la vita era un viaggio che andava affrontato, anche se non sembrava portare a niente, si sentì uno stupido per essersi fatto mettere nel sacco da un avversario così astuto. In tutta amarezza, si chiese con quale viso avrebbe affrontato di nuovo la Morte, conscio della sua disfatta. A momenti mi commuovo, pensando a questa scena. Il primo e, forse unico, momento in cui vidi

affiorare un barlume di lucidità, ed un unico pensiero filosoficamente accorto, fu quando i suoi neuroni rischiarono di esalare l’ultimo impulso.

Con forza si risollevò il morale, giurando a sé stesso che sarebbe fuggito e sarebbe riuscito nella sua impresa. Per il suo non-futuro e per la memoria del caro Kadmon. “Girone della trippa! Aspettami che sto arrivando” pensò con ardore.

Una potenza quasi sovrumana, direi quasi ultraterrena, prese possesso del suo corpo, provocando lo scardinamento delle mani con una sinfonia di scrocchi. Riuscì a sradicare i piedi dai pedali, lasciando le suole delle scarpe ancora solidamente saldate con essi.

– Fermo! – esclamò la terrorizzata signora. Quando Eugenio si fermò si accorse di aver scelto male il proprio lessico, e riformulò subito – Aspetta! C*zzo ti fermi?! Continua a pedalare! –

Per quanto possa dolermi di questa improprietà linguistica, improvvisa, possiamo anche passarci sopra riconsiderando la condotta impeccabile della donna, fino a qualche minuto prima e per i momenti prossimi.

Ma Eugenio si rifiutò di pedalare e, dopo essersi fermato in un attimo per guardarla inebriato, riprese il suo movimento verso di lei mormorando con la voce di un guru:

– No! Tu non capisci… la rabbia e la delusione sono solo un futile movente. – mormorò Eugenio –

Ho commesso degli errori anche io e me ne pento, perché la mera vendetta flagella la nostra anima e i nostri buoni propositi. La soppressione di questi istinti mi ha aperto la consapevolezza ultraterrena, e la percezione ultima della vita che passerà e che è già passata, la flagellazione per come è istituita nelle nostre menti perdura nella carne degli avi e così negli innocenti peccatori e apre le porte della redenzione eterna dell’umanità – così dicendo prese la sconcertata anziana per le spalle guardandola negli occhi con misericordia – La Pietà! La pietà, smuoverà anche le montagne! Riponi credito in me! –

Continua...

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