Buon Natale

Apro la porta. Oscar è già lì, scodinzola. Cammino al buio fino in cucina preceduto dal ticchettio delle sue zampette sulle piastrelle. Nella penombra a tastoni accendo il gas, vorrei metter su una minestra, ma ho dimenticato di chiudere il pacchetto e tutti i chicchi si rovesciano per terra. Mi passa la fame.  

Manca una settimana a Natale e c’è già chi si prepara con elmo e armatura ad affrontare cene mal digeribili con i parenti, mal di testa dovuti alle tombolate, regali riciclati di quella zia che non vedi da mesi 12. La stessa che il vicino mi raccontò aveva riciclato il Natale scorso un libro che lui le aveva donato anni fa. Era così sicuro fosse il suo, che dopo averlo scartato davanti a lei, era andato svelto sulla prima pagina di solito bianca. – Zia, guarda? – Aveva trovato la sua dedica per il Natale 2015. 

Capito? Pazzesco! Devi vedere la faccia che ha fatto! – mi fa. Non riesco a ridere. Vorrei riceverlo io un regalo anche se riciclato. E poi, sempre, sempre negativo Mauro. E riabbracciare i tuoi nipoti? I tuoi fratelli lontani? Tua mamma? Lo penso ma non glielo dico. Forse sto esagerando? Forse loro, quando dicono che il loro desiderio più grande, è che questa Vigilia passi in fretta. 

Mentre qui il tempo non passa mai, o sembra passare senza che niente di nuovo accada. La lancetta delle ore si è data appuntamento con quella dei minuti per ballare insieme il valzer di mezzanotte. Aspetta intrepida, manca ancora tanto. Forse l’orologio si fermerà prima.  

E tu cosa farai per Natale? Mi chiedono a turno i vicini.

Io? Niente – rispondo.

E abbasserò lo sguardo ancora una volta per non incontrare il loro, ricco di commiserazione e di pena, per un povero uomo che la famiglia accanto non ce l’ha mai avuta. E girerò in fretta la chiave nella toppa sentendo il loro Buon Natale pugnalarmi alle spalle, senza avermi dato la possibilità di difendermi. 

A Natale si, saremo solo io e il mio bastardino. E guarderemo dalla finestra gli altri essere soli in mezzo alla gente. La gente che come Mauro chiamano cara, come l’inizio della lettera, che prima o poi scriverò a quell’avvocato che da qualche mese minaccia di buttarmi fuori di casa. Vorrei pagare, ma non posso. Questo mese ho dovuto rinunciare perfino alla corrente. Ed è già un miracolo se riesco ancora a pagare il gas. 

Son di nuovo in strada, saluto il parroco. Lui viene dall’Inghilterra e il freddo non lo patisce. Sta fuori con la sua tonaca a salutare gli altri vecchietti e solitari che come me sono contenti di ricevere uno sguardo, un Buon Natale sentito.

Mi dice di entrare per unirmi alla tombolata, ma preferisco non farlo quando c’è Oscar. Potrebbe dar fastidio. Magari nel mio ultimo atto di bontà entrerò in chiesa per pregare per gli altri. Per il mio vicino che non apprezza gli affetti che ha intorno, ma guarda ai difetti, non solo della zia. E magari per Stefano, l’architetto dell’ultimo piano che mi ferma sempre per farmi vedere le foto stupende che ha fatto a Natale, la vacanza invernale, del dopo cenone, che aspetta come un bambino aspetta Babbo Natale pur sapendo che non esiste… 

Sospiro. L’aria gelida lo trasforma in una nuvola. Vorrei essere già lassù, ma forse devo pensarci da solo. Fra qualche minuto. Intanto continuo la mia passeggiata, in solitaria a guardare su singoli balconi il brillio delle luci, mi sono sempre piaciute ma ultimamente ce ne sono sempre meno, e così scivolo su quelle che accendono le finestre, dietro cui si inscenano quei cenoni di cui parlano tutti. Fino a trovarne uno che mi sembra sincero. Allora resto lì per un lungo momento. A guardare i sorrisi delle mamme che chiacchierano, i bambini che giocano, quello più grande rannicchiato vicino al nonno, e mi immagino li, in quell’abbraccio, accanto a loro, a rimetter a posto la pecorella caduta in fondo al presepe e sperare che qualcuno mi raccolga, mi venga a cercare. 

Oggi sono vestito bene, è la vigilia di Natale. Forse l’ultima. Passo davanti a Ponte Rotto. Lo guardo a quest’ora della notte c’è molto silenzio, e lui mi sembra il solo che mi capisca; a pezzi, inutile e triste, senza che nessuno lo viva, ci passi accanto, nessuno che gli dica di aver fatto un buon lavoro.  

Io ce lo avevo un lavoro, fino a poco tempo fa. Facevo il netturbino. Lo svolgevo bene da anni, poi l’azienda è fallita e non mi hanno rinnovato più il contratto. Anche la città sembra andare allo scatafascio. Non perché non ci sono più io, ci mancherebbe, ma perché il problema è sempre lo stesso. 

Guardo lì davanti, i secchi della mondezza, c’è di tutto che fuoriesce, che straborda di cose. C’è anche un maglione nuovo. Forse l’hanno buttato per via del colore. Già me la sento la giovane donna; il verde acqua andava di moda un anno fa. Lo prendo di impulso e mi dico. Magari può servire a qualcuno. Ma a chi voglio darlo? E quando? Un signore mi passa accanto, veloce accelera il passo. 

La gente non da più valore alle cose, agisce a caso, senza comprendere. Non ha più cura di quelle più piccole che riscaldano il cuore e il tutto diventa un accumulo di gesti inutili, di cose che non eran cose, ridotte a cose. 

Di quella cosa chiamata casa, chiusa in un cassetto senza chiave. A cui abbiamo accesso tutti e di cui tutti abusano. E prendiamo, prendiamo, finché non ne resterà traccia di noi. Svuotata. C’è chi come me ha perso una delle cose a cui teneva di teneva di più… 

Mi intristisco. Guardo giù il fiume nero. Mi sporgo un pò oltre. Oscar abbaia. Vorrei, ma la mia codardia, si rifiuta di considerarmi rifiuto anche se lo pensa. E allora mi siedo a terra, sono stanco. Oscar mi lecca la faccia, lui da sempre ascolta i miei pensieri. E forse qualcuno è corso via, poco più in là quella sera.  

Una donna si avvicina. Inchinandosi raggiunge i miei occhi e mi dice che stanno distribuendo dei pasti. Non la lascio neanche finire. Dico subito di no, e aggiungo che non ne ho bisogno, ho già mangiato. La signora non insiste. Si scusa e mi sorride. Se ne va via augurandomi Buon Natale e aggiungendo che se per caso ci ripensassi, la trovo nella piazzetta di fronte, assieme al suo gruppo. “Buon Natale” – rispondo. La guardo andare via, poi guardo Oscar, lui vuole andare. Infondo potrei allungare di un poco la mia passeggiata, solo per soddisfare la mia curiosità. 

I semafori sono spenti e lampeggiano. Decido di attraversare e prendo in braccio il mio cane. Cinque passi dopo, la signora gentile mi viene incontro e prende sottobraccio me. Mi sorride determinata…ma esile. Accenno un sorriso e non oppongo resistenza. Oramai non mi resta che farmi trascinare. Mi porta appena dietro in una chiesa gioiello come ce ne sono tante a Roma, nascosta e bellissima, dove attorno ad una serie di tavoli erano riuniti i clochard. Mi irrigidisco. Non vorrei sembrare arrogante, ma non me la sento di andare con loro. Anche la signora sembra capirmi come il mio Oscar e mi sorride. Ha con se un grembiule e mi chiede se voglio dare una mano. 

Servo tutta la notte, sfioro mani, ricevo grazie, fino a quando quel grembiule viene adagiato sul tavolo e messo da parte insieme agli altri. Con un grande applauso veniamo invitati a prender parte alla cena. Una coppa di riso, lenticchie e due rotelle di cotechino. Si brinda tutti con la coca-cola. 

Cosa hai fatto a Natale? 

Ho cambiato programma, ho cenato con i miei cari.  

Buon Natale di cuore a tutti voi librickdipendenti e ai vostri cari. Maria Anna. 

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Discussioni

  1. No, ma non sto piangendo..
    Ho scoperto questo racconto grazie alla card di oggi proposta da @micol-fusca ,e la devo davvero ringraziare.
    Un racconto delicato e forte al tempo stesso.
    Oltre alla trama che colpisce diritta al cuore, anche lo stile mi è piaciuto molto, è davvero scritto bene, sembra di vedere la città, ma soprattutto l’incapacità della società contemporanea di dare un valore a ciò che conta attraverso gli occhi del protagonista

  2. Al di là del racconto, garbato e commovente, mi è piaciuto il tuo stile. La facilità con cui spieghi le cose e spazi, nelle descrizioni, arrivando persino a fare gli auguri a noi autori, senza che ciò sembri un’interruzione. Sei originale. Brava!

  3. Ciao Maria, ti dico solo una cosa: mi hai fatto commovuere, proprio perché la tristezza di una realtà ricca di falsità, di persone che non valorizzano il bene che hanno e tanta indigenza, determinata dalla disoccupazione, viene spazzata via dal pizzico di gentilezza che rivaluta la bellezza della vita: in fondo, sono i piccoli gesti che possono restituire un sorriso e continuare ad andare avanti. Davvero bella la conclusione, un finale che riscalda il cuore e inumidisce gli occhi. Mi spiace non averlo letto prima, davvero. Natale è solo un giorno, e per questo ti auguro un anno, quello che verrà, ricco di felicità, serenità e soddisfazioni?! Auguri di cuore cara Maria, alla prossima!

    1. Ciao Antonino,
      grazie davvero per aver scritto tutto questo e fattomelo sapere, davvero grazie… commuovere… va a finire che mi commuovo io… Grazie grazie grazie!
      Tanti auguri di Buon 2020 anche a te, che sia Natale tutti i giorni 🙂

  4. Questo LibriCK mi ha suscitato molta tenerezza. Ti risparmio le mie riflessioni negative sul Natale e aggiungo solo che l’immagine che più mi ha colpito di questa storia è quella della signora gentile che garbatamente insiste e prende sottobraccio il protagonista per portarlo dietro la chiesa. Mi ha colpito perché il protagonista si arrende, smette di opporre resistenza e si lascia aiutare, affidandosi al prossimo. E sarà proprio questo resa a liberarlo e a fargli assaporare un momento di pace interiore. Finalemente.

  5. Ciao Maria Anna. Avevo già conosciuto la tua parte “seria” (Come un tè al limone) e ribadisco che il mio cuore ha fatto nuovamente un balzo. Sarà perché questo periodo mi sta stretto, perché sono stanca delle inutili convenzioni e dei sorrisi un po’ falsi. Leggendo il tuo racconto mi sono chiesta se in fondo non dovrei essere più “grata” per quello che ho nella vita reale: oltre alla figlia che amo, un paio di affetti sinceri seppur “pesanti”. Mi hai lasciato di che pensare.

    1. Grazie Micol, senza parole, nulla di più da aggiungere alle tue…grazie per avermelo fatto sapere, son contenta che ti sia arrivato tutto quello che cercavo di dire con questo racconto. Buon Natale alla tua splendida figlia (che chissà cosa ne pensa dei fantasy della madre! :)!) e ai tuoi cari anche se imperfetti, ma chi non lo è? Ciao! Al 2020!

    2. Provocare emozioni, e addirittura una reazione, il fatto di averti fatto pensare Micol anche solo per un secondo è il massimo per me! Questo è quello che volevo dire, scusami scrivere di pancia in risposta ad un commento simile non mi riesce mai bene :). Grazie ora scappo. Buon Natale

    3. Ciao Maria Anna, anche questo Natale è finito senza il morto! 😀
      A parte gli scherzi, a volte basta poco per veder sorridere qualcun altro. I nostri giorni dovrebbero essere tutti “Natale”, ce ne dimentichiamo per terminare con un pugno di mosche fra le mani.