
I – LA CADUTA DELLA CITTÀ DI VETRO
Serie: La memoria delle acque
- Episodio 1: I – LA CADUTA DELLA CITTÀ DI VETRO
- Episodio 2: II – IL PELLEGRINAGGIO DEL FUOCO
STAGIONE 1
CAPITOLO I – LA CADUTA DELLA CITTÀ DI VETRO
L’alba illuminò Aurion con un bagliore innaturale.
Le torri di vetro, alte come campanili, riflettevano il cielo in mille sfumature di rosa e d’oro. Dai cortili si levava il rumore dei martelli: i vetrai, instancabili, rinforzavano le lastre che rivestivano le mura. Ogni giorno qualcuno temeva che la città potesse crollare, e ogni giorno il vescovo assicurava che Dio avrebbe mantenuto in piedi il suo tempio di luce.
Enea di Elyan avanzava lungo la strada principale, stringendo il mantello contro il vento. Era un uomo di trent’anni, il viso magro e bruciato dal sole. Sotto la tunica portava l’armatura, perché sapeva che quella giornata non sarebbe finita in pace.
Dal colonnato della cattedrale, vide il fumo salire dai quartieri bassi. Gli operai del vetro protestavano da giorni: il lavoro era diventato pericoloso, e molti morivano per le esalazioni delle fornaci.
«Custode!» lo chiamò una voce.
Era Selene di Eidos, la giovane badessa del monastero.
«La gente dice che il Sigillo si è incrinato.»
Enea non rispose subito. Sapeva che era vero: lo sentiva battere sul suo petto come un cuore impazzito.
«L’ho visto con i miei occhi,» aggiunse lei. «Un raggio di luce nera. Non può essere un buon segno.»
«Niente è un buon segno, in questi giorni,» rispose lui.
Un colpo di vento fece tremare i vetri della torre più alta. Un boato, poi un silenzio.
Enea guardò verso l’orizzonte: una fessura scura si era aperta nel cielo.
La Città di Vetro stava cedendo.
Le campane cominciarono a suonare tutte insieme.
Dalle strade arrivavano urla. I vetrai lasciavano cadere gli attrezzi, i monaci correvano verso i portoni della cattedrale.
Enea raggiunse il cortile centrale, dove il pavimento di vetro tremava sotto i piedi.
«Chiudete le fornaci!» gridò. «Sigillate le porte!»
Ma era troppo tardi.
Un’esplosione squarciò la grande galleria dei mercanti: le lastre saltarono via come scaglie, e centinaia di frammenti caddero sulla folla.
Selene cercò di aiutare una donna ferita, ma la trascinarono via.
Il Custode si fece largo tra i corpi, fino a raggiungere il Tempio.
Dentro, il vescovo Luxor pregava inginocchiato, circondato da una dozzina di monaci.
«È la punizione del Cielo!» gridò uno di loro.
Enea si tolse il mantello. «Non è Dio a punirci. Sono gli uomini che hanno costruito troppo in alto.»
Il vescovo lo fissò con disprezzo. «Blasfemo. Il Sigillo è sacro.»
«Il Sigillo è un congegno, e si sta spegnendo.»
Una crepa tagliò la parete dietro l’altare. Da essa filtrava un fascio di luce calda, quasi viva.
Enea comprese che quella energia non avrebbe potuto essere contenuta ancora a lungo.
Nel chiostro, Selene cercava di guidare i bambini verso l’uscita. La polvere di vetro riempiva l’aria, feriva gli occhi.
«Vieni via!» le gridò Enea. «Sta per crollare tutto!»
Lei scosse la testa. «Non posso lasciare i miei novizi!»
Un rombo terribile li interruppe. La cupola centrale si piegò, le travi di ferro cedettero.
Selene fu colpita da una lastra e cadde a terra.
Enea la sollevò: il suo sangue macchiò il mantello come un sigillo.
«Lasciami,» sussurrò. «Non posso più camminare.»
«Ti porterò io.»
«No, Enea. Vai. Devi salvare il Sigillo.»
Le sue mani cercarono il suo volto. «Promettimi che lo distruggerai, se serve.»
Enea esitò un istante, poi annuì.
La luce cresceva d’intensità, trasformando il giorno in un bagliore insopportabile.
Si allontanò barcollando, mentre il suolo vibrava come un tamburo.
Dietro di sé, la cattedrale crollò in un fragore di vetro e pietra.
Quando la polvere si posò, Aurion non esisteva più.
Le torri erano ammucchiate come colonne spezzate, le strade sepolte sotto colate di vetro fuso.
Enea era rimasto solo.
Il Sigillo, sul suo petto, pulsava ancora: un piccolo cuore di luce dentro un deserto di cenere.
Guardò verso l’est, dove il sole cercava di farsi strada tra le nubi.
Dietro di lui, il fiume bruciava di riflessi, e il vento trascinava l’odore acre della città morta.
Si inginocchiò.
«Signore,» disse piano, «se è questa la Tua volontà, dammi almeno la forza di capire perché.»
Non ricevette risposta, ma un bagliore attraversò le rovine.
In mezzo ai frammenti, vide qualcosa muoversi: una piccola figura avvolta nella luce, la forma di un uomo.
Pensò fosse un miracolo, o un’allucinazione.
In realtà era solo il riflesso di se stesso, proiettato dal Sigillo.
Capì allora che Aurion non era stata distrutta da Dio, ma dal suo stesso orgoglio.
E che la fede, come il vetro, era una meraviglia destinata a incrinarsi.
Serie: La memoria delle acque
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- Episodio 2: II – IL PELLEGRINAGGIO DEL FUOCO
Ciao Rocco, una storia che è proprio nelle mie corde. Un incipit che cattura immediatamente e annuncia una narrazione dai toni epici, di straordinaria forza evocativa. Fin dalle prime righe costruisci un mondo visivo e sonoro, vivo che ti rapisce. La scrittura rispecchia il tuo stile: precisa, cinematografica, capace di fondere l’azione con la riflessione.
Enea e Selene emergono come figure tragiche, sospese tra fede e ragione, devozione e colpa. Il loro dialogo, semplice ma carico di sottintesi, dona profondità emotiva al disastro che si consuma attorno a loro.
L’ultima immagine, quella del Sigillo che pulsa nel deserto di cenere, è favolosa: un simbolo potente di sopravvivenza e condanna, di luce che non redime ma ricorda. Un inizio intenso e poetico e sono curiosa di leggere il resto.
Ciao Rocco. Questo mi sembra davvero un buon inizio serie.
Il tuo racconto colpisce per la sua struttura in due tempi ben distinti.
La prima parte è narrativa, densa di descrizioni e frasi ampie, che costruiscono con calma l’atmosfera solenne di Aurion e preparano il lettore al disastro.
La seconda parte cambia ritmo e le frasi si accorciano, diventano taglienti, il tono si fa concitato, quasi a seguire il crollo della città in tempo reale.
A mio parere, questo cambio stilistico è molto riuscito: non solo aumenta la tensione, ma riflette anche lo smarrimento dei personaggi.
Alla fine, Aurion diventa una nuova Torre di Babele. Una città che, nel suo orgoglio, ha cercato di toccare il divino, ma ha finito per cadere sotto il peso delle proprie ambizioni. In mezzo alle rovine, Enea resta l’unico testimone, con il Sigillo che pulsa ancora sul suo petto: non più simbolo di salvezza, ma memoria viva di un errore umano travestito da fede.
Seguirò volentieri la storia 🙂
Ogni riferimento è puramente casuale.
Vetro, eh? Proprio come il mio ultimo librick
Il crollo di Aurion ricorda quello della torre di Babele. Secondo la Bibbia, fu distrutta perché simbolo di un’umanità arrogante che quasi si voleva sostituire a Dio. Io personalmente non credo in questo. Un Dio buono non punisce le persone per aver collaborato tra di loro in un progetto, ma piuttosto, come fai vedere tu, sono le leggi della fisica a punire l’arroganza e l’orgoglio nati dall’ignoranza. Bravo, Rocco.