Caro Adolf

Caro Adolf,

ti scrivo per l’incresciosa situazione che si è venuta a creare l’altra sera tra me, te e Keller. So in cosa credi, e so che le parole possono sembrare fumo in un tempo che richiede fuoco. Ma credo che, leggendo ciò che volevo dirti con la mente lucida, comprenderai che è tutto perfettamente ragionevole — e che, anzi, può servirti come premessa per il tuo prossimo discorso.

Noi non crediamo in alcuna istituzione tradizionale, né in religioni, né in associazioni morali. Il problema di tutte queste strutture è sempre lo stesso: l’abisso incolmabile tra la teoria e la prassi.

Prendi ad esempio la religione più diffusa al mondo: il cattolicesimo. La vera storia di Cristo e della sua Chiesa si ferma alla sua morte — come accade a tutti. Da allora si vive in attesa della fine del mondo, ma nessuno sembra comprendere che tutto è già finito nel momento stesso in cui il Giusto è stato ucciso. È stato proprio il popolo che avrebbe dovuto riconoscerlo a condannarlo, dimostrando di essere più ipocrita di quelli contro cui lui stesso predicava.

Cristo visse in un’epoca d’oro, in cui la pace regnava e molti speravano di liberarsi dal giogo romano. La luce brillava, specie in Oriente, ma alla fine fu spento. Le tenebre hanno ripreso il loro posto e da allora la pace è sparita dal mondo.

Ciò in cui oggi crede la Chiesa non è che un insieme di rielaborazioni dottrinali, scritte da un ex persecutore — Saulo, poi divenuto Paolo — che, tra l’altro, non aveva neppure conosciuto il suo stesso maestro.

E se guardiamo al buddismo, così di moda in Occidente, ci ritroviamo nella stessa finzione. Ci si aspetta di credere che Buddha parlasse appena nato, che Maometto volasse a cavallo fino al paradiso, o che Cristo sia nato da una vergine. Mentre l’umanità si aggrappa a questi racconti, nel mondo si consumano guerre, abusi, violenze — anche nei monasteri e nei templi, come nelle chiese. Le religioni non salvano l’uomo: lo addormentano.

No, Adolf, la verità non si trova nei dogmi né nelle parabole. Ogni mente è un universo, ogni coscienza è una tempesta. Ma proprio per questo non tutte le menti sono uguali, e non tutte le coscienze meritano ascolto. Il male del mondo non è l’ignoranza, ma la debolezza che permette all’ignoranza di governare.

Noi non diciamo di non credere in nulla. Il “nulla” non esiste: è un’invenzione di chi ha paura della realtà.

Noi crediamo in noi stessi, nella nostra volontà, nella nostra razza, nella nostra civiltà. Non cerchiamo perdono: non ne abbiamo bisogno. Non invochiamo compassione: è un sentimento per i vinti. Noi invochiamo ordine, forza, disciplina.

La realtà non va capita, va plasmata. Le istituzioni crollano perché si fondano sulla menzogna dell’uguaglianza, sull’illusione del perdono universale, sull’idea che ogni vita valga allo stesso modo. Ma tu lo sai, lo hai sempre saputo: l’uomo è misura di se stesso, ma non tutti gli uomini sono degni della stessa misura.

Non vogliamo il consenso dei deboli. Non cerchiamo di piacere. La nostra vita è al servizio di un’idea, più grande di noi. Non ci serve sapere tutto: ci basta sentire cosa è giusto. Agiamo — ed è nell’azione che troviamo il nostro senso.

Siamo fatti di pensiero, sì, ma anche di sangue, memoria, volontà e destino.

Non vogliamo essere giudicati secondo le leggi dei vinti. Non cerchiamo di convincere nessuno, perché la verità non si dimostra: si impone.

E chi si oppone a questo ordine… semplicemente non ne fa parte.

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Discussioni

  1. A me pare chiaro a chi si rivolge lettera. Basterebbe questo passaggio: “Noi crediamo in noi stessi, nella nostra volontà, nella nostra razza, nella nostra civiltà” E benché siano stato il nazismo e i fascismi a fare di queste terribili fedi la propria ideologia, mi sembra che abbiamo ancora davanti tutti i giorni varie repliche della stessa infernale religione.

    1. Mi piace che la chiami religione. Ogni ideologia è religione, anche la scienza che sta scoprendo il fatto già chiaro nella religione: bisogna indagare se stessi, la coscienza, per conoscere il mondo. Purtroppo alcuni non lo fanno o cercano e trovano solo il marcio che poi buttano fuori

  2. Leggendoti ho avuto veramente l’impressione che questa lettera fosse in un certo senso la prosecuzione di un discorso già avvenuto fra persone della stessa cerchia culturale. Una sorta di querelle irrisolta cui si sente la necessità di mettere una punto di fine o forse di indicare lo spunto per una nuova riflessione. Tanti i concetti che lasciano lo spazio e la libertà di espressione del proprio punto di vista. Mi è parso però che la parola fede non compaia e che religione e istituzione siano, in un qualche modo, identificati come sinonimi. Lo trovo coerente.

  3. In effetti, mi sembra una lettera scritta dal futuro al passato, da un uomo illuminato e moderno per la mente contorta e pregna di concetti osceni di un pazzo appartenuto ad un’epoca che tutti non vorremmo rivedere.
    Molto bello questo monologo, e ben scritto. Peraltro mi ci identifico.

    1. Non vorrei essere frainteso. So che nel periodo nazista in Germania fiorivano le scienze esatte e la fiducia nell’uomo e nella scienza. La visione stessa di Nietzsche poneva al centro l’uomo e le sue capacità. Ciononostante mi sembra che la deificazione del dittatore non abbia poi dato prova di tanto razionalismo. Inoltre sembra che ricerche di natura esoterica non siano mancate anche lì, come se si cercasse di sostituire in qualche modo le divinità del tempo con credenze nuove o vecchie.
      Interessantissimo spunto, e grazie ancora per la condivisione. Come dicevo, mi piace!

      1. Anche il nazismo aveva dei principi che purtroppo non tenevano conto dei deboli. Il fatto di rifarsi alla filosofia di Nietzsche in cui tutti i valori vengono transvalutati è stato un grosso errore. Non credere in niente o solo in se stessi porta a voler organizzare il mondo in un ordine che non esiste, come voleva fare Hitler.

  4. È densa di riferimenti questa lettera, alcuni di quali sono per me un tantino oscuri. Ad esempio chi sia Keller: la scrittrice cieca posta al bando nella Germania nazista? O è un richiamo alla burgerbraukeller del putsch? E poi l’ambigua conclusione, con il riferimento alla soluzione finale. Che Adolf non sia quell’Adolf? O che la soluzione finale non sia stata compresa? E chi è che scrive?

  5. Mi sembra che fosse Schopenhauer a dire: “il mondo è una mia idea” proprio per dire che ognuno di noi vede il mondo non per quello che é ma per come lo vede. A volte, può essere un bene, a volte un male, dipende come lo si guarda e di cosa ha costruito quello sguardo nel corso del tempo. è vero che non c’è una comprensione assoluta per ogni punto di vista, ma diventa comprensione condivisa quando tutti abbiamo a che fare con l’orrore e la follia di un protagonista negativo della storia. Se posso darti un consiglio, prova a semplificare un po’ la scrittura, in alcuni passaggi è difficile tenere il filo.