Cervello di maiale

Siberia, giorni nostri

Un passo dopo l’altro, un passo dopo l’altro. Steven se lo ripeteva, e doveva fare attenzione: l’avanguardia calpestava la neve, gli uomini dopo dovevano mettere i piedi nelle orme che lasciava il primo. Sarebbe stato facile se si fossero mossi con lentezza, ma non era possibile, dovevano fare in fretta.

Lo facevano.

Ci voleva molta concentrazione per stare attenti ed essere al contempo rapidi. Senza contare che dovevano guardare in avanti, e non perdere tempo a controllare se stavano sbagliando o meno.

Steven giunse in vista della base Spetsnaz.

L’avrebbe attaccata.

Una missione clandestina, per carità, non una vera e propria operazione di guerra aperta o guerra totale che dir si voglia. Anche se Putin minacciava l’Occidente e asseriva che dietro l’attacco di Mosca ci fossero gli angloamericani e gli ucraini – Invece no, Vladimir, la colpa è dell’ISIS-K – non bisognava dargli l’alibi di sferrare uno strike nucleare tra Kiev e Washington comprendendo Parigi, Roma e Londra.

Londra.

Lo Special Air Service avrebbe fatto il suo strike.

Si gettarono a terra, presero la mira, nessuna guardia si era accorto di loro. Ripresero la marcia finché non giunsero vicino al perimetro. Ecco, adesso il commando avrebbe agito.

L’avanguardia cercò l’ingresso, bastò muoversi a sinistra di trecento piedi e ci furono. Il commando entrò e fu il momento dei fuochi d’artificio.

Gli spetsnaz gemettero, gli spetsnaz morirono, i SAS avanzarono come se fossero un serpente di roccia: nessuno li scalfiva. Era dai tempi di Balaclava che tutti i britannici sognavano di prendere a calci nel sedere i russi in quella maniera.

Alla fine, il commando raggiunse le cucine. Steven sentì un odorino. Penetrarono nei locali delle cucine. Qualche cuciniere – neanche uno chef della Guida Michelin – si difese con coltello e pistola, Steven ne uccise uno, i commilitoni gli altri. Le armi tintinnarono sul pavimento e Steven si chiese se le pistole servissero in cucina così come i coltelli.

Stop con le facezie, Steven desiderava tè e biscotti: erano le cinque della sera.

Si ricordò che doveva agire e dal frigorifero prese una confezione industriale dell’obiettivo della missione, il cibo che dovevano avvelenare: il cervello di maiale, un alimento molto proteico adottato dalle forze speciali dell’ex Armata Rossa già da qualche anno. Tutto quel sangue per un cervello suino, Steven sorrise divertito pensando che il cervello dei politici che li mandavano a morire era più disgustoso, meno proteico. Ma restavano gli ordini.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Ciao Giancarlo! Sì, esatto, è la verità. Anni fa lessi un articolo di “Difesa online” e parlava del fatto che i cucinieri russi preparano per gli operatori spetsnaz il cervello di maiale. Fa un po’ schifo, ma è molto energetico