
Chiamato per nome
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Morirò d’estate
- Episodio 2: Bastardo
- Episodio 3: Fame d’amore
- Episodio 4: Mind to mind
- Episodio 5: Uomo fritto
- Episodio 6: Mutande nuove
- Episodio 7: Sarai felice
- Episodio 8: In gabbia
- Episodio 9: Chiamato per nome
- Episodio 10: Campo Base
STAGIONE 1
Era già maggio inoltrato, e la mia routine era scandita tra lavoro, chiesetta e il difficile tentativo di mangiare senza vomitare.
Cinque mesi erano passati dall’inizio del mio servizio civile, eppure il mio sguardo sull’isola era cambiato: ciò che all’inizio mi era sembrato estraneo ora mi sembrava familiare, e in qualche modo confortante.
Quel container, un tempo solo un appoggio temporaneo, era diventato il mio rifugio, il mio porto sicuro dove poter essere me stesso senza maschere.
I miei colleghi, figure silenziose ma rassicuranti, erano diventati un sostegno costante nella mia quotidianità.
L’incontro con Enza, che all’inizio mi aveva gettato nel panico, si era rivelato un’opportunità di crescita, un’occasione per affrontare le mie paure e scoprire nuovi aspetti di me stesso.
E poi c’era la suorina, che con la sua dolcezza, aveva fatto nascere in me la sensazione che dietro le mie prigioni interiori si nascondesse la possibilità di una vita nuova, una vita che piano piano stavo iniziando a scoprire.
Dopo la nostra prima conversazione, avevo preso l’abitudine di soffermarmi davanti alla Madonna in gabbia, prima di entrare in chiesa.
Il silenzio di quel momento era rotto solo dal mio respiro e dalle urla e risate di bambini che ogni giorno si ritrovavano in quel cortile per giocare.
Guardarla mi avvolgeva in una strana calma, come se il tempo si fermasse e con lui anche i miei pensieri.
E poi, come se ci fosse stato un appuntamento prefissato, incontravo la suorina, sempre seduta tra i banchi centrali, con un sorriso dolce e gli occhi luminosi.
Ogni volta si riproponeva la stessa scena: mi rivolgeva lo sguardo, mi faceva cenno di avvicinarmi e quel momento di silenziosa osservazione della croce si scioglieva in una gradevole chiacchierata.
Non parlavamo mai del suo Dio né dei miei dèmoni, semplicemente discutevamo di futilità: di film, di libri, di musica, del mio lavoro, di tutto ciò che non aveva importanza; o meglio, di tutto ciò che non toccava la nostra sfera personale.
«Che bella la tua t-shirt gialla!» mi disse una mattina, che non ero di turno e avevo anticipato la mia visita.
«Amo il giallo e mia madre per questo spesso mi diceva che sembravo un canarino».
Sorrisi quando pensai al suo dolce appellativo e allo stesso tempo fui travolto da una grande malinconia.
Da quella mattina alla fermata dell’autobus non ero più tornato a casa e la sentivo raramente.
«In effetti sembri un canarino!» mi disse divertita.
«Un canarino che non canta, però!» continuò, cambiando la sua espressione e tornando in modalità ninja.
Non risposi, ma la sua affermazione mi spiazzò.
«In che senso non cantavo?» pensai.
«Ma tu conosci Enza?» le chiesi trasportato dall’istinto e dalla voglia di cambiare discorso.
«Enza chi?» mi chiese incuriosita.
«L’ho incontrata in situazioni assurde e imprevedibili» le dissi. «Ma ultimamente non la vedo più!».
Poi la descrissi fisicamente, cercando di essere quanto più preciso possibile, e aggiunsi ogni dettaglio che potesse aiutarla a capire di chi stessi parlando.
«Ci sono persone che si incontrano perché possano indicarci la strada. Poi, apparentemente, vanno via, lasciandoci liberi di proseguire il nostro cammino e scegliere se seguire la via indicata, fermarci o cambiare direzione».
Riflettei a lungo sulle parole di Suor Lucia, senza riuscire a comprenderle appieno.
Il resto della giornata trascorse lentamente, mentre cercavo di trovare un senso nelle sue parole.
La sera, trovai un po’ di pace mangiando un uovo fritto e bevendo mezzo bicchiere di vino buono.
Andai a dormire con il pensiero di Enza e delle parole di Suor Lucia, e mia madre mi tornò alla mente con la sua malinconica ironia, ma per la prima volta, il suo ricordo non mi strinse lo stomaco, e quella sera, a cena, la nausea che di solito mi attanagliava ad ogni pasto, non si fece sentire.
Il mattino seguente, mi alzai molto presto, con la voglia di andare in chiesa.
«Mi sostituiresti stamattina in sede?» chiesi a Dario.
Lui fece un segno di sì con la testa e poi tornò a contemplare il suo caffellatte, con il cucchiaino che sembrava sospeso a mezz’aria, come se il tempo si fosse fermato per un attimo.
«Certo, vai pure», disse, senza staccare gli occhi dalla tazza.
Lo ringraziai con la promessa che gli avrei restituito presto la cortesia e uscii dirigendomi verso la chiesa, godendomi il fresco del mattino e la quiete delle strade semideserte.
La chiesa era già aperta, ma prima feci la solita visita alla Madonna in gabbia.
Quando entrai, il silenzio all’interno mi avvolse come un abbraccio.
Mi sedetti in uno dei banchi centrali.
Dopo un pochi secondi, vidi Suor Lucia che entrava in chiesa, con il suo solito sorriso dolce e gli occhi luminosi.
«Buongiorno», mi disse con un filo di voce, sedendosi accanto a me.
«Buongiorno, Suor Lucia», risposi.
Dopo qualche secondo di contemplazione alla Croce, Suor Lucia si alzò in piedi e si avvicinò al prete, che stava preparando l’altare per la messa.
«Buongiorno Padre Andrea, posso parlarle un attimo?» chiese.
Il prete si voltò e annuì, ascoltando attentamente mentre Suor Lucia gli diceva qualcosa a bassa voce.
«Allora non si chiama Gargamella!» ridacchiai tra me e me.
Mentre parlavano, il prete mi lanciò un’occhiata e mi sorrise. Mi sentii scoperto e risposi al suo sorriso, ricambiandolo.
Quando Suor Lucia finì di parlare, il prete si rivolse a me con un tono scherzoso: «Ah, il nostro amico che frequenta la chiesa solo per la compagnia di Suor Lucia».
Suor Lucia rise e gli diede un colpetto sul braccio. «Padre, non sia cattivo», disse.
Il prete si avvicinò a me e toccandomi la spalla destra mi disse: «Buongiorno! Ti va di leggere il vangelo di oggi durante la messa?» e senza darmi il tempo di rispondere mi consegnò il foglietto della messa, indicandomi il brano da leggere.
«Dal Vangelo secondo Luca» lessi.
Mi sentii chiamato per nome.
Per la prima volta, mi sentii figlio e non un bastardo.
Per la prima volta, mi sentii Luca.
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Morirò d’estate
- Episodio 2: Bastardo
- Episodio 3: Fame d’amore
- Episodio 4: Mind to mind
- Episodio 5: Uomo fritto
- Episodio 6: Mutande nuove
- Episodio 7: Sarai felice
- Episodio 8: In gabbia
- Episodio 9: Chiamato per nome
- Episodio 10: Campo Base
Mi è piaciuto molto il particolare della maglia gialla. Legato alla Madonna in gabbia, davvero fa sembrare il protagonista un piccolo canarino, che sta cercando di uscire dalla propria condizione per trovare una strada nuova e diversa, dove essere se stesso e stare finalmente bene. Tra l’altro i canarini vivono solo in cattività: gabbia come cura e condanna.
Già @Dea come dici tu: “gabbia come cura e condanna” ma anche come “rifugio e costrizione”.
“Per la prima volta, mi sentii figlio e non un bastardo”
bellissimo questo passaggio. ha in se la pace che si prova nel sentirsi finalmente accolti.
Ciao @Dea ho provato a descrivere come a volte basta un minimo per sentire “qualcuno” e non “qualcosa” ☺️
Ecco, neanche il tempo di entrare in chiesa e già l’hanno incastrato con le letture 😅 🙈
Ciao Arianna 🤭🤣
C’è un equilibrio molto riuscito tra introspezione, ironia e spiritualità. La narrazione scorre con naturalezza, e alcune immagini colpiscono davvero per originalità e sensibilità. Ti ammiro per come riesci a parlare di fragilità e cambiamento senza retorica, lasciando spazio al dubbio, al sorriso, ma anche a una forma di consolazione profonda.
Mi ha lasciato una bella sensazione, come qualcosa che rimane anche dopo l’ultima riga.
Ti ringrazio per l’attenzione che hai sempre nei miei confronti e soprattutto per l’analisi e la critica che mi rivolgi, perché per me è importante crescere stilisticamente e qui con i vostri commenti sto capendo tante cose.
«Ci sono persone che si incontrano perché possano indicarci la strada. Poi, apparentemente, vanno via, lasciandoci liberi di proseguire il nostro cammino e scegliere se seguire la via indicata, fermarci o cambiare direzione». Molto bella questa frase. Bravo, Corrado!
Grazie Concetta 🙏🏻
Un colpo di scena efficace che mi piace.
🙏🏻
Quel “secondo Luca” che diventa un battesimo: per una volta non scarto, ma figlio. Resta.