Ciak se girano

Michele Lombardo aveva incenerito anche l’ultima sigaretta rimasta nel pacchetto. Francesco Pilloni, l’aiuto scenografo, fratello dell’ amico Martino Pilloni, noto Martin Pecheur, scenografo spiantato e disperato, come tutti i componenti della troupe, non si era ancora visto, con la sua faccia da bamboccio, né sentito. Nessuna traccia neppure dall’ avatar del suo profilo Facebook.

Il tizio che doveva fare la parte del protagonista per lo spot degli occhiali EsOttica, minacciava di andarsene, accampando scuse. Una soprattutto: i suoi improrogabili impegni in teatro, per le prove di un musical. Quando Michele l’aveva colto alla sprovvista chiedendogli chi fosse il regista e quale fosse il titolo dello spettacolo, lui aveva esitato a lungo, prima di pronunciare un nome: Carlo Forte e uno strano titolo “Perdas de fogu”.

«E il teatro, come si chiama?», gli aveva chiesto, subito dopo, a bruciapelo, con un’aria di sfida.

«Tres Nuraghes» aveva risposto Fisietto di Pirri, noto Johnny Depp.

«Un nome che ho già sentito» era stato il commento, esprimendo le sue perplessità.

«Che c’è di strano? Questa è l’isola dei nuraghi, non lo sa?» aveva replicato l’altro con il suo accento inconfondibile e un tono vagamente provocatorio.

Tutte balle – aveva pensato Michele – inutili tentativi per ottenere un compenso più alto. Il regista, Lombardo solo di cognome, da buon genovese, ne era convinto; così come era sicuro che non avrebbe sganciato neppure un euro in più, per un pallone gonfiato che in quelle poche riprese avrebbe fatto solo scena muta.

In piena crisi di nervi, Michele aveva dato un calcio al sasso che gli era capitato tra i piedi, ingoiando parole poco eleganti, che non osava dire ad alta voce, per non fare la figura del coglione, reprimendo la rabbia e il dolore al piede. Avrebbe preso a pedate anche la telecamera piazzata a pochi passi da lui e cacciato via l’intera troupe, a cominciare dal suo amico scenografo. Era stato lui che lo aveva convinto a girare lo spot in quell’angolo sperduto dell’isola, immerso in un’epoca remota, agro-pastorale, distante anni luce dal progresso tecnologico e mezzo abbandonato dagli umani. Percorrendo strade impervie, sterrate e polverose. Terra povera anche di asfalto, aveva pensato il filmmaker maldisposto verso quei luoghi poco urbanizzati.

Per avere un minimo di connessione Internet, bisognava arrampicarsi fino all’ultimo piolo della scaletta appesa al camper, dopo averlo spostato varie volte, in su e in giù, a destra e a manca, tra un’imprecazione e l’altra. Una fatica che avrebbe scoraggiato o disintossicato la maggior parte degli smanettoni sempre connessi, immersi e sommersi dall’web. Qualcuno di loro avrebbe preferito scappare via di corsa, anche a nuoto, a costo di affogare in quel mare bello e ingannevole; piuttosto che ritrovarsi in mezzo alla natura, nuda e cruda, tra elicrisi, cisti e mirti. Un’aria satura di pollini da provocare starnuti a raffiche, fino allo sfiancamento.

Se almeno gli fosse rimasta qualche sigaretta, una bibita fresca, un camper più decente con l’aria condizionata; forse avrebbe avuto la pazienza di aspettare l’arrivo dell’ “uccello” minore, il Pilloni Francesco. E soprattutto l’auto sportiva che aveva fatto noleggiare, sganciando un bel po’ di banconote che, dalla prima all’ultima, mentre le contava, l’avevano commosso più di un addio a qualcuna delle sue più care e focose attrici.

A quel punto, con un cenno della mano, Michele aveva chiamato uno dei ragazzi che si erano avvicinati per curiosare, assistere alle riprese e chiedere un autografo, pensando che si trattasse di un gran film.

«Andresti a comprarmi le sigarette? Tu sai di sicuro dove trovarle. Ti do tre euro per il consumo di miscela del motorino. E poi ti faccio l’autografo. Okay?»

Il ragazzo sembrava incerto. «Io non posso. Tra poco devo andare a casa. A quest’ora l’unico bar tabacchi ancora aperto è quello di Abbasanta, sulla Strada Statale 131. Ѐ un po’ distante.»

A quel punto Michele Lombardo aveva messo il suo orgoglio come una chiave sotto lo zerbino, e si era rivolto all’amico scenografo, per chiedergli di accompagnarlo con la macchina a ricomprarsi le sigarette.

Martin Pecheur, ossia Martino Pilloni, era di casa, in tutta l’isola. Aveva girato e rigirato, per molti anni, soprattutto nelle zone costiere; quando, da ragazzo, accompagnava suo padre con la Nina, la barca, a pescare sardine, triglie e gamberetti.

In meno di un quarto d’ora erano già arrivati all’autogrill di Abbasanta, sulla Carlo Felice. Prima di tutto c’era da rifornire l’auto, al distributore automatico di benzina, che quello servito costava troppo. Subito dopo avevano posteggiato di fronte al bar-tabacchi e, mentre si accingevano a entrare, qualcosa come un miraggio dovuto al caldo estivo, si era materializzata davanti ai loro occhi.

Una vettura bianca, con la capote abbassata e un giovane uomo profondamente addormentato sul sedile posteriore. Il mento abbassato e il viso un po’ nascosto dal colletto della camicia. Suo fratello l’aveva riconosciuto subito da lontano, dal taglio dei capelli rasati sulla nuca e dal tatuaggio sul collo: un colibrì con le ali variopinte.

Era proprio lui, Francesco. Michele Lombardo non credeva ai miracoli; frequentava poco le chiese. Era rimasto traumatizzato sin da quando l’avevano cresimato. Entrava nelle grandi cattedrali o altri monumenti simili solo per motivi culturali o professionali. Non pregava più da decenni. In quel momento, però, gli sembrava di assistere a qualcosa di sovrannaturale. Mentre si avvicinava alla Porsche bianca, Michele aveva rivolto lo sguardo verso il cielo e con una mano si era fatto il segno della croce. Le vie del Signore non sono ancora finite – aveva pensato – mentre sentiva crescere la speranza di poter girare un magnifico spot, per poi dedicarsi alla programmazione del suo film. Aveva già in mente il titolo: “L’isola sperduta di Acqua Santa”.

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Discussioni

  1. Il cambio di punto di vista, secondo me, ha dato un’ulteriore sferzata al racconto. Tutti maschi, quelli del micromondo di Michele: mi chiedo se c’è un motivo in particolare. Cosa accadrà, quando i due “micromandi” si uniranno in uno? Mi sta divertendo parecchio leggere la tua serie, è rinfrescante, e credo che per te sia lo stesso (mentre la scrivi): si percepisce.

    1. Ciao Micol, hai ragione: mi diverto un sacco e soffro anche un po’, scrivendo questa storia. Rido, a volte, rileggendo le cose strane che mi sono venute in mente e mi tormento, cercando una battuta ad effetto che tarda ad arrivare o che non mi soddisfa del tutto. L’ idea iniziale era proprio quella che tu hai ipotizzato: l’ incontro dei due microcosmi: quello maschile che ruota intorno al filmaker e quello femminile di chi si era nutrita, per una vita, di salatini e DVD. Poi la storia ha preso un’ altra piega: nuovi personaggi e nuovi incontri molto differenti; pero`nessuna comparsa e` casuale.
      Grazie Micol, spero di riuscire a suscitare ancora qualche sorriso nei prossimi episodi.

  2. “Michele Lombardo aveva incenerito anche l’ultima sigaretta rimasta nel pacchetto. “
    Bellissimo questo incipit, “incenerire” una sigaretta non mi era mai venuto in mente, pur essendo esattamente quello che accade 😃 👏

    1. Ti confesso che mentre scrivevo la frase mi chiedevo quanti autori avessero gia` utilizzato questa espressione. Mi piaceva ma non sapevo se fosse almeno un po’ originale o persino troppo scontata. Grazie, quindi per il tuo apprezzamento.

    1. Ciao Cinzia, grazie. Ancora la storia non e` finita. Ti svelo che, finora, e` stato un esercizio mentale un po’ laborioso ma anche piacevole, immaginare certe situazioni come se le stessi vivendo in prima persona. Quando il corpo, per svariati motivi, non puo` muoversi piu` di tanto, puo` succedere che, per compensazione, la mente galoppi aenza briglie, sul dorso della fantasia. In certe situazioni particolari della vita puo` diventare l’ unico “viaggio” possibile ed economico.

  3. Ciao Maria Luisa! I tasselli si stanno piano piano mettendo in ordine. Bellissimo racconto, mi sono piaciuti i riferimenti alla nostra isola, la parte descrittiva scritta veramente molto bene e il finale esilarante al limite tra il sacro e il profano. Alla prossima!

    1. Ciao Carlo, grazie. Sono certa che non hai bisogno di traduzioni o spiegazioni di nessun tipo, per intendere il senso di questo raccontino, anche nei minimi particolari, a cominciare dal titolo in giu`. Quando si ha la certezza che il lettore o la lettrice ha una buona conoscenza dei luoghi e dei linguaggi usati nel testo, per chi scrive diminuisce il timore di una mancata comprensione e aumenta il piacere della condivisione.
      A presto, da lettrice dei tuoi scritti, spero.

  4. Sardegna Sardegna! Che bello! È sempre un piacere immergersi con la mente nella natura incontaminata e ai paesaggi di quella magnifica terra ricca di tradizioni. Brava! In attesa di altri racconti! Complimenti!

    1. Ciao Giglio, grazie. Sei mai stato a Carloforte, il comune dell’ isola di San Pietro? Le spiagge, il mare e l’ ambiente poco contaminato dell’ isola meritano una vacanza, te la consiglio.

  5. Ma questo titolo è in romanesco? Sembra una frase dei tassisti romani… Tu conosci il gergo romano? E questi strani nomi sardi? Ma l’attore Depp non si chiama Johnny? L’hai storpiato apposta? O è questo Fischietto che si fa chiamare così…

    1. Ciao Sinapsi, mi dici dove hai trovato il fischietto? Su Johnny Depp hai ragione: sbaglio sempre la posizione della H. I nomi in sardo sono tre comuni della Sardegna: Carlo Forte (Carloforte), Tres nuraghes (Tresnuraghes), Perdas de fogu, che tradotto sarebbe pietre di fuoco,(Perdasdefogu). Sul titolo lascio a te l’ interpretazione. Se hai bisogno di altre spiegazioni chiedi pure e se trovi altri errori non esitare a farmeli notare. Sono qui anche per imparare.

  6. Mi piace moltissimo come giochi con i nomi, sia delle persone che dei vari luoghi e località. Mi piace anche il linguaggio gergale e anche un po’ “scurrile”. Ci sta proprio bene! I personaggi sono ben definiti e caratterizzati e a ogni episodio sai aggiungere particolari che danno loro maggiore personalità. Nel finale…il tassello mancante del puzzle. Molto bello!

    1. Ciao Cristiana, grazie, il tuo commento e` sempre una motivazione in piu` per proseguire questa storia, cercando sempre di inventarmi qualcosa di nuovo, nella speranza di non deludere chi legge e mi offre il suo sostegno.
      Non so se i nomi che ho usato: Carloforte, Perdasdefogu e Tresnuraghes (tre comuni della Sardegna), siano abbastanza noti a tutti. E` stato un piccolo gioco coi nomi divertente anche per me, scrivendo.