Come ad esempio i nostri cuori 

Serie: La giusta distanza


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Tra Laura e Alain la distanza del presente sembra mischiarsi con la voglia del futuro.

Gli spacchi del mio abito verde pistacchio scendono sul divano giallo di casa mia, ho appena salutato Alessandro, lasciandolo fra gli scrosci potenti di aprile.

Dentro questo mese ci siamo già visti quattro volte, un caffè, un sopralluogo di lavoro, un gelato, un mi accompagni a scegliere dei jeans? Mancato appena all’ultimo, per poi dirmi vediamoci lo stesso questa sera, ed io no guarda, ho già una cena.

Ma ho voglia di te, la sua legittima difesa a chiedermi di vedermi, ancora.

Così siamo arrivati ad ora, una Domenica di metà aprile piovosa con l’incertezza di farlo entrare in casa mia, ancora.

Abbiamo fatto l’amore un po’ ovunque.

O forse abbiamo fatto sesso dappertutto.

È sempre stato difficile con lui scindere le due cose, anche quando stavamo insieme ed eravamo certi di volerci bene.

Gli ho detto; dai entra, con questa pioggia meglio vieni dentro.

È entrato piano, i passi un po’ incerti, insicuro se ci fosse mia madre o meno.

Noi, la famiglia che era, pezzi macellati negli anni, sparsi, divisi, solo l’eco di quello che siamo stati a dirci in quanti eravamo all’inizio di questo storia.

Mio padre che non è più qui.

La sua famiglia che sicuramente non vuole lui sia qui.

L’altra sua compagna.

La mia litigata a metà con Alain della sera prima.

Pugni e carezze contrastanti nei pensieri e in un attimo sciolti nel fatto che lui mi sorride come fosse il primo giorno e le fessure dei suoi occhi sono come piccoli avocado stretti e aperti.

-Finisco una cosa e arrivo da te.

Scrivo cose a caso su un bloc-notes, non so più che scrivere se lui mi è accanto, dall’altra parte del tavolo mi osserva.

-Ci guardiamo negli occhi? Una partita a carte?

In un attimo mi rendo conto di quanto giocare a carte ci facesse stare bene mentre eravamo insieme.

-Intanto lo vuoi un caffè?

-No.

E infatti lo so che lui prima non lo prende mai.

Mi alzo, ho i seni e i capezzoli che si intravedono.

-Scusa, vieni qui.

Mi stringe come se fosse un tempo lunghissimo in cui non lo fa e ora non voglio pensare a quanto contino le nostre distanze.

Sulla sedia della cucina lui mi bacia e poi mi solleva su tavolo, mi butta giù, quasi mi spoglia.

Potremmo travolgere il computer, la cesta con i limoni, i vasi con salvia secca e il rosmarino, le penne e gli appunti di prima.

Potremmo, come abbiamo sempre fatto.

Ma lo fermo.

-Aspetta, andiamo sul divano.

Lui mi segue in salotto, mani che si cercano, corpi che si sdraiano dolci nella pelle nostra e nei cuscini.

-Ieri sera avevo una voglia incredibile di te, volevo vederti.

-Mi hai detto prenditi pure il week end libero. Ero a cena.

-Sei stata bene?

-Sì, avevo bisogno di svagarmi.

Poi mi bacia, inestimabile la stima di quanto io e lui siamo capaci di baciarci.

Il tappetto persiano giallo e bordeaux sotto ai nostri piedi è lo stesso di quando abitavamo insieme a casa nostra, le mutande di pizzo rosso, quel mio tanga sottilissimo che lui adora, è quello che proprio lui anni fa mi ha regalato, non ricordo se fosse di Intimissimi o di un vecchio outlet, so solo che alcune delle nostre cose sono rimaste ancora qui, ad accoglierci nuovamente, così come noi ci accogliamo nell’altro.

Ma non sono pronta ad averlo in camera mia, tra le mie le lenzuola.

-Andiamo in garage.

-Che cosa c’è in garage?

-Dunque, 2 lavatrici, 2 bicilette, uno stendino… cose così.

Ogni elenco un altro bacio tra di noi.

-Uhm.

-Fidati di me.

Lui mi solleva e le mie gambe non sono più a terra, mi porta dentro nel garage e mi appoggia sulla lavatrice, come peggio di una centrifuga la macchina si sposta, noi sorridiamo e ridiamo.

-Ho una bella visuale da qui.

-Pure io.

-Aspetta, fammi fare una cosa.

Scendo giù e da dietro un vecchio armadio recupero un piumone logoro che uso per fare dei lavori, lo butto a terra decisa.

-È sporco, ma può andare.

Lui mi guarda e mi bacia ancora, siamo ormai nudi, la sua maglietta grigia e il mio abito verde stropicciati e scomposti sullo stendino, noi aggrovigliati in parole e lingue e piacere.

-Voglio che vieni.

Ci mettiamo nella nostra posizione, gambe e schiena e sudore, baci, occhi negli occhi, non abbiamo mai smesso di guardarci, io sto per venire, ma viene prima lui, allora scendo giù, in mezzo alle sue cosce, poi torno al suo petto, glielo bacio, gli metto le mani sulla testa prima che tocchi il pavimento, lui mi sposta i capelli.

Sorridiamo, soddisfatti e sereni.

-Dove sei stata a cena?

Il piumone per terra accoglie le nostre chiacchere come un letto sottile.

-Al Sirena, in passeggiata.

-Non conosco.

-Ma sì, ci siamo stati insieme.

Lui mi bacia nuovamente.

-Ora quel caffè mi va.

Quando ci rivestiamo, tocchiamo parti di noi ancora sensibili, come ad esempio i nostri cuori.

Mentre faccio il caffè a piedi nudi mi metto sulle punte per raggiugerlo mentre lui con le ginocchia si abbassa, ci mettiamo a ridere entrambi.

-Scemo.

-Scemotta.

Si appoggia al marmo della cucina ed io mi siedo sul tavolo dove prima mi ha baciato in mezzo alle gambe, le lascio aperte, con gli spacchi che ondeggiano nell’aria.

Parliamo di noi, della nostra città, posti che chiudono, posti che rimangono, i nostri ricordi, le nostre nuove esperienze, i nostri nuovi amori, viaggi e posti visti, quei mi manchi gettati a caso mentre mettiamo le tazzine nel lavandino.

-Tu però non sei venuta.

-Fa niente.

Ma lui mi ritorna vicino, si mette in mezzo ai miei spacchi e vengo per un tempo di volte in cui non so tenere il conto.

Vorremmo ricominciare, tornare in garage.

Ma preferiamo lasciarci con la promessa di vederci ancora per continuare più a lungo.

Fuori dalla porta la pioggia è ancora più forte, batte come ad esempio i nostri cuori.

-Mi raccomando.

-Aspettami qui, così non ti bagni.

Lo stringo più forte e lui mi bacia più a lungo tutte le volte che sembra andarsene.

-Ciao.

-Ah, guarda che la settimana che viene non ci sono, poi è pure Pasqua.

Lo vedo allontanarsi lungo le scale.

-Penso che resisto a non vederti per una settimana, eh.

-Non lo so.

Quando si mette il cappuccio io chiudo la porta, con lui è un po’ sempre come la prima volta.

Serie: La giusta distanza


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Discussioni

  1. Bellissima e vera l’intimità tra i due personaggi. La scelta di evitare la camera da letto è un’immagine che mi ha molto colpita, sei riuscita a descrivere la natura complicata di un rapporto in questo semplice passaggio.