
Come ali di farfalla
Il sole quella mattina di primavera splendeva alto sulla Cordigliera e si rifletteva superbo e bellissimo nel lago. Il suo nome era Inti e durante le feste nei villaggi in suo onore, si vestiva di abiti lucenti e danzava ubriaco fino alla sera.
Il freddo intenso era quasi un ricordo e i pascoli si facevano ogni giorno più verdi. Un condor volava basso e maestoso, interessato a ciò che accadeva sotto di lui.
Rosalín alzò gli occhi e lo vide in tutta la sua bellezza: «Taytay kuntur, allin p’unchay. ¿Imayna kashanki?”» era il suo saluto mattutino all’amico che la accompagnava e vegliava su di lei. Agitò la mano e poi aprì le braccia correndo intorno quasi a imitare il volo del compagno di giochi. Le sue lunghe trecce nere svolazzavano e la sua colorata pollera sembrava ali di farfalla che si aprono e si chiudono in una danza d’amore.
Alcuni cuccioli di alpaca si agitarono e cominciarono a mugolare. Il loro humming richiamò Rosalín al suo dovere. «Signor condor, sarà meglio calmarci se non vogliamo perdere qualche animale e assaggiare il bastone della nonna sulla schiena come la scorsa settimana». Il condor non rispose, ma Rosalín non ci fece caso, le bastava la sua compagnia.
La bimba si fermò e si guardò attorno per contare i suoi animali che dovevano essere cinque, tre adulti e due cuccioli. Gli ultimi anni erano stati abbastanza fortunati e la famiglia riusciva a cavarsela con dignità. Dietro casa coltivavano patate, di ben tre specie differenti e due volte la settimana lei e la mamma scendevano al mercato di Vilca e tornavano sempre con qualcosa di utile in cambio, soprattutto per il fratellino nato da poco. La scuola era troppo lontana, ma alcune signore gentili che parlavano spagnolo con accento straniero, erano arrivate e avevano portato promesse e speranza.
A volte Rosalín pensava alla scuola. Era un concetto che non aveva ben chiaro, ma le avevano raccontato che si trattava di una grande casa dove i bambini imparavano a leggere i libri e dove si mangiava bene, almeno un pasto al giorno. Le avevano anche raccontato che si ballava tutti insieme e che c’erano tanti pastelli colorati e fogli bianchi su cui potevi fare splendidi disegni. Rosalín non aveva mai visto un foglio bianco.
Lei pensava anche all’amore, che identificava con i suoi idoli musicali. I complessini giravano di villaggio in villaggio portando allegria e i musicisti, con i loro lunghi capelli scuri, cantavano di donne bellissime che avevano spezzato loro il cuore. Rosalín si chiedeva come si potesse essere così stupide da lasciarsi scappare tipi come quelli. Immaginava di baciarli tutti e di sentire il calore delle loro bocche; si vedeva sistemata bene, come mamma e papà, con una bella casetta e alcuni animali. Lei avrebbe tenuto tutto in ordine per il suo sposo e lui sarebbe stato gentile portandole regali meravigliosi. Quello era l’amore nel cuore di Rosalìn.
Si risvegliò dai suoi pensieri e guardò in basso verso la vallata accorgendosi che il pascolo era sempre più vicino: riusciva a intravedere l’azzurro del lago increspato su cui navigavano alcune barche di pescatori. Il sole prepotente la infastidiva, così la bimba si mise una mano sugli occhi per ripararsi dalla luce e fu in quel momento che vide una sagoma appena definita, come un’ombra dietro le rocce. Ebbe l’impressione che si trattasse di una persona: era immobile e sembrava in attesa. Rosalín non percepì da subito il pericolo perché era ancora troppo piccola per conoscere la diffidenza. La nonna le faceva sempre tante raccomandazioni raccontandole storie di uomini cattivi, che lei comprendeva solo in parte e associava alle leggende degli spiriti delle montagne che si prendono gioco delle ragazze sole, divertendosi a spaventarle.
Così decise di continuare a camminare verso quella che era la sua meta dove solitamente trascorreva parte della giornata, al pascolo con i suoi animali. Se fosse stata fortunata, avrebbe incontrato alcune amiche con cui si parlava di ragazzi e di faccende domestiche. Avrebbero anche condiviso il cibo dandosi poi appuntamento per il giorno successivo. Tutto come al solito.
Rosalín camminava e la sagoma scura si faceva sempre più definita, fino a quando lei fu così vicino da riuscire a capire che si trattava di un uomo e che le sorrideva. Poi si distrasse un attimo e non lo vide più.
Si era convinta che fosse uno spirito delle montagne un po’ burlone, quando invece lui la afferrò deciso da dietro e le coprì la bocca con le mani. Era molto forte e aveva strani occhi avidi e desiderosi. La bimba tentò di ribellarsi, ma l’istinto le fece capire da subito che non avrebbe potuto opporre alcuna resistenza. Ciò che non capiva era cosa l’uomo volesse da lei: non aveva nulla di prezioso da rubare e non le sembrava di meritare alcuna punizione.
Tentò di urlare quando lui le strinse i piccoli seni causandole una fitta di dolore intenso che arrivò allo stomaco, ma si accorse presto che quel dolore non era nulla in confronto a ciò che provò dopo.
L’uomo si muove svelto sopra di lei e Rosalín è schiacciata dal suo peso. Le labbra della bimba toccano la terra e si uniscono alla pachamama in un bacio d’amore vero il cui calore le dà sollievo. «La Madre Terra veglia su di noi e nulla di male potrà mai accadere, abbandoniamoci al suo caldo bacio», cantava ogni sera la mamma al fratellino. Le lacrime si mescolano alla saliva e il suo viso si colora come un foglio che prima era bianco.
Poi l’uomo con un forte strattone la fa girare e allora lei ricomincia a respirare e sente l’ossigeno che torna a circolare fino ai suoi polmoni. La gonna non è più ali di farfalla, ma uno straccio logoro e sporco di fango.
Rosalín è sul punto di perdere i sensi quando sente un grido che la risveglia e attira la sua attenzione. Il condor vola di nuovo basso con le forti ali dispiegate e le dice di non perdere la speranza. Tutto finirà presto, lei potrà scendere al pascolo in cerca delle sue compagne e insieme laveranno la gonna dalla sporcizia e cercheranno di rimediare agli strappi.
Potrà anche bagnarsi nell’acqua del lago che è fredda, ma così pulita e limpida che ti ci puoi specchiare. Allora si sistemerà le belle trecce nere e quando l’appetito arriverà, sarà un piacere immenso condividere il cibo con le altre. Insieme rideranno e sogneranno l’amore. Rosalìn sarà l’unica fra loro ad aver dato il primo bacio, ma lei non lo sa ancora perché è solo una bambina e certe cose a quell’età non si è pronte a comprenderle.
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Un racconto meraviglioso, che nasce tra i cieli del Perù, fra le ali di una fanciulla nella sua ingenua e innocente età. Il condor che la segue come una stella nel cielo limpido di una giornata di sole, tutto immerso, come in una soluzione di bellezza, con le tue descrizioni dei luoghi, facendoti toccare con mano quelle magnifiche immagini di uan giornata serena come tante altre. Io ho sentito anche i suoni della cordigliera, la freschezza dell’acqua. Le nubi che arriveranno dopo sono l’altro aspetto della vita. L’uomo che resta misero a se stesso. L’amore contrapposto alla cattiveria dell’animo umano. Grazie Cristiana
‘L’uomo che resta misero a se stesso’ Grazie Nino per la lettura e per le bellissime parole. Soprattutto queste 🙂
Bella la descrizione dei luoghi e degli stati d’animo
Grazie Rocco, per aver letto e lasciato un segno. Lo apprezzo molto
trovo che sia bellissima e di un impatto fortissimo la tua descrizione, poiché si tratta di una bimba, e quindi ancora più forte arriva la tragedia che lei deve subire. Molto bella l’ambientazione e la storia che vi si svolge.
Eccomi Cinzia, grazie veramente perché si tratta di una tematica cui tengo moltissimo. Conosco molte storie di donne che hanno sofferto e soffrono, io stessa, ciascuna a modo suo. Purtroppo sembra quasi inevitabile, come fosse il nostro destino. Anche io scrivo quasi esclusivamente di donne e quando invece il personaggio è maschile, nasconde comunque caratteristiche femminili. Continuiamo a seguirci!
Una storia che non può che far pensare, dare una stretta allo stomaco. Al tempo stesso, un’apertura alla speranza: il giorno più brutto di una vita può essere lasciato alle spalle, non può impedire di godere del futuro. Al dì la del dolore, dell’orrore, c’è un mondo che aspetta di cui si è degni.
Ciao Micol, ti ringrazio sempre per leggere i miei racconti. Ho visitato luoghi nel mondo dove i concetti di violenza e rispetto sono a dir poco discutibili se li vogliamo giudicare dal punto di vista della nostra cultura occidentale. Le stesse donne, che quella violenza la subiscono, sono capaci di lasciarsela alle spalle come se l’avessero meritata oppure l’accettano come se fosse scusata all’interno della società in cui crescono. Non volevo assolvere il mostro, bensì provare a vedere con gli occhi di quella bambina, che non ha a disposizione i mezzi per capire la gravità di ciò che si compie su di lei e nemmeno ha adulti di riferimento che l’aiutano a crescere con il concetto di bene e male. Ci scandalizza, ma è veramente così in moltissime società. Ho scelto una narrazione leggera come è leggera la bimba, colorata e bellissima. Nonostante tutto, lei ha davanti la vita, il mostro invece no.
Un buon racconto, che scorre senza intoppi e con attenzione alle descrizioni. Hai trattato un tema delicato con equilibrio, riuscendo a raccontare l’episodio in maniera da non urtare la sensibilità di nessuno.
Se posso permettermi un piccolo appunto, manca la traduzione del saluto al condor… cos’è, quechua?
Bel lavoro.
Ciao Francesco e grazie per la lettura. Esatto, il racconto è ambientato in uno dei distretti di Huancavelica, Perù e la lingua è il quechua. “Buongiorno, signor condor (meglio ‘padre mio’), come stai oggi?”. Sai una curiosità? Il quechua e l’aymara finalmente sono stati aggiunti a Google traduttore. Certo, con tutte le imprecisioni del caso. Bisogna stare attenti perché lascia molto a desiderare essendo lingue antichissime e soprattutto parlate, quindi in continua evoluzione e con moltissime varianti da regione a regione. Tuttavia io lo considero un buon passo avanti. Scusami il “pippone mattutino”, ma se comincio poi non smetto più! Grazie veramente per aver letto. Buona giornata e buona scrittura
Il rompersi dell’innocenza. Una tristezza infinita, incompresa, che “… finirà presto” e tutto tornerà alla quiete. Come la vita. Molto toccante.
Grazie Curzio per aver letto il racconto e lasciato il tuo commento. Mi ha fatto molto piacere
Hai toccato un tasto molto delicato, non facile da affrontare senza rischiare di cadere nel patetico. Credo che tu l’ abbia fatto nel modo migliore, aprendo uno spiraglio di luce anche per chi e` dovuta passare bruscamente, dall’ integrita` e il candore dell’ innocenza, al fango che sporca non solo la gonna e alle ferite (non solo nel corpo), per la violenza subita.
Un’ altra caratteristica che noto nei tuoi racconti (in Peru`, Argentina, o Londra), e`la capacita` di descrivere i luoghi, cosi` ricchi di particolari appropriati, da rendere credibili, avvincenti e quasi pittoriche le storie che racconti. Ho come la sensazione che tu possa conoscere quei posti per esserci stata davvero, vivendoci per lunghi periodi di tempo.
Davvero brava.
Ciao Maria Luisa. Era da un po’ che mi girava in testa questo tema difficile e delicato che mi sta molto a cuore. Affrontarlo con dolcezza è quasi come esorcizzare quella paura che quando sei una donna, non importa l’età, a volte ti viene, per te stessa e per le persone a cui tieni. Volevo però provare, per quanto possa sembrare impossibile, a trovare una speranza da regalare alla bambina. Per rispondere, invece, alla seconda parte del tuo commento, posso dire che per me sarebbe impossibile scrivere senza immaginare la mia storia calata in una realtà che ho vissuto o comunque sognato e immaginato tanto da farla mia. I luoghi, i colori, odori, paesaggi e le persone stesse fanno parte di un bagaglio da cui non so staccarmi. Grazie per i tuoi commenti sempre attenti e per la tua sensibilità. Mi è di grande sostegno
Un racconto bello e crudele, che fa male. No, Rosalin non merita alcuna punizione. L’uomo si’, una giusta e durissima punizione, senza appello. Grazie
Grazie a te per aver letto il racconto. Rosalin, che è ancora e solo una bambina, si merita solamente tutta la bellezza da cui è circondata.
Emozionante questo librick. Siamo in Perù o in Bolivia?
Ciao Kenji, questa volta avevo voglia di tornare in Perù. Siamo nel distretto di Huancavelica. Potrebbe interessarti il legame fra questa regione molto povera e il gruppo armato (non mi piace definirlo “terrorista”) di Sendero Luminoso. L’ultima operazione della polizia prende il nome di “Huancavelica 2018”. Io ti ho lanciato l’idea, adesso tocca a te!
Ah, guarda, ho tantissimo da scrivere. Raccontare di Sendero Luminoso boh, ho letto qualcosa di Evangelisti e del sequestro dell’ambasciata giapponese negli anni ’90, per il resto poco. Quando ho scritto l’ebook sull’Argentina è perché conosco bene il paese e l’ho visitato. Grazie comunque della dritta, magari in futuro mi verrà in mente qualche idea
Ciao Cristiana, un racconto bellissimo. Hai raccontato con delicatezza e candore una delle cose più orrende che possano esistere. Molto bello il legame con il condor e il finale di speranza. Come sempre sei molto brava nelle descrizioni e nell’uso dei dettagli, senza esagerare o appesantire il testo. Come sempre mi hai trasportato dentro al tuo racconto e ai tuoi paesaggi e mi hai fatto sentire in paradiso per metà racconto, anche se un’ombra d’inquietudine è percepibile fin dall’inizio. Al prossimo racconto!
Grazie Carlo per il tuo commento. I bambini il paradiso ce l’hanno dentro, siamo noi adulti a tirarli troppo presto a terra. Nel mondo ci sono posti in cui questo tipo di violenza è molto diffusa e culturalmente tollerata e accettata. Siccome però questo è “solo” un racconto, nel finale mi è piaciuto dare un senso di speranza. A volte è difficile, ma, se lo si vuole veramente, la si trova sempre. Un abbraccio
El condor pasa, l’hombre la trapasa: questa è la vita. Ci hai fatto vedere con gli occhi di Rosalín il sogno che s’infrange con la realtà, dove la gioia di vivere e la speranza in un futuro radioso non sono ancora vinti dalle miserie della vita. Davvero struggente. Complimenti.
Grazie Fabius per il commento. E’ vero, il fatto accaduto è struggente, ma non toglie colore ai colori che, agli occhi dei bambini, restano sempre e comunque colorati!