Commando fanfiction

«Deserto, deserto, deserto…».

«Coraggio, Patrick, qui c’è solo questa landa di polvere!».

«Ha ragione, signor colonnello, ma io sono abituato alle praterie del Montana, non a tutto ciò».

«Dilettante. Io vengo dal New Mexico e lì c’è solo deserto…».

«Certo, Ervin, ma questa non è l’America».

«Calmi, ragazzi». John Matrix si terse il sudore dalla fronte. «Siamo qui da queste parti perché ce lo chiede l’America, e che sia la Russia, il Messico o che altro il posto in cui ci troviamo, dobbiamo agire».

Il piccolo gruppo di operatori annuì, intanto l’UH60 li trasportava verso le profondità di quel luogo così desolato.

Era una fortuna che fossero a bordo di un UH60, pensò John Matrix, o meglio: più che altro che i siriani fossero incapaci di intercettarli.

Erano partiti da un avamposto segreto in Libano e con il beneplacito degli israeliani stavano facendo un’inserzione in territorio siriano.

Sarebbe scorso molto sangue.

L’UH60 continuò il suo viaggio quasi rasoterra, quindi si abbassò ancora più di quota in vista di una striscia di cemento.

Allora l’elicottero si avvicinò al suolo e i quattro uomini saltarono in terra.

John Matrix dispose i suoi mentre l’UH60 riguadagnava quota per poi andare via, verso il Libano. Mise Bertrand in avanguardia, Ervin sarebbe stato accanto a lui e Patrick avrebbe fatto da retro. Era tutto un meccanismo ben rodato e i movimenti furono automatici, quindi si mossero verso nord.

Come una sorta di millepiedi, marciarono nella polvere.

In America non si viveva un bel periodo. Reagan doveva sfidare la rielezione e si diceva che se avesse fallito l’orso russo avrebbe prevalso.

Dal canto suo, John Matrix voleva uccidere quanti più comunisti possibili; più per la precisione tedeschi orientali. Quando era giovane, era fuggito da Berlino Est con delle scarpe russe da cui gli uscivano i piedi proprio come Tony Montana. Amava più che mai l’America anche se rimaneva un tedesco e non era cubano.

Il gruppo di operatori si diresse verso nord seguendo la strada ma scorrendo parallela a essa. Tanto di lì non passava nessuno se non qualche lucertola cotta dal sole mentre l’asfalto sembrava liquefarsi sotto i raggi solari.

A un certo punto, da nord si videro alcuni movimenti.

John Matrix alzò il pugno e mise mano al telemetro. Mentre i suoi uomini restavano fermi in puntamento, vide che si trattava di un paio di Ural che facevano la spola tra un campo dell’OLP e una base militare governativa.

Il telemetro indicava tre chilometri e cento metri.

«Muoviamoci». Mise a posto il telemetro e ripresero la marcia.

Si avvicinarono alla base dell’OLP e si disposero su una duna. John Matrix teneva tra le mani un M16A2 come tutti gli altri – a parte Ervin che aveva un Barrett M82A1

Ervin posizionò il fucile di precisione e John Matrix gli fece dei gesti. «Vedi tutto?».

«Sissignore».

«Stai in attesa che dobbiamo avvistare l’obiettivo».

«Agli ordini».

Rimasero lì, sotto il sole del Medio Oriente e attendevano che l’obiettivo facesse la sua comparsa. Il sole li cosse vivi, ma loro erano coriacei ed erano restii ad arrendersi. Fossero stati facili alla resa, non sarebbero mai stati inviati in una missione clandestina in Siria. Che poi, John Matrix si ricordò di essere stato un po’ in tutto il mondo per favorire gli interessi dell’America, aveva fatto più il soldato che il turista.

Nel campo dell’OLP ci furono dei movimenti ed Ervin si riattivò. «C’è qualcosa, signor colonnello».

«Lo vedo». Mise mano al telemetro per essere più preciso e intravide un raghead tra i tanti, ma questi era il più carismatico, il più anziano, il più pericoloso. «Preparati a fare fuoco».

«Posso farcela, signor colonnello».

Il vento era quasi nullo, non c’era neppure un minimo di umidità e nessuna guardia al limitare del campo si era accorta della loro presenza.

«Al mio ordine, Ervin».

«Attendo ordini, signor colonnello». Nel frattempo regolava il respiro. Aveva tolto la sicura e il dito era sul ponticello, era pronto allo sparo.

«Adesso! Fa’ fuoco!».

Ervin tirò il grilletto. Un solo colpo e il raghead carismatico, anziano e pericoloso diventò un raghead morto.

Tutti gli altri suoi compagni si allarmarono e nel campo si diffusero urla, schiamazzi, qualcuno accennò ad aprire il fuoco.

«Via di qui!» sibilò John Matrix.

Lasciarono il crinale della duna e puntarono verso sud. Corsero per un attimo senza formazione, poi la ricostituirono e si allontanarono dal campo dell’OLP.

Nel frattempo, Bertrand si mise a parlare via radio. «Esfiltrazione! Esfiltrazione subito!».

Bravo ragazzo, pensò John Matrix.

L’UH60 iniziò ad avvicinarsi e Bertrand agitò le braccia, solo che Patrick urlò: «Attenzione!».

Falangi di raghead e tecniche siriane erano in arrivo. AK e mitragliatrici russe iniziarono a scatenare una tempesta di piombo, prima contro il piccolo gruppo di operatori, poi contro l’UH60.

A quel fuoco, i mitraglieri dell’elicottero reagirono con gli M61 Vulcan e ci furono raghead che esplosero come bolle vermiglie, una tecnica esplose in una piccola palla di fuoco e gli americani gioirono come a una partita di football.

Anche John Matrix e i suoi reagirono. Si unirono a quel fuoco e alcuni raghead finirono per essere frantumati dal fuoco dei loro M16A2.

L’UH60 accennò ad andarsene e Patrick urlò: «No, no! Non lasciateci soli in questo dannato deserto!».

Ma l’UH60 se ne stava proprio andando e i raghead e i governativi siriani li avevano circondati.

All’improvviso John Matrix sentì la temperatura innalzarsi di molti gradi e gli venne un caldo pazzesco, neanche avesse la febbre.

Poi, vide che tra i governativi siriani c’erano degli uomini con il simbolo del martello e il compasso e gridò tutta la sua furia. «Comunisti! Comunisti a morte!». Fece sfuriare il suo M16A2.

A quella reazione violenta, si unirono Ervin, Patrick e Bertrand e molti altri nemici finirono per essere uccisi in un’orgia di sangue.

John Matrix si guardò gli scarponi. Fabbricati nel New Jersey, non erano scarpe russe. Scoppiò a ridere per il sollievo.

I nemici accennarono a ritirarsi e già John Matrix stava pensando di andarsene, di ritirarsi nel deserto verso la frontiera libanese, quando poi si sentì di nuovo il tonfo ritmico di un elicottero.

L’UH60 era tornato e si posò a terra.

Salirono a bordo e gioirono tutti dandosi l’high-five. Quella sera, avrebbero fatto festa a Beirut.

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Discussioni

    1. Eccomi qui! Grazie, Alessandro. Il racconto è una fanfiction del film Commando, quello del 1984 con Arnold Schwarzenegger… mi piaceva l’idea di scrivere qualcosa a riguardo.