Confidenze notturne di una cantante in crisi

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Mentre Gustav è alla ricerca della camera numero 100, avverte la voce di una cantante che lo ammalia, e che poi incontra, per puro caso, dietro una porta azzurra, distogliendolo dai suoi ultimi intenti e pensieri, per catapultarlo, col suo magnetismo, in altre dimensioni, peripezie e misteri.

«Una cantante ha necessità di una concentrazione assoluta per le sue interpretazioni, e allo stesso tempo di un’adeguata serenità che le consenta la giusta intimità con il suo repertorio, come le dicevo poc’anzi, avvocato. Non riesco ad esprimermi con un gendarme che mi esaspera e mi fissa dalla pedana degli ottoni, facendomi dei segnali continui, sbarrando gli occhi, torcendo la bocca, le mani, con gesti osceni e irrispettosi per la mia arte e la mia dignità. Questa brutta storia va avanti da troppo tempo, ma stasera, che c’è l’inaugurazione della rivista ermetica, una serata così importante, dove partecipano tutte persone di gran livello, artisti, poeti, critici, editor, detrattori di bozze, come saprà, Alex ha cominciato ad andare oltre, superando ogni limite consentito, avvocato. Si è messo addirittura a ridacchiare durante le battute di pausa, guardandomi e indicandomi con un dito, muovendo la lingua su e giù, per giunta. Pensi a cosa ho dovuto sottostare. Indicare una donna, cantante rispettosa di un’orchestra da ballo, con il dito e poi con la lingua, le sembra ammissibile?»

«Mi sembra un comportamento del tutto esecrabile. Lei ha perfettamente ragione, e posso garantirle che vi sono gli estremi per una querela, signorina» le feci.

«Pensi solo che aggiungendo ai segni di correzione quelli tremendi della derisione, Alex si è mostrato disposto a varcare lo stadio successivo, che corrisponde alla fase estrema dell’umiliazione e della sottomissione sessuale. Nelle tre sequenze si racchiudono tutte le mie afflizioni, che cerco con tutta me stessa di combattere. La seconda fase dell’assedio, come le accennavo, dura un certo periodo, di solito tre, quattro settimane, a detta di alcune colleghe che hanno cantato in precedenza nella stessa orchestra, subendo delle umiliazioni simili, se non peggiori, incluse le riviste pornografiche spalancate sul leggio e le gocce di lassativo nella limonata. Il problema è che dovrei inventarmi quanto prima una scusa e rinunciare a una tale persecuzione, che potrebbe portarmi a un crollo nervoso e artistico imponente, che temo irreversibile se non corro al più presto ai ripari. Adesso, mi perdoni, ma devo riprendermi. Il mio prossimo ingresso è previsto tra circa mezz’ora. Perché non mi accompagna in camera, nel frattempo? Dovrei cambiarmi d’abito, rilassarmi, darmi una rinfrescata. Mi tocca indossare un abito completamente rosso e molto stretto, la cui cerniera è un vero tormento. È disastrosa. Nessuna sarta ha mai individuato la causa del problema, che porta al difetto e all’incaglio puntuale della lampo giusto a metà schiena, quando sembra che stia scorrendo senza ostacoli, come una barchetta a vela, ma è solo un’illusione, purtroppo. Potrebbe tornarmi molto utile la sua presenza. Mi eviterebbe il disagio di un ulteriore ritardo, e inoltre potremmo continuare il nostro scambio con maggiore calma, nonostante sia stata solo io a parlare, avvocato, sostituendomi indegnamente al suo ruolo, e me ne dispiace. Lei è una persona davvero amabile, assai diversa dai ragazzacci dell’orchestra, soprattutto da una canaglia come Alex, il più malefico tra tutti gli ottoni. Quando lo vedrà se ne renderà conto. Adesso mi segua e non si distragga, avvocato. Faccia presto. Non vorrei che uno degli orchestrali potesse pensare a male, vedendoci soli soletti, in un luogo appartato. Lo dico soprattutto per lei, Gustav. Perché non mi ascolta? Avanti, a cosa sta pensando? Mi segua, piuttosto. Non mi metta in difficoltà, per piacere» mi fece la cantante, prendendomi una mano e trascinandomi nel fondo di un corridoio in penombra, costellato da diverse porte socchiuse. La sua era la penultima, ancora chiusa. Lei cercò la chiave, ma senza trovarla. Era una cantante stralunata, l’ultima persona che in una serata già difficile e caotica doveva capitarmi – o forse l’unica, chissà.

«Non ricordo dove l’ho lasciata, avvocato. Mi farebbe la cortesia di recuperarla? Tutte le volte, prima di cantare, aggancio la chiave della mia camera a un portachiavi con un uccellino rosso di gomma, dove sono impresse le mie iniziali, non può sbagliarsi. La pregherei di correre a riprenderlo, in modo che nessuno lo veda e lo sottragga. Devo averlo lasciato lì, ora mi sovviene: troverà una tenda verde bottiglia; dietro la tenda un tavolo, con una tovaglia rossa, natalizia, dove i camerieri di solito lasciano qualche bicchiere e qualche piatto per rifocillare l’orchestra in pausa, quasi sempre avanzi degli invitati. Noi cantanti, di solito, disponiamo di una saletta apposita, dove possiamo scegliere tra varie pietanze e prelibatezze, ma stasera, per la prima volta, abbiamo condiviso il buffet con gli orchestrali. Si tratta di un batter di ciglia e sarà già lì. Me lo farebbe questo immenso favore?»

«Mi dispiace deluderla, signorina, ma non credo di poterle essere d’aiuto. Non conosco bene l’albergo e poi, anche se riuscissi a raggiungere la zona di cui mi parla, con che diritto potrei accedere al tavolo degli orchestrali, non facendo parte della loro categoria?»

«Ma no, avvocato, non si faccia problemi del genere. La zona di cui le parlo è a poche decine di metri da qui. Sarà il vociare degli invitati e il suono dell’orchestra a condurla. Arrivato al confine, basta che si nasconda dietro la tenda verde bottiglia; non deve fare altro che scostarla, scrutare per bene i vari oggetti presenti sul tavolo degli avanzi, e come l’uomo invisibile allungare e aprire la mano sul mio portachiavi a forma di uccellino. Sono convinta che lo troverà lì.»

«Capisco, signorina, ma insisto: con che diritto prendere un portachiavi non mio, col rischio che qualcuno se ne accorga? Non sono nemmeno l’uomo invisibile, tra l’altro.»

«Ma con un tocco di maestria può diventarlo, avvocato. Lei è un uomo di legge! Chi se non lei può avere il diritto all’invisibilità? Me lo dica!»

La cantante riuscì ugualmente a convincermi a recuperare il suo portachiavi. Mentre mi dirigevo verso la sala dell’orchestra, una ragazza dai tratti asiatici mi corse incontro, afferrandomi per un braccio e riferendomi che il poeta Stanislao aveva avuto un attacco di cuore. Adesso aveva urgente bisogno di un avvocato. Dovevo soccorrerlo immediatamente; in albergo c’erano un’infinità di medici e io ero l’unico avvocato. Non c’era più tempo.

Continua...

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni