CONTAINER

Alle sei e mezza i camion con i container erano già davanti ai cancelli dell’azienda. Era una bella mattina di fine primavera. I macchinari pronti in piazzale dovevano essere caricati, trasportati fino a Genova e da lì imbarcati per la Cina.

Prima delle sette i mezzi pesanti erano entrati e allineati, pronti per le operazioni di carico. Il manovratore del carroponte solitamente arrivava alle sette e un quarto; lo chiamavano ‘il Campana’, perché non ci sentiva tanto bene.

Cominciò a formarsi un gruppetto di operai, tra cui ‘il Gato’, così soprannominato dopo che aveva fatto una vacanza a Cuba; era lui il vice del piazzale, da circa un anno. I camionisti erano andati a prendere un caffè alla macchinetta negli uffici, che conoscevano bene. Nei capannoni iniziava l’attività lavorativa, come tutti i giorni.

A un quarto alle otto arrivò il proprietario della ditta, detto amichevolmente dai dipendenti ‘il Boss’. Subito andò in piazzale, e vide che nessuno stava caricando. Si avvicinò al Gato, che distendeva per terra un fascio di lunghe funi d’acciaio.

“Beh, che succede, Gato? Cosa aspettiamo per cominciare, Cristo santo!”

“Campana non è ancora arrivato, Boss. È lui il responsabile, quando gli si porta via il lavoro poi s’arrabbia.”

“Ma come non è arrivato, Cristo beato! Adesso faccio telefonare, intanto iniziate!” replicò andando verso gli uffici. Le macchine dovevano essere sistemate entro mezzogiorno, altrimenti si rischiava il trasbordo al porto.

Il Campana non rispondeva al telefono, allora andò a cercare il capo magazziniere, cioè ‘il Cicca’, così detto per la bassa statura.

“Prendi il furgone” gli disse il Boss “vai a casa del Campana: se gli si è rotta la macchina, prendilo e portalo qua.”

Il Cicca partì di volata, essendo felice ogni volta che poteva abbandonare la puzza di olio per motori e grasso per cuscinetti che stagnava nel magazzino. Peccato che abiti solo a un paio di chilometri, pensò appena fu in strada.

Il Boss tornò in ufficio; dalla finestra vide che in piazzale era ancora tutto fermo. I camionisti cominciavano ad essere nervosi.

Tornò giù, si diresse nuovamente verso il Gato.

“Ma perché non vuoi caricare? Me lo spieghi?”

“Non c’ho la qualifica, Boss, non mi posso prendere questa responsabilità. Il Campana prende molto più di me.”

“Certo, lo so, ma lui è da trent’anni che fa questo lavoro. Tu non li hai nemmeno, trent’anni!”

In quel momento arrivò il Cicca, che ancora dentro al furgone cominciò a gridare: “il Campana è morto stanotte, nel sonno! La moglie è disperata! Lo stanno portando via adesso, con l’ambulanza!”

“Ma Cristo benedetto” disse il Boss “come si può morire con tutti questi container da far partire!”

Si guardò un poco intorno, poi fece chiamare subito il responsabile del personale, ovvero ‘il Tasca’, per via del fatto che girava spesso in officina con le mani infilate nelle tasche. Arrivò in piazzale trafelato: non era abituato a correre.

“Cosa succede, Boss?”

“Accordati col Gato per un passaggio di categoria e un aumento di stipendio. Già da questo mese.”

Poi, rivolto verso il nuovo capo piazzale: “Chi vuoi come aiuto alle manovre?”

“Il Balena” rispose. Così chiamarono l’operaio che nell’ultimo anno aveva perso venticinque chili, ma aveva tenuto il soprannome.

Quindi il Boss salì nuovamente in ufficio, si buttò sulla poltrona di pelle e si accese una sigaretta. Che giornata pesante, pensò.

Verso le undici guardò, per l’ennesima volta, dalla finestra: il carico stava procedendo bene, senza intoppi. Appena terminata la spedizione andrò a trovare la vedova, disse tra sé.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Storia cinica e spietata, come la logica di mercato che governa le nostre società. Uno stile asciutto, secco, del tutto coerente con quello di cui scrivi.
    Bello, complimenti.

  2. “Che giornata pesante, pensò.”
    Un racconto molto cinico e così vicino alla realtà da essere quasi spiazzante. Il linguaggio stesso che hai utilizzato è vero e vivo. Pare quasi di vedere le bocche da cui esce. Dovrebbe far ridere (ma a me non capita mai, anzi, mi capita l’esatto opposto) se ti dico che il personaggio del boss assomiglia tanto al Pojana di Propaganda. Il tuo racconto smuove le coscienze sul duro mondo del lavoro spesso sottopagato e sfruttato, quello che serve a muovere la macchina. Complimenti

    1. Cara Cristiana, sei sempre gentilissima nei miei confronti.. e sempre attendo con piacere i tuoi commenti.. la storia, come ho già detto, è quasi completamente vera, ho solo voluto mettere in parole un ricordo della mia vita