
Cose semplici.
Secondo Marco le sorprese erano come le conchiglie, poteva essere che le tenevi in mano e si sgretolavano.
Succedeva perché ruzzolavano troppo a lungo nel cuore di chi le voleva fare, come nel fondale del mare e non gli piacevano. Davanti alla vetrina del negozio di fiori, passò in rassegna le piante e le composizioni adorne di fiocchi. La tonalità connotava il significato; il rosso era da recapitare a una donna in una occasione unica, oppure a essere unica era soltanto la donna, roba di questo tipo insomma, troppo complicato per un uomo semplice come lui. Sorvolò con lo sguardo di camelia in gladiolo. Si alzò il bavero del giubbotto, una ventata gelida portata da nord si abbatté sul suo collo innervosendolo. Mosse il passo in avanti e pensò che si sarebbe vergognato molto ad entrare in un negozio di fiori. Il suo fiore era Elsa.
Anche l’incontro con Elsa era stato una cosa semplice. Si erano conosciuti alla fermata del tram. Pioveva. L’acqua che cadeva giù dal cielo ormai da giorni li aveva costretti a ripararsi sotto la pensilina, spingendoli a ridurre lo spazio vitale tra i loro corpi. In quell’occasione a Marco parve di avvertire il corpo di Elsa emanare calore, come quando si mette una cosa bagnata ad asciugare. Era calda quella cosa che proveniva da lei verso di lui, c’era mischiato l’odore di papavero. Elsa stava attenta a che le scarpe di camoscio rimanessero sotto alla pensilina, privandole ai colpi della pioggia. Marco le sorrise, perché gli era sembrato spontaneo farlo. Anche per Elsa sembrò naturale rispondere con un cenno degli occhi.
Si salutarono come se lo avessero già fatto decine di volte, con confidenza. Senza che ce ne fosse mai stata.
Il tram li lasciò a differenti fermate. Per il resto del giorno i pensieri dell’uno e dell’altra percorsero la stessa direzione; Elsa si domandò che nome avesse l’uomo dai capelli rossi, Marco tenne nel naso l’odore del papavero.
Andarono avanti a quel modo, avidi di pochi minuti, per una settimana intera, fino a quando Marco prese il coraggio e la trattenne sul bus prima che scendesse, afferrandole il braccio coperto da un morbido cappotto di lana. Anche quello fu un gesto semplice. Elsa rispose di sì prima ancora che Marco formulasse la richiesta di un possibile appuntamento.
Per Elsa le sorprese erano come le lucciole. Duravano attimi di accensione e poi svanivano nel buio portandosi dietro la nostalgia. Non era buona a farne, nemmeno a riceverne. L’incontro con Marco era accaduto perché il temporale li aveva spinti vicini e, quindi, per vie naturali. A lei era parso che quei capelli rossi risplendessero nell’assenza di sole. Spiegava questo a se stessa mentre accettava di fermarsi con lui nel Caffè. Quella fu la prima volta. Incontrarlo era stata una cosa ovvia, come tirare ossigeno nei polmoni.
Dopo numerosi giorni, molte settimane e mesi, vivere accanto a lui, condividerne lo spazio del corridoio, il bordo del bicchiere di vino e il letto, divenne parte del metabolismo.
*** * ***
Oggi Elsa pensa che, l’uomo dai capelli rossi, cioè Marco, è come il principe azzurro, di lei conosce tutti i segreti, anche quelli che una donna tiene per sé. Marco sa come condurla a passeggio lungo il fiume, la sostiene per i fianchi assecondandone il movimento quasi non sapesse camminare o temesse in un inciampo così come conosce quando è il momento buono per farla ridere; lo capisce da come lei alza le spalle alle sue battute. Si piega su se stessa prima di prendere fiato e lanciare nell’aria una risata. Marco conosce di lei ogni sfumatura e continua a ripeterle che nessuno l’amerà quanto lui. A volte dice che non vale la pena fare progetti per il futuro che la vita è semplicissima da capire nelle sue improbabilità, così era accaduto con la conca di gerani sul terrazzo d’estate. Era al primo anno di liceo e aveva da poco iniziato a fumare. Lo scirocco forte di un tardo pomeriggio aveva fatto precipitare la conca giù, dal quarto piano. Nando, il vecchio del pianoterra che campava a bestemmie e vino, usciva anche lui a fumare sul balconcino. La cosa improbabile, in quel caso, era che il vaso oltrepassasse la ringhiera del terrazzo; la semplice era che il vento lo aveva mosso oltre, facendolo roteare. La testa di Nando si era aperta di lato in un colpo solo.
Marco crede che le cose accadano. Non contano i voleri e i desideri. Accadono e basta. Ne ha la conferma ogni giorno, da quando vive con Elsa. Loro hanno piccole cose che riempiono le stanze della loro piccola casa.
Oggi Elsa vuole uscire. Come una settimana fa. Come venerdì. Sa che Marco non ama le sorprese quindi tace. Sta in piedi, poggiata al lavabo, le mani dentro l’acqua e mentre riflette si tocca i capelli, sistemandoli. Marco adora quel gesto. Notarlo per lui è ovvio come inghiottire. La bacia sul collo e si perde nel profumo della sua pelle. A lui ricorda sempre quello del papavero, come la prima volta. Elsa gli ha sempre detto che nessuna pelle profuma di papavero. Marco pensa che si sbagli. Sbagliarsi è semplice. La bacia di nuovo e stavolta avverte un odore pungente. Elsa lo scosta perché trova inopportuno che lui si dedichi a lei nella cucina. Elsa per fare l’amore ha bisogno della penombra.
Marco si blocca. Fa un passo indietro. Sono settimane che Elsa gli sembra diversa. Vuole ridere, troppo. A volte piange anche, molto. Ha preso a tirarsi su i capelli. Li annoda con cura. Gli fa domande. Mi trovi ancora bella, Marco?
Elsa chiede conferme. Vuole uscire. Da sola. Dice che vuole pensare. Marco risponde che la vita non si pensa. Elsa mette il broncio. Marco la trattiene, come quel pomeriggio lungo il fiume e a lei era sembrato di avvertire un brivido diverso mischiato a quelli per l’umidità. Elsa ha bisogno d’aria. Spalanca la finestra e guarda giù. Dove corre la vita. Marco trema. Sente che tra lui ed Elsa c’è un divario. Forse un altro uomo. Un incomodo. Un serpente. Il sangue corre al contrario nelle sue vene e nella testa, decine di volte, rivede Elsa che lo sposta di lato, invece di abbandonarsi a lui. Elsa non è più sua. Chissà da quanto non lo è e lui non se n’è accorto.
Vuole abbracciarla, di nuovo.
Elsa ride. Appoggiata alla balaustra guarda per strada, è allegra, come dovesse recarsi a una festa, pensa che adesso si volta e glielo dice. Per assurdo le sembra però che le gambe abbiano perso contatto con il pavimento, avverte di essere sospesa, in una manciata di attimi, incredula muove le braccia e arranca come una foglia secca nell’ultimo refolo. Marco la guarda, scostando via da sé le mani di Elsa, suda. Nel viso non si muovono muscoli.
Elsa vede l’uomo dai capelli rossi farsi sempre più lontano. La voce è strozzata dentro lo stomaco, vorrebbe urlare.
Un figlio è una sorpresa.
Sopra di lei soltanto il cielo.
Marco sa. La morte è una cosa semplice.
(nessun riferimento ai recenti accadimenti di cronaca. Racconto di qualche tempo fa).
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Che stile, Bettina, che stile! Sei riuscita a costruire un racconto tenero e macabro contemporaneamente e ci sono dei passaggi di considerevole bravura: parte del metabolismo, la vita non si pensa, il sangue al contrario nelle vene… chapeau.
Guarda, mi fa piacere se anche questo racconto è riuscito nel suo intento e che tu lo abbia apprezzato. Lo scambio tra la tenerezza e il macabro è venuto un po’ da sé. Grazie, Francesco.
Un impianto magistrale, di quelli tuoi che sai costruire così bene che c’è solamente da imparare. Una storia delicata, di odori e colori, immagini evocative. Un amore al quale non si può mettere fine. Un groviglio di emozioni e pensieri. Vorrei dire, ma non so come si fa. Vorrei capire, ma non ci riesco. Le incomprensioni e i silenzi, la pretesa di sapere quando nemmeno si conosce l’altro. Amarsi e amare è tanto difficile. Sono moltissimi gli spunti di riflessione da cui si potrebbe partire per lunghe discussioni o semplicemente per il bisogno di uno scambio. Ciò che ho maggiormente apprezzato dal punto di vista stilistico è stata la tua capacità di ‘saltare’ da un cuore all’altro, da un’anima all’altra quasi che le due parti si fondessero. Grazie Bettina.
“….da un’anima all’altra quasi che le due parti si fondessero”. Grazie per aver sottolineato questa sensazione nel tuo commento perché ho tentato di fare proprio questo, di fondere le due anime come spesso avviene in certe relazioni, fino all’annullamento di una. Sul “magistrale” io ho tanto da imparare. Grazie, carissima Cristiana.
Bellissimo il tuo raccontare i due diversi stati d’animo che coinvolgono i due protagonisti, portandoli ad intrecciarsi lungo il racconto fino all’ epilogo drammatico, freddo negli occhi di lui
Complimenti
Grazie molte per aver letto e ascoltato questo racconto. E’ verissimo che ci sono due narrazioni diverse per i due stati d’animo e sono contenta che questo sia arrivato.
La prima parte del racconto, dolce e delicata, mi ha sorpreso. Quando il tono e` cambiato, facendo crescere la tensione, ho riconosciuto lo stile vario, ma inconfondibile, dei tuoi tanti racconti. Il contrasto tra l’ incipit e il finale, pur essendo inaspettato, rivela la tua firma, confermando, ancora una volta, la capacita` di coinvolgere, emozionare e stupire.
Ciao M. Luisa. Mi sono quasi commossa quando tiravo giù la prima parte di questo racconto, dato che l’incontro di questo Amore nelle due differenti personalità, è venuto così fatto, cioè con una infinita purezza di intenti. Il finale è insopportabile. Sono molto contenta che tu lo abbia letto. Grazie!
Una suspance finale che mi ha ricordato certe scene di Hitchcock. Magistrale!
Ho tentato di condensare nelle ultime righe tutta la suspance, come se le anime di questi protagonisti si fossero ri-avvolte su se stesse nella prima parte per poi srotolarsi in avanti nelle ultime poche righe. Sul “magistrale”, io ho molto da imparare. Ciao Hugo e grazie per aver letto.
So che è un… Accidenti non posso chiamarlo “problema”. Non è un problema, è una assurdità contronatura, una stonatura nell’armonia del mondo, una frattura nella logica dello spazio-tempo. Una bestemmia, un’offesa alla natura stessa dell’essere umano.
La violenza contro la propria compagna, ancora più per gelosia, possessività egocentrica e narcisistica mascherata da amore.
Però, Bettina, questa volta mi hai fatto male. Perché sembrava una storia bella, e ci mi stavo cullando in quella storia. E sono caduto anch’io da quel balcone, sentendomi andar giù e poi sfracellandomi a terra.
“….una frattura nella logica dello spazio-tempo”. Queste parole lasciate nel tuo commento le considero il sigillo per questo tipo di relazioni e aggiungo che non esiste guarigione o “correzione” quantistica. Non ci permettono di andare “oltre”, tenendoci legati al livello basso dell’evoluzione. Grazie molte per aver letto. Ciao, Giancarlo.
“Secondo Marco le sorprese erano come le conchiglie, poteva essere che le tenevi in mano e si sgretolavano. “
Bellissimo
😊…grazie!
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Ciao Ileana. Le storie d’amore romantiche esistono per fortuna, il difficile è scriverle, almeno per me, vado a dirlo da sempre. Mi piacerebbe riuscire a farlo, chissà, forse un giorno…dopo tanto allenamento riuscirò a sfornarne una che non cada e scada nel retorico e/o banale. La Mente Umana l’hai colta in pieno. Grazie per esserti fermata a leggere questo racconto. Un saluto.