Dal Treno

Serie: Isole


Chissà perché nell’era della velocita super-sub-astro-sonica, io ho nostalgia del treno. Sento la vostra vocina maliziosa: “Perché sei vecchio!”. Certo l’età ha la sua importanza. Perché parlo di quei treni? Quei treni che mio nonno, vecchio ferroviere ci faceva raggiungere un’ora prima, dove si caricavano le valigie dal finestrino e si occupavano più posti del dovuto, e alla domanda: “Libero?”, “No, mi dispiace!”.

Quei treni che si fermavano in mezzo alla campagna aspettando chissà quale coincidenza, quei treni che allora credevamo moderni, che non ti annerivano di carbone, ma ti lasciavano addosso quell’odore di polvere di ferro. Quei viaggi mai da soli, dove ci si scambiavano frammenti di vita e di pane, dove nascevano amicizie fraterne. Ora, ognuno per se, col telefonino all’orecchio e voce livello “strillone” di giornali. Quei treni presi di notte, dove amavo occupare il posto accanto al finestrino e mi perdevo guardando, dentro le case, con quelle lucine fioche immaginandomi chissà quali storie, finestre e paesaggi che scorrevano veloci come fotogrammi di un vecchio film alla moviola.

Lo stesso vorrei fare con l’isola, ma la difficoltà è evidente. L’isola non si fa guardare nel cuore da viaggiatori di passaggio, protegge la sua intimità. Le case sono sparse e ben nascoste dalla vegetazione, nel nostro caso Mediterranea. La si scorge da lontano, all’alba arrivando, impalpabile, avvistata dal ragazzino, “piccolo Rodrigo de Triana”, che comincia la sua avventura con: “Papà, eccola!”. E tutti col naso sul vetro gocciolante di salsedine a scrutare l’orizzonte, per cercarla in quella nebbiolina sottile che come un velo lentamente la scopre. Prima la vedi prima inizia la vacanza! Cerchi di metterla a fuoco sotto i raggi del sole ormai alto. Il primo caffè, che ci lascia quel senso di disagio allo stomaco e la prima sigaretta che se la fuma il vento, sul ponte del traghetto. All’inverso quando la si lascia, si tiene d’occhio fino all’ultimo, fino a quando è solo un ombra, ti giri e ecco la terra, con i marinai impegnati nelle manovre di attracco.

Gli isolani, non si fanno guardare dentro le case, a meno che siate invitati, per vedere il salotto incellofanato o la cucina di rappresentanza. Finestre impenetrabili, protette da tendine fatte da sottili canne, a riparare da sguardi e dal sole, ma state pur sicuri, che dietro a ognuna di queste tendine c’è una guardiana, intenta a sferruzzare corredi all’uncinetto, ma vigile. Provate a parcheggiare qualsiasi mezzo davanti a queste finestre apparentemente disabitate. Case che celano con dignità gioie e sventure. E si parte lasciando storie risolte o meno. Le si lasciano queste “Isole”, in aereo dove c’è un aeroporto, o per mare, sicuri che il segreto più recondito lo abbiamo lasciato in quella frastagliata circonferenza.

Ormai con la direzione impostata sul navigatore: “casa”, lasciamo che il ricordo, si dissolva come una scia nella memoria.

Serie: Isole


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Anch’io amo viaggiare in treno. In una certa misura è in grado di riconciliare ogni bioritmo portando equilibrio: accantonata la fretta è possibile godere del momento. Guardare, ascoltare davvero.