
Dalla Boccia del Pesce Rosso
Serie: Dalla boccia del pesce rosso
- Episodio 1: Dalla Boccia del Pesce Rosso
- Episodio 2: Lontano dai miei verdi campi
- Episodio 3: Cosa resta di noi
- Episodio 4: La diga tra le montagne
STAGIONE 1
Ogni pesciolino ruota in tondo nella propria vasca, sulle quali pareti, per nessun vero motivo, son rimasti degli aloni di disinfettante. Ci nasciamo, ne conosciamo tutti i granelli di sabbia appoggiati sul fondo, tutti i colori dei mobili dell’appartamento che ci circonda, e pensiamo di poter chiamare il tutto “casa”.
Ma ci sbagliamo, perchè se la boccia è effettivamente il nostro luogo sicuro, quello che troviamo all’esterno non ci vede che come un altro pezzo della propria collezione, che non sembra mai completarsi. E come sappiamo bene anche noi, quando di sassolini ne abbiamo più del necessario, iniziamo a non farci più veramente caso.
Non è quindi piena di cibo, ma piuttosto sbadata, la mano che ci fa finire secchi sul pavimento e rendere conto di quanto doloroso sia respirare, rimpiangendo il tiepido galleggiare e l’ignoranza del mondo.
Ma dal momento che l’aria ci arriva in faccia, non v’è più via d’uscita; nessuna salvezza per le nostre squame umide e le nostre pinnette che annaspano mentre voliamo giù dal mobiletto accanto alla televisione.
Finiamo immancabilmente sulle piastrelle rosse, di cotto, con le fughe verdastre che ci tagliano la pelle.
Annaspiamo, ci dibattiamo e le lunghe gambe dell’uomo che ci ha fatti cadere, nel tentativo di rimettere in funzione la connessione della via cavo nell’intervallo pubblicitario, non sembrano volersi piegare per tentare di salvarci.
Restano tese, aspettando il comando che le farà andare in cucina, e ritornare con scopa e paletta, un qualche straccio, per ripulire il bordello.
Noi che nel frattempo abbiamo smesso di agitarci, non facciamo altro che domandarci come sia possibilie che l’aria che ci brucia i polmoni, sia la stessa che permette a quelle gambe di muoversi, a quelle braccia di farci cadere. Non ne abbiamo la risposta, e dopo poco nemmeno sappiamo più d’averla chiesta.
Eppure mi sembra una domanda legittima, perchè fuori dalla boccia, non possiamo fare a meno di perdere il conto delle cose che muovono sì, le gambe di qualcuno, e gli ingranaggi del mondo, ma bruciano invece i polmoni di altri, che non possono però fare nulla di più che sperare nella qualità continua della via cavo per non finire a baciare le piastrelle.
Serie: Dalla boccia del pesce rosso
- Episodio 1: Dalla Boccia del Pesce Rosso
- Episodio 2: Lontano dai miei verdi campi
- Episodio 3: Cosa resta di noi
- Episodio 4: La diga tra le montagne
Allora, Fanni… Ti giuro, l’ho letto con le lacrime agli occhi! (Avevo un pesciolino rosso, tanti anni fa. Era anziano, una vita lunghissima! E io mi sono presa cura di lui fino alla fine, si faceva anche toccare da me). Quindi puoi capire come mai sono qui a piangere come una scema! Ho adorato come hai descritto il punto di vista del pesciolino 🥲
Grazie carissima, e mi spiace per le lacrime di prima mattina… 🙁
(Pure io avevo dei pesciolini…)
“Non è quindi piena di cibo, ma piuttosto sbadata, la mano che ci fa finire secchi sul pavimento e rendere conto di quanto doloroso sia respirare”. Mi hai veramente colpita con questo meraviglioso concetto che adesso mi gira in testa e mi fa riflettere. Altrettanto interessante l’intero “racconto”, nonché scritto molto bene, con parole giuste e dosate. Veramente brava!
Grazie, gentilissima!
Sono contenta che l’immagine non sia reale solo nella mia testa..
Penso sia una metafora sul problema moderno della comfort zone odierna: ho apprezzato il punto di vista dell animale
.. e soprattutto di quanto sia difficile ricordarsi che il mondo non finisce dove lo fanno i nostri passi, o le nostre traballanti certezze.
Grazie!
Ho particolarmente apprezzato l’ultimo paragrafo: “gli ingranaggi del mondo”.
Nel tentativo di capire meglio cosa stia succedendo là fuori..
Apprezzo molto, grazie.
Certo per te, Fanni, l’acqua dev’essere una cosa importante se, come leggo nel profilo, misuri la resistenza al mondo dal numero di bollicine.
Ti confesso che, nei miei scritti, ogni tanto salta fuori qualche pesciolino, puoi verificare.
Questo accade vuoi per via del segno, vuoi per un’affinità di indole che ti fa solo immaginare se e quanto io parli.
Del resto, ho la ferma convinzione che se i pesci non parlano è perché amano scrivere.
Ho trovato questo tuo pezzo molto psicologico. Spiazzante, invitante. Come se avesse messo in moto un qualche allarme nascosto dentro di me e, al suono di un campanaccio, il grido “Udite!” sì sia fatto strada nel deserto più deserto.
Curioso di vedere attraverso la boccia. Ti seguo.
Ti ringrazio moltissimo.
Mi fa piacere sapere che l’anima delle mie parole non resta cristallizzata, ma vola… e nuota.
La boccia di vetro mi segue ovunque, come perfetta immagine d’un mondo cieco a quello che si trova dall’altra parte, fin troppo reale di questi giorni.
Grazie per la fiducia e l’apprezzamento!